Casolari al setaccio, si cerca il kalashnikov dei killer di Galeandro

Casolari al setaccio, si cerca il kalashnikov dei killer di Galeandro
di Mario DILIBERTO
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Sabato 1 Ottobre 2016, 10:09 - Ultimo aggiornamento: 17:52
Casolari e campagne di Pulsano al setaccio. Con i carabinieri del nucleo operativo del comando provinciale impegnati in un pressing serrato sulla mala del versante orientale della provincia. Il tutto dopo i tre fermi scattati martedì sera per l’omicidio di Francesco Galeandro, giustiziato a colpi di pistola e di Kalashnikov la sera dello scorso 22 luglio. Una feroce esecuzione per la quale i militari, su disposizione del pm Antonella De Luca, hanno condotto in carcere Maurizio Agosta, 49enne ritenuto elemento di rilievo nella geografia criminale di quella parte del territorio, e Nicola Vito Mandrillo, 24enne considerato uomo di fiducia di Agosta. I due sono accusati di concorso in omicidio. Sarebbero stati loro ad eliminare Galeandro. La vittima cadde in una vera e propria imboscata alla periferia di Pulsano. La sua smart venne crivellata di colpi. Tentò di fuggire, ma i sicari lo raggiunsero e lo finirono.
Un delitto del quale ora sono chiamati a rispondere Agosta e Mandrillo. Con loro in carcere anche Giovanni Pernorio, al quale sono contestati i reati di favoreggiamento personale e detenzione illegale di armi. Ieri mattina tutti sono comparsi dinanzi al gip Vilma Gilli, per l’udienza di convalida. 
Al varco del confronto con il magistrato, però, Agosta, che è difeso dall’avvocato Enzo Sapia, Mandrillo, che è assistito dall’avvocato Patrizia Boccuni, e Pernorio, difeso dall’avvocato Samanta Dellisanti, hanno scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere. Il giudice, quindi, ha messo a verbale il loro silenzio e si è riservato di decidere sulla convalida. Il responso arriverà questa mattina. Intanto, però, a Pulsano il fiume investigativo è andato avanti. Con interrogatori e numerose perquisizioni. I militari del colonnello Giovanni Tamborrino, infatti, mantengono alta l’attenzione sulla zona. Anche perché si ritiene che il delitto di Galeandro, come le intimidazioni che lo hanno accompagnato, va inquadrato nell’ottica di una faida esplosa tra fazioni contrapposte intenzionate ad imporre il proprio predominio nella gestione delle attività illegali.
Uno scenario pericoloso nel quale la vittima avrebbe agito da “lupo solitario”, incappando nella sanguinosa reazione dei rivali. Si teme, quindi, che la spirale di violenza non sia terminata. E per questo si va a caccia delle armi a disposizione della mala. In particolare si cerca il fucile miragliatore Ak 47, meglio conosciuto come Kalashnikov, usato per eliminare Galeandro nell’agguato di fine luglio, sino a qualche giorno fa avvolto da una coltre di omertà bucata grazie al massiccio ricorso alle intercettazioni telefoniche e ambientali. L’arma ha tuonato a ripetizione quella maledetta sera e poi è scomparsa. 
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