Tangenziale Sud bloccata
Il primo tronco fermo da mesi

Tangenziale Sud bloccata Il primo tronco fermo da mesi
di Alessio PIGNATELLI
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Lunedì 8 Agosto 2016, 09:04 - Ultimo aggiornamento: 14:43
Ci sono cantieri fermi da mesi. Più di un anno, anzi, per un’opera considerata strategica per snellire il traffico cittadino di Taranto. La Tangenziale Sud però nasconde anche la storia di operai fermi al palo. E che rischiano di essere licenziati.
Si tratta del primo tronco della strada urbana di scorrimento dallo svincolo di via Cesare Battisti, in prosecuzione del Ponte Punta Penna, a via Kennedy a Talsano. Nelle ultime settimane tra Provincia e appaltatore, ossia la società consortile Ponte Punta Penna con sede a Torrecuso, ci sono stati scambi di documenti al veleno. Un rimbalzo di responsabilità che rischia di penalizzare dieci operai e un impiegato. Senza contare gli ulteriori ritardi sulla realizzazione della direttrice viaria. I lavori su questo lotto della litoranea interna tra Taranto e Avetrana sono fermi da più di un anno. Il contratto stipulato risale al 30 luglio 2009. Importo netto dei lavori quasi 21 milioni di euro e due atti aggiuntivi da 24 milioni e 25 milioni e 600 mila euro.
Il verbale di sospensione risale al 22 giugno del 2015: le motivazioni riguardano la mancata definizione delle questioni di carattere amministrativo per l’attivazione dell’impianto di sollevamento fognario di Acquedotto pugliese realizzato lungo la via Consiglio nonché la mancata disponibilità delle aree “Anas che hanno impedito l’esecuzione del tratto iniziale del tronco di smaltimento acque della piattaforma stradale con scorrimento delle stesse da monte a valle”.
Se ne vanno dunque oltre dodici mesi in cui i lavoratori restano fermi. Come i cantieri di quella che dovrebbe essere una punta di diamante nelle macro-opere del territorio jonico.
Succede allora che il 13 giugno la Provincia emana un ordine di servizio, il numero 41, alla Società. Si ordina all’appaltatore di realizzare “le opere motivo della sospensione di cui innanzi con effetto immediato, significando che per la durata dei lavori è in corso la formalizzazione di una proroga di sei mesi per l’esecuzione dei lavori di raccordo con la strada Anas”. A corredo, nell’ordine firmato dal direttore dei lavori ingegner Angelo Cimini e dal responsabile del procedimento Walter Caprino, si rimarcano gli esiti favorevoli del sopralluogo con i tecnici di AqP del 30 maggio e l’autorizzazione dell’Ana per l’ordinanza di chiusura al traffico della statale 7 nel tratto interessato.
Ordine rispedito al mittente. La Ponte Punta Penna spedisce alla Provincia una documentazione di fuoco. Nella premessa segnala che la forzata inoperosità del cantiere risalente al giugno 2015 non è imputabile all’appaltatore. Elenca le quattro cause: oltre alle due citate dall’ordine 41, aggiunge la “mancata apertura al traffico del cavalcavia lungo Alberto Sordi che avrebbe consentito di dare continuità alla costruzione dell’asse principale, con il tratto finale già eseguito” e la “mancata ridefinizione progettuale della rotatoria di raccordo tra via Sordi e il realizzato svincolo di Montegranaro”. «Prendiamo atto - si legge nella risposta dell’azienda - che dei quattro punti che ostavano al completamento dei lavori, su due si sta provvedendo ma che agli atti non è stata ancora emessa l’ordinanza di chiusura al traffico nel tratto Anas, che non è stata effettuata la consegna di quelle aree e né l’AqP ha preso in gestione e attivato l’impianto di sollevamento utile alla deviazione della fogna su via Consiglio, necessaria alla demolizione e costruzione del ponte sulla medesima via». Insomma secondo la società le condizioni ostative permangono. E «si ribadisce il perdurare delle condizioni che hanno portato alla sospensione dei lavori; mai questa impresa ha avuto la totale consegna delle aree di cantiere che avrebbe consentito di eseguire più celermente, in maniera economica e con una sequenza logica e tecnica le opere». Invece, secondo l’impresa si è proceduto con un modus operandi di interventi a macchia di leopardo dei lavori con dispendio di risorse che aggravano il già ingente danno sopportato. L’azienda pone delle condizioni alla Provincia, risoluzioni con «atti tecnici che permettano di poter operare con la certezza dell’esecuzione». Poi si chiude con altre stilettate: «L’emissione dell’ordine di servizio 41 stupisce questa impresa adombrando la volontà dell’Amministrazione di disattendere quanto scaturito dagli incontri. Il perdurare di tale situazione di incertezza tecnico-amministrativa presente sin dall’inizio dei lavori vedrà l’impresa costretta a richiedere lo scioglimento del contratto richiedendo il pagamento dei lavori eseguiti alla data della sospensione e procedendo per le vie legali al recupero degli importi oggetto di riserva come iscritti sul registro di contabilità». Il riferimento è all’articolo 159 del Regolamento di esecuzione e attuazione del codice dei Contratti: “Qualora la sospensione duri per un periodo di tempo superiore a un quarto della durata complessiva prevista per l’esecuzione dei lavori stessi o comunque superino sei mesi complessivi, l’esecutore può richiedere lo scioglimento del contratto”.
Per tutto questo Ponte Punta Penna si dice impossibilitata ad adempiere a quanto ordinato. E undici persone restano di restare senza lavoro ma questa è un’altra storia. O forse, è la storia.
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