"Vendita dell'Ilva ok" ma la Ue non conferma
La commissione: indagine ancora in corso

"Vendita dell'Ilva ok" ma la Ue non conferma La commissione: indagine ancora in corso
di Alessio PIGNATELLI
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Sabato 28 Maggio 2016, 06:28 - Ultimo aggiornamento: 16:02
Non conferma e non smentisce. La Commissione Ue prende tempo e non commenta le indiscrezioni su un eventuale lasciapassare allo Stato italiano nell’indagine approfondita sul sostegno all’Ilva di Taranto.
Nelle ultime ore erano emersi segnali di apertura: Bruxelles avrebbe inviato all’Italia una lettera in cui giudica corrette le procedure di collocamento sul mercato del siderurgico.
L’indagine avviata lo scorso 20 gennaio, tuttavia, secondo un portavoce della Commissione «è in corso e, come annunciato, nulla impedisce all'Italia dall'attuare le misure urgenti per ripulire e contenere l'inquinamento esistente nel sito dell'Ilva e nelle aree circostanti e per migliorare la salute pubblica nell'area di Taranto, finché i fondi siano poi recuperati dagli inquinatori». 
 
No comment e ancora nessun via libera ufficiale, quindi. E un dialogo tra autorità che prosegue per verificare eventuali aiuti di Stato.
Sul fronte tarantino, invece, è stata presentata la campagna di boicottaggio di Cassa depositi e prestiti per dire no alla nuova cordata salva-Ilva. L’iniziativa di Peacelink, partita già sul web, approda ufficialmente sui canali tradizionali: Alessandro Marescotti - presidente dell’associazione - ha spiegato i dettagli dell’iniziativa.
L’obiettivo è di facile comprensione: Cdp è il vero e proprio arbitro delle eventuali cordate che si formeranno per l’acquisizione del siderurgico. La società, partecipata dal ministero delle Finanze all’80,1%, gestisce una parte consistente del risparmio nazionale, il risparmio postale.
La campagna di disinvestimento nasce da questi dati. Quindi se Cdp vuole investire nell’Ilva, i risparmiatori etici rappresentati dal Comitato rinunceranno ad acquistare i buoni fruttiferi e a versare denaro nei libretti postali.
«La partecipazione a una cordata salva-Ilva viola l’articolo 3 dello statuto di Cassa depositi e prestiti. Lo abbiamo già spiegato ai rappresentanti di Cassa. Questo è solo il primo passo, chiederemo uno studio economico oggettivo sull’acciaio mondiale». 
Una campagna di obiezione sulla scia del passato e «con illustri predecessori come Nelson Mandela, Gandhi e Martin Luther King. Non si possono dare soldi a un’azienda che inquina». 
Il riferimento allo statuto è contenuto in un comma di quell’articolo. La concessione di finanziamenti e l’assunzione, anche indiretta, di partecipazioni in società di rilevante interesse nazionale sono subordinate alla condizione “che risultino in una stabile situazione di equilibrio finanziario, patrimoniale ed economico e siano caratterizzate da adeguate prospettive di redditività”.

Nel dossier presentato ieri, Marescotti pone l’accento sulle situazioni economico-finanziarie dei diversi soggetti. Peacelink cita diverse fonti rilevando “le difficoltà soggettive di Ilva che in questo momento sta perdendo 2,5 milioni di euro al giorno e ha accumulato dal 2012 in poi tre miliardi di euro di debiti”.
Secondo l’associazione, “gli acquirenti più accreditati sono gravati da debiti consistenti. In particolare ArcelorMittal ha registrato perdite per 7,9 miliardi di dollari nel 2015 mentre il gruppo Marcegaglia ha debiti per 1,6 miliardi”.
«La stessa Cdp ha registrato nel 2015 un rosso per 900 milioni per gli investimenti non remunerativi in Eni. Non so quante mail da cittadini siano state inviate ma questa campagna sta facendo breccia. A volte le campagne di disinvestimento contano più delle manifestazioni di piazza». 
Al comitato, costituitosi ufficialmente il 25 maggio, hanno aderito Officine Tarantine, Assoconsum - presente ieri la referente Eliana Baldo - Taranto Respira e diversi cittadini.
«Aggiungiamo che investire nell’Ilva è un atto non etico - conclude Peacelink - in quanto stiamo parlando di impianti inquinanti sotto sequestro anche se con facoltà d'uso per le leggi Salva-Ilva. Molto meglio sarebbe un uso sociale della Cdp per la creazione di un fondo di riconversione per i lavoratori e per l'avvio di attività economiche alternative che possano impiegarli durevolmente».
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