Mogli, compagne e figli: lo spaccio è di famiglia

Mogli, compagne e figli: lo spaccio è di famiglia
di Mario DILIBERTO
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Giovedì 22 Giugno 2017, 05:30 - Ultimo aggiornamento: 12:54
Quattordici donne indagate. E alcuni minori coinvolti nelle manovre per spostare la droga. Sono i retroscena dell’inchiesta “sangue blu” che cementano l’idea di come lo spaccio a Taranto sia sempre di più un business di famiglia. 
Con le quote rosa che nella gestione del malaffare in certe zone della città vengano sempre più rispettate. Nell’ordinanza di custodia cautelare spiccata dal giudice Michele Toriello su richiesta del pubblico ministero Alessio Coccioli fioccano i casi in cui il ruolo delle donne si configura come una costante nella gestione della “piazza” dello spaccio. A cominciare da quel plotone di quattordici donne, mogli, fidanzate o semplici complici, guidato da Rosa De Leonardo (nella foto), la moglie del leader del gruppo disarticolato martedì mattina con la retata dei carabinieri guidati dalla compagnia di Taranto. 
Proprio lei con il marito Leonardo Vitale (nella foto) è indicata come il ganglo vitale dell’organizzazione che avrebbe gestito il lucroso affare dello smercio di stupefacenti con epicentro nel rione Tamburi. La sua connivenza con gli affari del “re della droga” è comprovata dall’esito delle indagini, supportate da appostamenti, sequestri di droga e intercettazioni. Ed ecco quindi che per la sovrana è stato inevitabile seguire la sorte del marito. E insieme a lui è finita dietro le sbarre. 
Discorso diverso, invece, per le altre tredici donne. Scorrendo le contestazioni a loro carico è ipotizzato un coinvolgimento episodico, ma comunque funzionale al mercato della droga. Per questo sulle loro posizioni il giudice ha ritenuto superfluo ricorrere al provvedimento cautelare che invece, tra carcere e domiciliari è stato decretato per tredici indagati, su un totale di ben 52 persone inquadrate dalle indagini condotte dai militari. Un lavoro certosino che è esploso all’alba di martedì con l’operazione nel popoloso quartiere al quale hanno preso parte cento carabinieri, con il supporto dei cani dell’antidroga. Oltre alle manette, infatti, i militari del maggiore Gabriele Tadoldi hanno fatto scattare decine di perquisizioni. 
 
Un intervento a tappeto alla ricerca di altra droga e soprattutto delle armi delle quali gli stessi indagati parlavano apertamente in alcuni dei dialoghi intercettati negli oltre due anni di investigazioni. E proprio nei dialoghi captati dalle “cimici” piazzate nelle auto e nelle abitazioni dei signori della droga, sono balenati alcuni episodi in cui alcuni minori sarebbero stati utilizzati o anche solo presenti in “operazioni” per spostare lo stupefacente dell’organizzazione. In un caso, una minorenne, sarebbe stata in auto durante il trasferimento di un chilo di cocaina. La vettura dei “corrieri” della droga venne intercettata dai carabinieri e per sottrarsi all’arresto i malviventi lanciarono dal finestrino la cocaina. 
Così quando i militari riuscirono a raggiungere la macchina, non rinvennero quel cospicuo quantitativo di droga, recuperato in un momento successivo. Ma si trovano di fronte quella ragazzina in lacrime per la tensione di quei momenti. 
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