Ancore e reperti di età arcaica, nel mare di Taranto un tesoro immenso

Uno dei ritrovamenti nelle acque di Pulsano
Uno dei ritrovamenti nelle acque di Pulsano
di Francesca RANA
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Venerdì 19 Agosto 2016, 18:57 - Ultimo aggiornamento: 20 Agosto, 10:54

Il sodalizio tra il sub, Fabio Matacchiera, e l'archeologo subacqueo, Mario Lazzarini, con la consulenza di Patrizia Guastella, archeologa, torna a far sognare l'emersione di nuovi reperti subacquei, trovati nei fondali dei mari di Taranto, a largo di Marina di Pulsano, e non ancora recuperati. In decenni di amicizia e collaborazione, hanno unito la passione del diving allo studio di tecniche di prospezioni archeologiche subacquee e scavi metodologici, diverse volte. In particolare, Fabio Matacchiera ha informato la stampa su alcune scoperte recenti, scovate con lo scooter sottomarino, di evidenze archeologiche risalenti, pare, ad oltre 4mila anni fa, ed ha spiegato procedure attuate e valutazioni, verificate grazie alla letteratura scientifica e all'osservazione di esperti consultati relativamente ai tre reperti: «Un'ancora litica, circolare/quadrangolare, con foro centrale, potrebbe essere databile tra il secondo millennio avanti Cristo e l’età arcaica, VII/VI secolo avanti Cristo. Nelle vicinanze, ho individuato un presunto scandaglio, o peso monetale, in pietra e, un po’ più distante, un ceppo litico di ancora, riconducibile al periodo ellenistico». La scoperta, dopo la soppressione della storica Soprintendenza Archeologica della Puglia, è stata segnalata agli uffici della neonata Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, di Brindisi, Lecce e Taranto, con sede multidisciplinare a Lecce e ufficio operativo a Taranto, ed al comandante della sezione operativa navale della Guardia di Finanza di Taranto, Vincenzo Casaregola.
 



Sub ed archeologi avrebbero questo auspicio: «Un rilevamento scientifico degli interessanti oggetti, rinvenuti sulla base di una quadrettatura georeferenziata, anche prodotta a campione, al fine di stimolare la ricerca archeologica sistematica dell’ampio e preziosissimo giacimento subacqueo tarantino». Si cita, inoltre, la riflessione tecnica dell'archeologa, Patrizia Guastella sull'uso in antichità di legno, cuoio, corde, e manufatti litici, in strumentazioni nautiche di ancoraggio, pesca di corallo e non solo, attrezzature di bordo: «Solo il rilevamento archeologico dei numerosissimi oggetti presenti nel fondale marino di Taranto, secondo una precisa mappatura nautica che tenga conto delle linee batimetriche, delle presenze archeologiche a terra, delle sorgenti d’acqua dolce, e, successivamente, il recupero degli oggetti catalogati per forma, dimensione, peso e contesto, potrà gettare luce sulla organizzazione di porti, approdi, alaggi e sistemi portuali e retro-portuali della costa tarantina, in funzione dell’ampia rada portuale di Mar Grande e di Mar Piccolo». Il porto di Taranto - visto come sistema di approdi, maglia viaria, acquedotti ed insediamenti - secondo Guastella ricoprirebbe una valenza archeologica in età Neolitica, del Bronzo, fino ai gruppi stanziali dei Micenei ed al Medioevo avanzato, in fascia costiera, isole, rada di Mar Grande, navigazione antica mediterranea. I rinvenimenti tarantini - secondo l’archeologa - andrebbero considerati in una visione globale di un “giacimento archeologico subacqueo”, in un sistema portuale e di approdo.

 

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