Consorzio trasporti, stipendi d’oro per 4: fissata l’udienza

Consorzio trasporti, stipendi d’oro per 4: fissata l’udienza
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Sabato 24 Dicembre 2016, 11:12 - Ultimo aggiornamento: 25 Dicembre, 09:54
Sarà il gup del tribunale, a partire dal 7 marzo 2017, a occuparsi della posizione dei dirigenti del Consorzio trasporti, chiamati in causa per gli stipendi che sarebbero stati “gonfiati”.
All’esame del gup dottoressa Paola Rosalia Incalza approda la tesi secondo cui quattro imputati sin dal 2005 e per un periodo di 10 anni avrebbero percepito indebitamente emolumenti indebiti. La preliminare, in cui sarà possibile sostenere la propria difesa per contrastare l’ipotesi accusatoria, coinvolge Michele Ciccimarra, direttore di esercizio, Cosimo Rochira, direttore generale, Luigi Pacucci, dirigente del settore economico finanziario, e Giuseppe Portulano, dirigente al Movimento del “Ctp”.
Secondo la tesi del pm inquirente dottor Maurizio Carbone, con presunti aggiustamenti sulle voci strategiche i dirigenti avrebbero intascato senza diritto quasi un milione di euro: esattamente 947mila euro.
 
Al cospetto del gup, gli imputati (difesi dagli avvocati Eligio Curci, Stefania De Vincentis, Massimo Moretti, Franz Pesare, Luca Perrone e Vincenzo Vozza) punteranno a dimostrare l’inconsistenza delle accuse.
Il caso dei presunti stipendi gonfiati al Consorzio era esploso nell’estate scorsa, allorchè i militari del nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza, dopo mesi di verifiche e accertamenti, si erano mossi per recuperare quasi un milione di euro che sarebbe uscito indebitamente dalle casse del consorzio. A luglio, infatti, i finanzieri avevano eseguito il provvedimento di sequestro preventivo firmato dal gip su richiesta del titolare del fascicolo di inchiesta. Sotto chiave erano finite autovetture, ma pure quote di proprietà di villette sulla litoranea, oltre a depositi e conti bancari. I sigilli avevano colpito il patrimonio dei quattro dirigenti sotto accusa per peculato. L’indagine sulle buste paga del Ctp era partita dopo la denuncia presentata da un dipendente dello stesso Consorzio.

Così, i riflettori del Nucleo tributario si erano accesi sulle delibere aziendali riferite ai mandati di pagamento. Mentre i netti in busta erano stati incrociati con le indicazioni ricavate dal contratto collettivo nazionale di lavoro del settore. «È stato accertato - avevano spiegato all’epoca i finanzieri - che, dal 2005 al 2015, le quattro figure dirigenziali, disponendo, per la funzione rivestita, dell’impiego di risorse finanziarie della società, si sono indebitamente appropriate di somme di denaro non spettanti, attribuendosi maggiori emolumenti rispetto a quelli effettivamente dovuti per un maggior ammontare complessivo di circa un milione di euro».

Nel dettaglio, stando alla tesi accusatoria, i “ritocchi” sarebbero avvenuti manovrando su voci della busta paga come la “retribuzione variabile incentivante”, corrispondente ad un incremento lordo per ciascuno che è stato quantificato tra gli 870 ed i 1.620 euro al mese.
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