“Ambiente svenduto”, il processo potrebbe dividersi in due

“Ambiente svenduto”, il processo potrebbe dividersi in due
di Lino CAMPICELLI
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Giovedì 27 Ottobre 2016, 09:06 - Ultimo aggiornamento: 15:02
I latini sintetizzavano le novità in extremis con il detto “in cauda venenum”, prefigurando notizie negative dell’ultima ora. Parafrasando quel brocardo, si può dire che nell’udienza di ieri è stata la procura di Taranto a proporre una novità dell’ultima ora nel processo “Ambiente svenduto”, in corso di celebrazione davanti alla Corte d’assise di Taranto, anche se l’accezione negativa è tutta da dimostrare.
Resta il fatto che il 6 dicembre prossimo, alla luce delle novità scaturite dalla udienza di ieri, il maxi-processo “Ambiente svenduto” potrebbe addirittura sdoppiarsi.
 
In quale maniera e attraverso quali modalità non è ancora dato saperlo: in ogni caso, anche questa circostanza potrebbe avvenire non senza polemiche da parte del collegio di difesa degli imputati (44 persone fisiche in aggiunta a tre società).
Ieri, dopo aver proposto controdeduzioni alla raffica di eccezioni proposta nelle scorse udienze dai legali degli imputati, che avevano soprattutto perorato la causa della incompetenza funzionale della Corte di Taranto, sulla scorta dell’articolo 11 del codice di rito, l’accusa pubblica ha preannunciato in udienza la modifica formale di due imputazioni che gravano rispettivamente sulle società Ilva Spa, Riva Fire e Riva Forni elettrici e su alcuni imputati, accusati di aver omesso ogni cautela per contenere i fenomeni omissivi e impedire di nuocere alle persone e agli appartamenti ubicati ai Tamburi, soprattutto di quanti hanno presentato le denunce.

Al termine di tutti gli interventi - per la procura hanno parlato soprattutto il pm Mariano Buccoliero e il procuratore aggiunto Pietro Argentino - è stato il pm inquirente Giovanna Cannarile a illustrare i termini delle modifiche delle condotte contestate, depositando poi in cancelleria le novità riferite ai capi “qq” ed “l”.
In riferimento alla presunta responsabilità amministrativa della società, la procura di Taranto ha sostanzialmente evidenziato che la società controllante Riva Fire ha beneficiato di tutte le attività contestate a Ilva Spa, ritenendo stretto e diretto il collegamento fra le attività, lecite ed illecite, svolte dall’Ilva e la vita stessa di Riva Fire da cui dal dicembre 2012 veniva scissa Riva Forni Elettrici. Il tutto per dimostrare, secondo la prospettazione accusatoria, il legame indissolubile fra le tre società e la corresponsabilità, senza eccezione alcuna, nelle condotte incriminate.

Quanto all’originario capo “l”, legato anche alle condotte omissive e al danneggiamento delle abitazioni ai Tamburi, da parte degli ex proprietari e dirigenti dell’Ilva, la procura della Repubblica ha integrato il capo di imputazione trasfuso nel decreto che dispone il giudizio firmato dal gup, limitando l’ipotesi dei danneggiamenti a quanti avevano denunciato i danni subiti. In questa maniera, l’accusa pubblica ha ritenuto di rendere inconferente e priva di fondamento la tesi, sostenuta dal collegio di difesa, secondo cui tutti i magistrati di Taranto sono potenzialmente e formalmente da ritenere “soggetti danneggiati”.

Sia come sia, la novità clamorosa è venuta dalla modifica delle condotte in capo alle tre società, originariamente imputate di illecito amministrativo. Il che, in astratto, rimette tutte le aziende nei termini per proporre istanza di patteggiamento. Cosa, questa, che Ilva in amministrazione straordinaria aveva già fatto, con rigetto della richiesta per l’opposizione dell’accusa pubblica. Riva Fire e Riva Forni elettrici, al contrario, non avevano presentato alcuna istanza, sul presupposto che la loro posizione fosse del tutto scollegata rispetto a quella della società siderurgica.

Ma cosa potrebbe avvenire se le tre aziende, o una sola, dovessero proporre una nuova richiesta per uscire dal processo? Nel caso in cui la Corte decidesse che non ci sono estremi per trasferire la causa a Potenza, non potrebbe celebrare il dibattimento e decidere pure sui patteggiamenti. Di qui l’ipotesi di insediamento di due collegi differenti.
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