Condanna per l’ex pm: otto anni a Di Giorgio

Condanna per l’ex pm: otto anni a Di Giorgio
di Mario DILIBERTO
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Mercoledì 9 Agosto 2017, 05:30 - Ultimo aggiornamento: 18:32
Otto anni di reclusione all’ex pubblico ministero Matteo Di Giorgio. Arriva il sigillo della Corte di Cassazione a chiudere il clamoroso processo a carico dell’ex sostituto procuratore in servizio sino al 2010 al terzo piano del palazzo di giustizia di Taranto. 
Un procedimento che ha avuto come fulcro l’attività con la quale l’oramai ex magistrato avrebbe cercato pesantemente di indirizzare la vita politica di Castellaneta, cittadina della quale è originario. Una vera e propria strategia, secondo i suoi ex colleghi, con la quale è entrato in conflitto con l’ex sindaco, nonchè ex senatore, Rocco Loreto. 
Una storia tortuosa che si è sviluppata in oltre quindici anni, fatti di veleni, denunce, e cosa più grave, stando al verdetto definitivo letto ieri in Cassazione, in reati che vedono in prima fila proprio un giudice. Che ora dovrà scontare otto anni. 
Per Di Giorgio una pena definitiva e più contenuta rispetto a quella rimediata in primo ed in secondo grado. Grazie ad un percorso in cui l’oramai ex magistrato ha visto depennare alcune imputazioni, ma per la prescrizione. In primo grado, infatti, il Tribunale di Potenza, aveva decretato per l’ex pm ben quindici anni di reclusione. Scesi a dodici anni e mezzo nel secondo grado di giudizio, celebrato dinanzi alla Corte di Appello del capoluogo lucano. E anche ieri la Corte di Cassazione ha preso atto dell’intervenuta prescrizione per una delle vicende più sconcertanti tra quelle addebitate a Di Giorgio. In particolare era accusato di aver approfittato del suo ruolo, per fare pressioni su un consigliere comunale e spingerlo alle dimissioni. All’uomo venne paventato il possibile arresto di due suoi strettissimi congiunti. Una manovra con la quale si puntava a provocare la caduta del consiglio comunale di Castellaneta. 
In piedi, però, sono rimaste altre gravissime imputazioni, che sono state tradotte dai magistrati inquirenti nelle contestazioni di concussione e corruzione.
 
Nel dettaglio il giudice avrebbe esercitato altre pressioni riguardo al suo possibile intervento in una vicenda giudiziaria che riguardava il sequestro di un villaggio residenziale. Ottenendo, anche, l’allontamento da quel villaggio di un personaggio a lui inviso dal punto di vista politico, ed un periodo di vacanza. In questa maniera, secondo il teorema accusatorio. l’ex magistrato avrebbe coltivato negli anni una ingerenza nelle vicende politiche e amministrative della cittadina, restando accomodato dietro la sua scrivania di pubblico ministero. Anzi sfruttando quella posizione di prestigio e di potere per indirizzare la vita della cittadina, assumendo una sorta di ruolo di regista occulto di uno schieramento politico. Nell’indagine diretta dal pm Triassi, quindi, oltre a lui sono rimasti coinvolte altre persone, che avrebbero fatto da sponda alle manovre dell’ex pm. E anche per alcuni di loro ieri la Cassazione ha confermato il verdetto di condanna. Tre anni, quindi, sono piovuti sull’ex sindaco Italo D’Alessandro, e su Agostino Pepe, ex collaboratore di Di Giorgio. Mentre due anni e mezzo sono stati inflitti ad Antonio Vitale. Al netto delle prescrizioni, comunque, la Corte ha confermato il diritto al risarcimento per l’imprenditore Vito Pontassugliarappresentato dall’avvocato Fausto Soggia e Raffaele Strada, che ha rappresentato nel procedimento Rocco Loreto. Lo spaccato inquadrato con le indagini tracimò nel novembre del 2010 quando Matteo Di Giorgi venne arrestato in esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari. 
Il provvedimento esplose come una bomba a palazzo di giustizia. Il pm venne sospeso cautelativamente dalle sue funzioni dal Csm. Ora per lui, che da sempre sostiene di essere innocente e vittima di una cospirazione, è giunto il conto definitivo.
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