«Siamo fuggiti mentre tutto crollava»
Il racconto di alcuni musicisti tarantini

«Siamo fuggiti mentre tutto crollava» Il racconto di alcuni musicisti tarantini
di Azzurra CONVERTINO
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Giovedì 25 Agosto 2016, 08:58 - Ultimo aggiornamento: 26 Agosto, 13:13

«Erano le 3.37 di notte, buio pesto, la statua di San Benedetto al centro della piazza e la luce della luna, rossa, a rigare i nostri volti. Ho pensato: è la fine del mondo».
C’è chi ancora di quella notte non riesce a parlarne, perché ricordare fa troppa paura. C’è Barbara tra i tanti ragazzi di Taranto che erano a Norcia, quel 24 agosto. A una ventina di chilometri da Amatrice, lì dove tutto è iniziato. Lei proprio non ce la fa a raccontare «Avevamo suonato. Eravamo felici, non c’era nulla di strano». S’interrompe, non trova le parole: «È stato un turbine. Mi sono sentita chiusa in una scatola e poi mi sono ritrovata in strada, senza lucidità. È stato un attimo». C’erano pianisti e clarinettisti quella notte, molti dell’Istituto Superiore di Studi Musicali “G. Paisiello” di Taranto. Insieme ai loro insegnanti: Paolo, Luigi e Giuseppe che avevano portato il Trio di Taranto in Umbria. Molti studenti erano partiti alla volta di Norcia per un corso di perfezionamento, insieme a molti altri all’interno dell’Umbria Classica che ospita master di alto livello.
«Sarebbe dovuto finire ieri(24) con un concerto di tutti gli allievi- ha raccontato il maestro-Sarebbe stato un momento di festa, di gioia, di attese. Martedì sera eravamo nella hall dell’albergo ad ascoltare musica e a fantasticare sulle nostre prossime esibizioni, ci siamo dati la buonanotte. Poi il cataclisma: tutto ha cominciato a vibrare, c’era un rumore assordante, le pareti si muovevano». I ricordi sono sfocati: «Si respirava paura. Tutti si catapultavano fuori, le stanze restavano aperte, si cercava solo una via di fuga. La gente è corsa fuori in pigiama, al freddo, riparandosi dai calcinacci. Siamo scesi mentre tutto crollava». Nessuno si è fatto male seriamente. Esclusi dei calcinacci e una mensola caduta sul viso. Nulla in confronto a quello che è successo nel resto della regione.

«I soccorsi sono arrivati subito, hanno portato latte, caffè e coperte. Siamo stati fuori tutta la notte. La mattina successiva siamo saliti di corsa in camera e abbiamo fatto la valigia in fretta tra una scossa e l’altra». Ad Anna Chiara quello che è successo ancora non sembra vero: «È un miracolo, bastavano 10 secondi in più in quel maledetto hotel!» ha spiegato con un filo di voce. «La prima scossa è stata fortissima. Mi sono sentita catapultata nel letto di mio fratello, il mio si è capovolto. Per 30 secondi la stanza si muoveva, non riuscivo neanche ad alzarmi per scappare. Le scosse sono continuate anche dopo: i palazzi barcollavano. Mi sono sentita impotente, una foglia d’erba: quel soffitto poteva crollare e io sarei rimasta lì, immobile. Quando siamo tornati in albergo la camera era irriconoscibile. La stanza dell’orrore. C’era gente che piangeva intorno a noi e che correva senza sosta. Stanotte non dormirò: mi sento ancora cadere».

Per Carlo, il ragazzo sulla sedia a rotelle che segue gli studenti del “Paisiello” ovunque, che ama la loro musica e la conosce a menadito, è stato più difficile rispetto agli altri. Nessun ascensore poteva portarlo giù. Sono stati momenti di terrore.
«Era stordita - ha raccontato Erica - si chiedeva dove fossero gli altri. Quando li ha rivisti tutti è scoppiato in un pianto liberatorio. È stato terribile: i mobili ci arrivavano addosso, i muri si muovevano, il rumore assordante è stato la parte peggiore. Quel rombo ci rimarrà per un po’ nelle orecchie. È vero, questo finale non era previsto però lo possiamo raccontare. E va benissimo così».
 

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