Il sindaco: «Sono senza parole
Il mio pensiero va al bambino»

Il sindaco: «Sono senza parole Il mio pensiero va al bambino»
di Lucia J. IAIA
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Domenica 19 Novembre 2017, 18:25 - Ultimo aggiornamento: 18:33

Il sindaco di Sava, Dario Iaia, non trova parole per esprimere lo stato d’animo suo e dei suoi concittadini. E il pensiero va alle sorti del figlio della coppia uccisa rimasto senza famiglia. «Il bambino di appena undici anni ha perso in un colpo i genitori in quel barbaro modo ed avrà bisogno di molti sostegni psicologici e soprattutto parentali. Ora è stato ospitato dagli zii paterni, ma in futuro – spiega il primo cittadino, avvocato di professione -, dovrà essere il tribunale dei minori a preoccuparsene. Se nessun parente stretto vorrà prendersi cura di lui – prosegue il sindaco –, allora sarà affidato ad un istituto».
In tanti, ieri mattina, avevano notato l’appuntato Raffaele Pesare in compagnia dell’anziano padre Damiano. Un’immagine consueta, familiare a chi vive e lavora nel centro di Sava, dove la famiglia Bisci abitava e dove l’appuntato Pesare era solito andare a visitare il padre, affidato alle cure della sorella Nella.
È proprio nel cuore del paese, dunque, che si è consumata una tragedia per tutti inspiegabile. E ieri mattina, una grande folla ha atteso per ore nei pressi di quella abitazione in via Giulio Cesare, commentando l’accaduto tra lo sconcerto generale, con tante domande e poche risposte. Accanto all’ingresso principale della casa, in piazza Mercato, c’è un piccolo negozio di alimentari. Nella Pesare era solita fare la spesa lì. «Sì - dice il titolare - conoscevo bene la famiglia, in particolare Nella. Una famiglia unita e normalissima. Lei e il fratello, soprattutto, si volevano bene e si occupavano dell’anziano padre, facendo in modo che non gli mancasse mai nulla. Ogni tanto, credo che andassero anche insieme nei loro uliveti, specialmente in questo periodo in cui si raccolgono le olive. Non so cosa sia potuto accadere. Ho notato il loro bambino che, con uno zainetto in spalla, è arrivato davanti alla sua casa, per poi allontanarsi con una donna, senza sapere nulla dell’accaduto».
Nessuno all’esterno dell’abitazione pare abbia sentito gli spari. «Io – dice la proprietaria di un bar in piazza – ho visto il carabiniere con suo padre, così come si notavano spesso insieme. Però, devo ammettere di averlo visto ieri particolarmente agitato. Ha bussato alla porta principale di piazza Mercato e, dopo, entrambi sono entrati in casa. Io, nello stesso tempo, ho fatto degli acquisti nel negozio di alimentari accanto. Dato che avevo dimenticato alcune cose, mio marito è tornato lì e credo che, in quel momento sia accaduto il fattaccio. Hanno sentito dei rumori, credendo che qualcuno stesse spostando dei mobili e, subito dopo, le sirene spiegate».
Anche Don Fernando, parroco della chiesa madre, descrive una famiglia normale. «Li conoscevo bene ed un paio di volte, sono stato invitato a casa loro. E c’era anche il fratello di Nella. Lei una donna in gamba, aveva prestato servizio nella polizia penitenziaria ed ora si occupava del padre. Conosco il piccolo, anche perchè un anno fa, è stato cresimato. Non ho parole, bisogna pregare per queste famiglie». Nella stessa serata di ieri, una veglia di preghiera, davanti all’abitazione di via Giulio Cesare, è stata voluta dai parroci savesi per ricordare le vittime e per riunire l’intera comunità attorno ad un fatto tanto sconvolgente quanto doloroso. Dei ceri votivi sono stati accesi davanti alla porta d’ingresso in piazza Mercato.
«Ieri mattina – dice la titolare di un altro bar in piazza – Salvatore Bisci è venuto qui a bere il caffè. Era sereno, lo conoscevamo bene perchè abitava qui vicino. Ricordo quanto era orgoglioso di quel bambino e del fatto che lui, seppur in tarda età, fosse diventato padre. Gli volevano bene e trascorrevano molto tempo assieme a lui». Anche la proprietaria di un negozio di abbigliamento di fronte a piazza Mercato, commenta esterrefatta la vicenda. «Abbiamo sentito molte sirene e temendo che ci fosse stata una rapina in zona, ho chiesto alle mie commesse di chiudere immediatamente il negozio. Poi, abbiamo saputo cosa era successo. Erano una famiglia perbene, unita. Spesso, Nella e suo padre si sedevano su una panchina qui vicino al mio negozio. Mi dispiace per tutti loro».
 

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