A letto per un anno a causa del Covid: medico sceglie di tornare in corsia anziché la pensione

A letto per un anno a causa del Covid: medico sceglie di tornare in corsia anziché la pensione
di Lucia J. Iaia
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Lunedì 29 Marzo 2021, 15:45 - Ultimo aggiornamento: 16:05

Esattamente un anno fa, Annibale Cassano era in coma. Sessantasette anni, è stato uno tra i primi medici a contrarre il Covid, proprio mentre lavorava nel pronto soccorso dell'ospedale San Pio a Castellaneta. Tutta la conoscenza acquisita oggi attorno al Coronavirus, in quel momento non esisteva. Si brancolava nel buio contro un nemico invisibile. Lo stesso medico che a febbraio è tornato in servizio, pur potendo andare in pensione, ora ricorda quei terribili momenti.

«Mi sono ammalato con dolori strani alle ginocchia, ma anche febbre alta, fino al coma. Ero in prima linea ma i tempi erano ancora prematuri ed il virus veniva equiparato ad una influenza. Io invece ho visto la morte e sono stati gli angeli del Moscati di Taranto, i miei colleghi, a riportarmi in vita.

Sapevamo insieme di combattere una battaglia, ma c'era paura verso l'ignoto perché avevano di fronte qualcosa che non si conosceva. Sono molto grato al dottor D'Alagni e a tutta l'equipe per avermi salvato».

In effetti, il supporto umano e l'affetto sono stati determinanti per la lenta risalita dalla malattia. «Sentivo l'anestesista Martino Santori che mi incoraggiava. Mi diceva che ce l'avremmo fatta e che non mi avrebbe portato giù. Solo dopo, ho capito che lì c'era la rianimazione. Poi, tantissima la solidarietà ricevuta da Castellaneta e da amici che ogni giorno chiedevano informazioni sul mio stato di salute».

Dopo due mesi trascorsi a letto, Cassano veniva trasferito dal Moscati all'Osmairm di Laterza per cominciare un lungo e durissimo percorso di terapia che è terminato solo a dicembre scorso. «Non ho mai avuto paura di morire, però mi ritengo un miracolato. Ho patito tutte le complicanze del Covid, l'anemia e la sarcopenia, che è una ipotrofia dei muscoli. Per cui, dopo essermi negativizzato, ho intrapreso un percorso per poter tornare a camminare. Temevo di non farlo mai più ed invece i fisioterapisti dell'Osmairm mi hanno rimesso in piedi brillantemente. Tutt'ora uso delle stampelle, però sento tanta voglia di vivere e di dare una mano agli altri».

LA SCELTA

Ed in effetti, Cassano dopo quasi un anno di degenza e la possibilità di poter andare in pensione, ha scelto di tornare in corsia. «Conosco questo virus e ho maturato molta esperienza. Quindi, voglio rendermi utile. La mia storia professionale è iniziata a Bologna, trent'anni fa. Da diverso tempo, sono responsabile dell'Osservazione breve dell'ospedale San Pio e a febbraio, grazie al direttore sanitario Emanuele Tatò ed alla disponibilità del primario della chirurgia Angelo Pepe, mi è stato messo a disposizione l'ambulatorio di chirurgia dove ho ripreso a fare le ecografie, ma conto di poter tornare, appena possibile, in pronto soccorso».

Intanto, il Covid 19 continua a mietere vittime e i contagi crescono a dismisura. Su questo andamento della pandemia, Cassano non ha dubbi: «Inizialmente, abbiamo combattuto contro i fantasmi. Uscendo dall'inferno, ho capito che l'uso dei dispositivi di sicurezza e le distanze sono fondamentali. La gente invece, volutamente ignora la pericolosità di questo virus, Quando sono tornato a guidare la mia auto, circa un mese fa, ho fatto un giro a Castellaneta marina. Sembrava ferragosto ed in tanti erano senza mascherina. Non ho provato rabbia ma pena perché so a cosa vanno incontro. Non esiste una prima, una seconda o una terza ondata del virus che è, fondamentalmente, sempre lo stesso. Ciò che cambia resta l'atteggiamento delle persone. Non c'è il demerito delle istituzioni, anche se degli errori sono stati commessi, ma pesa moltissimo l'ignoranza della gente. Questa non è libertà, ma è libertinaggio. In molti non comprendono la gravità di questa malattia».

E tra loro, non mancano anche i negazionisti. Cassano ammette di averne conosciuto qualcuno che poi però ha contratto il Covid e si è dovuto ricredere. «Sì, mi hanno chiamato per ricevere un sostegno e sono quasi tutti giovani. Io, davvero, vorrei invitare tutti a rispettare le regole perché il virus purtroppo, circola ancora tanto tra di noi».
 

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