Ilva: le offerte in gara a confronto. Produzione intorno a 10 milioni di tonnellate

I tre commissari dell'Ilva all'apertura delle buste
I tre commissari dell'Ilva all'apertura delle buste
di di Tiziana FABBIANO
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Martedì 7 Marzo 2017, 13:31 - Ultimo aggiornamento: 16:11
Due plichi zeppi di documenti, di dati e cifre. Due offerte vincolanti per l’acquisto dell’Ilva. E dello stabilimento di Taranto, in particolare, che rappresenta il core business del gruppo. La fabbrica, con i suoi sei milioni di tonnellate di acciaio annui dell’attuale produzione e un potenziale di altri 4 milioni, è al centro di una battaglia tra due colossi internazionali dell’acciaio, supportati da produttori italiani presenti sia in una cordata che nell’altra.
La prima notizia: l’Ilva sul mercato conquista due offerte vincolanti. La gara quindi non va deserta ma trova due risposte importanti. Alle 16 in punto di ieri pomeriggio sono stati i commissari straordinari dell’Ilva in Amministrazione Straordinaria Piero Gnudi, Enrico Laghi e Corrado Carrubba, presso lo studio notarile del professor Piergaetano Marchetti, a Milano, ad aprire le buste. È iniziato così l’esame delle offerte vincolanti per l’acquisizione dei complessi aziendali del Gruppo Ilva.
Due le società che si sono fatte avanti, nessuna sorpresa ma solo conferme. Si tratta di AcciaItalia e Am Investco Italy.
Am Investco Italy è la joint venture di ArcelorMittal (una quota dell’80-85%) e l’italiana Marcegaglia (15-20%). Ma è stata siglata anche una lettera di intenti con Banca Intesa San Paolo per unirsi al consorzio.

ArcelorMittal, sede in Lussemburgo e stabilimenti in tutto il mondo, è il primo produttore planetario di acciaio.
AcciaItalia è invece il nome della seconda società in lizza per l’acquisizione di Ilva. È stata creata dall’industriale dell’acciaio italiano Giovanni Arvedi (che ne avrà il 10% delle quote), insieme a Cassa Depositi e prestiti (27,5%) e la “Delfin” holding finanziaria di Leonardo Del Vecchio, patron di Luxottica (27,5%). In un secondo momento, nell’autunno dell’anno scorso, si è aggiunto il big player indiano Jindal South West. La società sarà controllata da Sajjan Jindal, magnate indiano a capo della società siderurgica della Jsw Steel: quest’ultima infatti avrà il 35% delle quote societarie. Le manifestazioni d’interesse per il gruppo erano state 25, di cui 10 per l’intero complesso siderurgico (che comprende Genova e Novi Ligure, oltre Taranto) e 15 per le società controllate (come Sanac e Innse).

ArcelorMittal e Marcegaglia, alla chiusura delle buste, ieri pomeriggio, hanno reso noti i dettagli della loro offerta. Che è stata rivista nelle ultime settimane rispetto agli annunci precedenti. 
L’intenzione, ufficializzata ieri, è dunque di portare il Gruppo Ilva a 9,5 milioni di tonnellate di prodotti finiti. Accrescimento della produzione dai livelli attuali a 6 milioni di tonnellate all’anno entro il 2018 grazie ai tre altiforni attualmente in servizio, nel rispetto dello standard Aia ma si procederà anche alla massimizzazione della capacità di finitura, apportando all’Ilva fino a 4 milioni di tonnellate di lastre e coils laminati a caldo. Sul lungo termine si potrà incrementare la produzione primaria di 8 milioni di tonnellate con l’aggiunta di 2 milioni di lastre e coils laminati a caldo prodotti altrove. ArcelorMittal e Marcegaglia annunciano investimenti per 2,3 miliardi di euro. Oltre al prezzo di acquisto. Due miliardi divisi a metà: oltre un miliardo di euro «al fine di conseguire performance ambientali ottimali in aree chiave, tra cui emissioni di aria e trattamento delle acque», l’altra metà per altiforni e impianti «come rifacimento del rivestimento interno dell’altoforno numero 5».
La società annuncia “un supporto di consistenti linee di credito disponibili, pari a oltre 5 miliardi di euro”.
Se l’acquisizione andrà a buon fine ci sarà inoltre la creazione a Taranto di un centro di “Ricerca e Sviluppo” dedicato, con un investimento iniziale di 10 milioni di euro. Dal punto vista del piano industriale Am Investco Italy punta all’espansione della gamma di prodotti con un investimento finalizzato in prodotti a qualità elevata ed in particolare per i segmenti automobilistico, edilizio ed energetico.

Jindal scommette su un’iniziale produzione di 6 milioni di tonnellate da ciclo integrale, risanando e utilizzando l’altoforno numero 5 fermo già da due anni. Solo il revamping di Afo5 richiederebbe 250-300 milioni di euro. Il punto di pareggio, secondo Jindal, potrebbe essere raggiunto nel triennio. Il rilancio dello stabilimento di Taranto viene programmato da AcciaItalia «a 10 milioni di tonnellate di produzione» ma a regime. Quanto alle speranze di una decarbonizzazione di Taranto, auspicata da molti, è ormai acquisito che nel breve periodo nessuno dei due concorrenti potrà fare a meno del carbone. Jindal utilizzerà il gas per ridurre del 20% nel tempo l’utilizzo del carbone, ma il carbone comunque rimane ancora la fonte energetica principale del ciclo integrale.  L’obiettivo delle tonnellate fino a dieci milioni annui AcciaItalia intenderebbe raggiungerlo attraverso la creazione di un sistema misto che, per la prima volta a Taranto, aggiungerebbe agli altiforni tradizionali anche i forni elettrici. Jindal, dal suo quartier generale in India, ha parlato anche di catturare le polveri sottili per riciclarle in micro pellet e, nei forni elettrici, l’utilizzo di acciaio “preridotto” e il progressivo affiancamento del gas al carbone. Ma anche il riavvio dell’altoforno 5, spento dal 2015.
Per Jindal, «Ilva rappresenta una grande opportunità per approdare in Italia e rimettere in marcia il principale sito produttivo nazionale». Nell’immediato «probabilmente ci sarà qualche riduzione dei posti di lavoro», aveva detto Jindal, specificando che sarà concordata con i sindacati.

Le prossime tappe - Entrambe le offerte sono state trasmesse all’advisor finanziario della procedura di Amministrazione Straordinaria, Rothschild, per gli adempimenti connessi ai prossimi passi. Da qui si parte per le tappe che preludono all’aggiudicazione: la perizia economica che sarà svolta da “Leonardo&Co” sulla congruità delle proposte di acquisto nei prossimi trenta giorni, quindi la selezione di uno o più partner e la negoziazione con eventuali rilanci, infine l’aggiudicazione. A meno di rinvii, la chiusura del trasferimento dovrebbe avvenire entro il mese di aprile, consentendo entro la fine del 2017 il passaggio definitivo degli asset al nuovo acquirente. Nel primo periodo tecnicamente ci sarà un fitto d’azienda che si trasformerà nell’acquisto vero e proprio dal 2018.
 
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