Afo2, la denuncia: «Pericolosi segni di cedimento»

Afo2, la denuncia: «Pericolosi segni di cedimento»
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Mercoledì 31 Agosto 2016, 19:24 - Ultimo aggiornamento: 1 Settembre, 12:25

Uno degli altoforni più grandi del continente presenta inequivocabili crepe.  È la denuncia del comitato cittadini e lavoratori Liberi e Pensanti. Si parla di Ilva, naturalmente. In particolare di Afo/2. Uno stato di “malattia” pericoloso per la sicurezza degli stessi operai. Da fonti aziendali, però, arrivano a stretto giro rassicurazioni in quanto «non ci sono problemi di stabilità dell’impianto e di sicurezza per i lavoratori: il fenomeno è già all’attenzione di Ilva che ha dato incarico a una società specializzata di eseguire le opportune verifiche strutturali e individuare le eventuali contromisure da adottare». Per quanto riguarda gli interventi di manutenzione, nello stabilimento di Taranto la società ha investito 145 milioni di euro di cui la maggior parte destinati all’area a caldo.
 

 


Non sufficienti, secondo il comitato che spiega: «Afo/2 mostra gravi segni di cedimento. L’impianto Ilva, uno tra i più grandi altoforni d’Europa, presenta numerose crepe così come testimoniano le foto che ci sono giunte in maniera anonima. Sono evidenti le lesioni, i cedimenti di alcune parti e addirittura un rigonfiamento (si può notare in una delle immagini anche la trave d’acciaio a vista) del pavimento nella zona del refettorio: non siamo tecnici ma ci sembra chiaro che la struttura si stia deformando. Sempre dalle foto è possibile osservare i vetrini (strisce di vetro che fungono da spie) posti in corrispondenza delle lesioni, servirebbero a indicare in che maniera quelle pareti e quelle lesioni continuano ad aprirsi, oppure se si sono stabilizzate: sembrerebbe però, stando alle nostre fonti, che uno dei due vetrini abbia ceduto proprio in queste ore».

I Liberi e Pensanti, si concentrano sulle «condizioni di rischio a cui sono sottoposti decine e decine di lavoratori di Afo/2: senza manutenzione le condizioni degli impianti peggiorano perché spremuti come limoni, senza risorse si mette a repentaglio l’incolumità degli operai per favorire la produzione a tutti i costi. Ricordiamo anche che a giugno 2015, proprio in Afo/2, un getto di ghisa incandescente colpì l’operaio Alessandro Morricella, morto dopo giorni di atroci sofferenze. Anche in quel caso il governo passò sopra il cadavere di un lavoratore con un decreto d’urgenza che sbloccò il sequestro senza facoltà d’uso dell’impianto imposto dalla procura di Taranto. Fu proprio l’Ilva – scrisse il gip Rosati – a confessare l’enorme e inaccettabile lontananza dei dispositivi di sicurezza presenti sull’impianto».

Infine, l’appello: «Ancora una volta la sicurezza degli operai passerebbe in secondo piano pur di andare avanti con la produzione. Chiediamo l’intervento urgente degli organi di controllo affinché si scongiuri il pericolo di un ennesimo incidente grave. Siamo pronti, come diciamo ormai da anni, ad accompagnare noi i tecnici nei reparti per mostrare la realtà e non un plastico come sono abituati a fare quando in Ilva arrivano ministri e politici per le consuete inutili passerelle».




 

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