Il tarantino che combatte gli orrori del mondo
«È la mia scelta di vita»

Gennaro Giudetti
Gennaro Giudetti
di Alessandra MACCHITELLA
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Mercoledì 12 Luglio 2017, 06:45 - Ultimo aggiornamento: 12:19
Tutte le storie meritano di essere raccontate; alcune, più di altre. «Ognuno è artefice del proprio destino e di quello degli altri». Una frase che non è un post tiralike su Facebook per il 26enne tarantino Gennaro Giudetti ma un credo che mette in pratica ogni giorno con le sue scelte di vita. Nonostante la giovane età, sono anni che gira il mondo per aiutare gli altri e non si considera un eroe, semplicemente si sentirebbe impazzire se non facesse qualcosa per contrastare la guerra e le sue inumane conseguenze. Oggi racconta della vita nei campi profughi, dei salvataggi a bordo dei gommoni, dei ragazzini delle baraccopoli che sniffano colla. Ha delle foto per mostrare con i suoi occhi gli orrori che ha visto e quasi si scusa per la crudezza, lui, che di quelle immagini è stato a sua volta spettatore. Orrori che cerca di contrastare con i fatti oltre che con le parole. Non sarà un eroe, ma Gennaro è sicuramente un esempio.
Una vita dedicata ad aiutare gli altri. Può raccontare come ha trascorso questi ultimi anni?
«Con l’operazione Colomba, insieme a un corpo civile di pace, sono stato nelle zone di conflitto per scortare e supportare i civili che hanno scelto di resistere ogni giorno in modo non violento. Nell’ultimo progetto in Libano ho vissuto nei campi profughi in una tenda a soli 3 chilometri dalla Siria. Insieme alla comunità di Sant’Egidio e la chiesa Valdese ho partecipato ai corridoi umanitari: per la prima volta i profughi hanno raggiunto l’Europa in aereo senza rischiare la vita in mare sui barconi. Sono impegnato a divulgare una proposta di pace scritta dai profughi e con l’organizzazione tedesca Sea Watch ho recuperato i migranti al largo del Mediterraneo».
 
Quando è cominciata la sua avventura?
«Ho iniziato nel 2010 con il servizio civile internazionale, ho vissuto per un anno con i clochard. Dopo sono stato in Kenya, nelle baraccopoli, tra ragazzi dai 13 ai 18 anni che sniffavano colla e vivevano per strada. Successivamente, con l’operazione Colomba, nella foresta amazzonica ho supportato la popolazione nelle zone di conflitto, gente che resiste nella sua terra per piantare pomodori e non cocaina, minacciata giornalmente. In Palestina scortavo bambini e pastori palestinesi spesso vessati dagli israeliani. In Libano ho vissuto in un campo profughi e adesso sono in provincia di Livorno per occuparmi di minori non accompagnati».
]Da che cosa è nata la sua scelta di vita? Quando ha capito che a guidarla sarebbe stato l’amore verso il prossimo?
«Nel 2009 ho fatto lo scout in Albania. Ho visto in una casa famiglia persone che avevano dedicato la loro vita per figli non loro e offrire ciò che abbiamo di più prezioso, il tempo, per l’umanità. Non accetto le ingiustizie e non volevo restare fermo a criticare: ho deciso di donare il mio contributo per cambiare le cose. Non sono un eroe, semplicemente non mi tappo le orecchie, non sono impavido ma provo amore verso il prossimo, siamo tutti fratelli e sorelle».
Una missione bella e coraggiosa che potrebbe spaventare un genitore. Come hanno reagito le persone a lei più vicine?
«Famiglia e amici all’inizio non erano d’accordo, erano preoccupati. Dopo hanno capito che si tratta della mia strada e ora sono orgogliosi di me».
Taranto che cosa significa per lei?
«La mia città mi manca, sono legato alla terra e ai miei affetti. Mi dispiace vedere una Taranto che ancora stenta a decollare, spero nei giovani che hanno voglia di cambiare la città, come i ragazzi di Ammazza che Piazza».
Gennaro Giudetti è un giovane tarantino che parte da un presupposto «la guerra è una m...». Si scusa anche per la parolaccia che però è l’espressione più efficace per descrivere gli orrori che ha visto negli ultimi anni. Eppure nelle sue parole c’è gioia di vivere, nei suoi gesti c’è vita. Dopo la chiacchierata saluta per tornare a lavorare con i suoi ragazzi, spargendo la voglia di tornare a credere nel mondo e in quei giovani che magari il mondo lo cambieranno o che forse lo stanno già cambiando.

 
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