Il caldo ha ucciso le cozze:
gravi danni negli allevamenti

Il caldo ha ucciso le cozze: gravi danni negli allevamenti
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Domenica 13 Agosto 2017, 05:40 - Ultimo aggiornamento: 13:30
Temperature record, sovrapproduzione di cozze in uno spazio insufficiente e coltivazioni che vengono spostate da una parte all’altra. Sono queste le principali cause della moria dei mitili nel Secondo Seno del Mar Piccolo di Taranto. La grande ondata di caldo che contraddistingue da settimane il territorio, con temperature spesso superiori ai 40°C, ha generato un surriscaldamento delle acque del Secondo Seno, partendo dall’estremità orientale del bacino, e provocato la morte dei molluschi in allevamento. Ad affermarlo sono Emilio Palumbo e Cosimo Bisignano rispettivamente per Agci Pesca e Lega Pesca Taranto. Non si tratta di una fatalità, bensì di un evento ricorrente. I mitilicoltori lo sanno bene. È infatti il terzo episodio di moria nell’arco di sei anni: il primo avvenuto nel 2012, il secondo, a dir poco disastroso nel 2015. I danni per gli operatori del settore sono ovviamente ingenti. «È doveroso precisare che questa situazione è indirettamente collegata agli eventi che sconvolsero l’intero settore nel 2011, quando, a seguito dei rilevamenti effettuati su molluschi prelevati nel primo Seno del Mar piccolo, si trovarono tracce di sostanze inquinanti, e, mediante un’ordinanza, tuttora vigente, della Asl di Taranto, si dispose che entro e non oltre il 28 febbraio di ogni anno (termine prorogato al 30 marzo nel 2016), il prodotto doveva essere trasferito in altra area già classificata», spiegano Palumbo e Bisignano.
 
«Questo stato delle cose, comporta, oltre alla compromissione dell’immagine del prodotto locale, un ulteriore sforzo per i mitilicoltori, costretti a spostare i mitili nel Secondo Seno e andando a sovraccaricare la produzione preesistente». Il sovraccarico, a sua volta, ritarda la maturazione del prodotto e la vendita ai mesi più caldi dell’anno, e, considerata la scarsa dinamicità delle acque del Secondo seno, si sottopongono le produzioni alle alte temperature e quindi alla morte dei bivalvi allevati. Una catena che finora ha fatto danni incalcolabili. «È quindi indispensabile trovare soluzioni efficaci, che permettano ai lavoratori di allevare e di garantire un prodotto di qualità, prima tra tutte, la bonifica del primo Seno, che ne permetterebbe di nuovo il pieno utilizzo. Constatiamo però con profondo rammarico che, a quattro anni dalla nomina del commissario straordinario per le bonifiche, questa opzione non è mai stata contemplata», ha affermato.
È sfumato il trasferimento anche nel Mar Grande, a causa della carenza di mezzi, impianti, e idonee protezioni, sia dai predatori marini (ad esempio le orate, che si nutrono dei molluschi), sia dai furti da parte di malviventi. «Ancora una volta quindi, è la categoria dei mitilicoltori a dover soccombere, abbandonata dalle istituzioni che non mettono a disposizione alcun tipo di aiuto per nessuna delle problematiche della categoria», concludono Palumbo e Bisignano.
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