Ex Ilva, il preridotto e il forno elettrico: scelte le aree per gli impianti a Taranto

Una veduta dell'ex Ilva di Taranto
Una veduta dell'ex Ilva di Taranto
di Domenico PALMIOTTI
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Lunedì 17 Aprile 2023, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 14:15

Come si finanzierà l’imponente piano di investimenti, per ora solo annunciato, di oltre 5 miliardi di Acciaierie d’Italia? Da dove verranno le risorse, essendo possibile impegnare su questo versante forse solo una piccola parte dei 750 milioni conferiti nelle scorse settimane ad AdI tra Invitalia e Mittal, visto che questa somma è già stata finalizzata ad altri obblighi? Che farà Mittal, l’investitore privato che è ancora il socio di maggioranza? E l’azienda, con una produzione prevista di 4 milioni di tonnellate nel 2023, sarà in grado di generare mezzi anche per gli investimenti?

La situazione


La questione AdI, ex Ilva di Taranto, non si concentra solo sui mancati (o ritardati) pagamenti dell’indotto, che pure sono un problema serio, né sul nuovo ricorso alla cassa integrazione straordinaria per 3.000 addetti, di cui 2.500 a Taranto, che ha spaccato i sindacati, con Uilm e Usb contrari e Fim Cisl, Fiom Cgil, Ugl e Fismic favorevoli. È in ballo soprattutto la prospettiva dell’azienda. E la sua possibilità di riprendere un ruolo dopo gli ultimi, complicati dieci anni.

La decarbonizzazione: la road map

Ora, se è vero che è stato delineato per AdI un percorso di dieci anni per portare a compimento la decarbonizzazione, con termine al 2032 stando ai tempi dichiarati dal presidente Franco Bernabé, è anche vero che i primi tasselli vanno collocati adesso. Nella road map presentata da Bernabé al Senato a fine gennaio, allorquando si discuteva dell’ultimo decreto, il “miglioramento della sostenibilità dell’area a caldo” è infatti collocato tra il 2023 e il 2025, predisponendo “l’utilizzo del Dri”, il preridotto di ferro per il quale sarà costruito un impianto ad hoc proprio a Taranto. Dunque, siamo già nel primo step temporale del piano decennale. E bisognerà anche verificare in che misura, a causa dell’inflazione, dovranno essere rivisti i costi quantificati inizialmente. 
Anche il secondo step non è che sia molto lontano. Bernabè ha dichiarato che la fase successiva è dal 2024 al 2027 con una previsione di 2,4 miliardi. Questa vedrà il “primo forno elettrico con preridotto e idrogeno come vettore energetico e la cattura dell’anidride carbonica”. Certo, il piano di decarbonizzazione si costruisce e si affina per gradi e non sono necessarie ora tutte le risorse. Tuttavia, non si può prescindere né dalle risposte che AdI è chiamata a dare in tempi brevi, né dal mettere in sintonia i programmi di Acciaierie d’Italia con quelli di Dri d’Italia che dovrà costruire l’impianto del preridotto. Si tratta del semilavorato siderurgico che, derivato dalla riduzione diretta del pellet di ferro, alimenterà i forni elettrici del “nuovo” siderurgico. E sarebbe singolare se l’impianto del preridotto fosse pronto e i forni elettrici no. 
L’impianto di preridotto che costruirà Dri d’Italia (società interamente partecipata da Invitalia, con alla presidenza lo stesso Bernabè) avrà due moduli. Uno, da 2 milioni di tonnellate, servirà ad Acciaierie d’Italia per produrre su base annua 2 milioni di tonnellate di acciaio con Dri e forno elettrico. Un secondo, anch’esso da 2 milioni di tonnellate, servirà ai siderurgici privati affinché riducano l’import di rottame di ferro e Dri. Per il modulo per l’ex Ilva, c’è giá un miliardo di euro del dl Aiuti Ter, convertito nella legge n. 175 del 17 novembre scorso. Per quello che approvvigionerà gli altri produttori, si potrebbe ricorrere all’ulteriore miliardo, non ancora allocato, del decreto ministeriale n. 463 del ministero della Transizione ecologica (ora ministero dell’Ambiente) del 21 ottobre scorso. 
Le aree individuate per il modulo del siderurgico sono due: quella asservita al parco minerali e le aree interconnecting in concessione ad AdI da Ilva in amministrazione straordinaria, e le aree in concessione ad AdI dall’Autorità portuale. Quest’ultime ospitano installazioni per lo scarico del minerale e il trasporto via nastro verso lo stabilimento. Le aree per quello dei privati non sono state ancora individuate, ma, in un primo esame, si è tenuto conto di alcuni elementi da mettere a servizio di entrambi. Come pontili e nastri trasportatori comuni, unità per la produzione di ossigeno e azoto comune ai due moduli e stessa cosa anche per il sistema antincendio: serbatoi e pompe. 
La tabella di marcia per il primo modulo prevede che l’aggiudicazione avvenga in quest’anno, la predisposizione della proposta preliminare tra il primo e secondo quadrimestre 2023, la finalizzazione della proposta preliminare, con lancio della gara e termine per la presentazione dell’offerta, tra la fine del primo quadrimestre e il secondo 2023, la firma del contratto tra il quarto quadrimestre 2023 e il primo quadrimestre del 2024, la produzione e consegna dei componenti principali e dei materiali da costruzione dal terzo quadrimestre 2023 al quarto del 2025, infine la realizzazione dal secondo quadrimestre 2024 al secondo del 2025. 

Gli studi tecnici


Per il modulo di AdI, la società Dri d’Italia ha completato gli studi di pre-fattibilità e tecnici con Danieli e Paul Wurth, ha selezionato Technip Energies per il coordinamento del progetto, ha in corso lo studio per l’accesso agli aiuti di Stato con The Brattle Group ed ha preparato i dossier tecnico-economici per la presentazione del progetto alle istituzioni in modo da accedere ai fondi.

L’impianto del preridotto dovrà essere alimentato da idrogeno verde stabilisce il dl Aiuti Ter e quindi Dri d’Italia, oltre ad aprire confronti con i fornitori di materie prime e gas naturale, sta perfezionando l’acquisizione di una quota di Alboran Hydrogen per ricevere l’idrogeno verde. Alboran, società in cui sono entrati Edison e Saipem, è la società cui fa capo il progetto “Puglia Green Hydrogen Valley” che prevede la realizzazione di tre siti di produzione: Brindisi, Taranto e Cerignola. In ciascun polo l’idrogeno sarà prodotto tramite elettrolizzatori alimentati da energia solare prodotta da campi fotovoltaici dedicati, installati su terreni già nelle disponibilità del progetto “Puglia Green Hydrogen Valley”. 

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