Nessun rischio di decorrenza, possibile una misura alternativa

Nessun rischio di decorrenza, possibile una misura alternativa
di Lino CAMPICELLI
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Martedì 30 Agosto 2016, 08:22 - Ultimo aggiornamento: 15:07
 All’esito del deposito della motivazione della sentenza di secondo grado, i legali di Sabrina Misseri e di Cosima Serrano potrebbero riproporre alla Corte d’assise d’appello una istanza di revoca della misura cautelare che grava sulle due donne, con sostituzione della misura detentiva con quella dei domiciliari in una comunità.
A questo proposito, infatti, sarebbero state assicurate, da un paio di comunità che operano nel territorio nazionale, le disponibilità necessarie per consentire alla difesa di poter avanzare apposita istanza.
L’ipotesi di una richiesta ulteriore di sostituzione della misura sarebbe infatti all’esame della difesa delle due donne, condannate all’ergastolo.

Non è da considerare concreta, infatti, la scarcerazione delle due imputate per decorrenza dei termini di fase. L’ipotesi era stata formulata, per la cronaca, soprattutto in ordine alla posizione di Sabrina Misseri. In astratto, infatti, la decorrenza dei termini, nel caso di Cosima Serrano opererebbe nel maggio del 2017.
La data del 17 ottobre 2016, però, non è da ritenere il limite invalicabile oltre il quale andrebbe in scadenza la misura applicata nei confronti di Sabrina.

La figlia dell’agricoltore di Avetrana, in effetti, fu arrestata in quello stesso giorno di ottobre del 2010. Tuttavia, nel caso specifico, i calcoli legati ai termini di fase dovrebbero contemplare le varie fasi di sospensione degli stessi, che superano abbondantemente i sei anni e che si attestano fra i sette e gli otto anni.
Per semplificare, va spiegato che nessuno può restare detenuto “in eterno” in attesa di giudizio o di una sentenza definitiva. A seconda dei reati commessi e delle pene previste nel massimo rispetto alle contestazioni di cui risponde un soggetto, il codice impone che lo stesso soggetto benefici del rinvio a giudizio, e delle varie sentenze, entro un termine massimo, definito “di fase”, che non può essere superato, pena la decorrenza dei termini e la conseguente scarcerazione.

Il ragionamento del legislatore, sul punto, è stato inflessibile: nessuno può rispondere delle eventuali responsabilità dell’amministrazione della giustizia e delle lungaggini con cui la stessa si articola. Di qui i termini stabiliti per decidere se il soggetto debba essere processato, con scadenze temporali imposte perchè lo stesso conosca il proprio destino nei vari gradi di giudizio.
In genere, un soggetto detenuto per un reato punibile con l’ergastolo - come nel caso di Sabrina Misseri - ha diritto di conoscere il suo definitivo destino entro sei anni dall’arresto. Grazie alle estensioni e alle integrazioni all’articolo 303 del codice di rito, il termine massimo si allunga sino a nove anni complessivi, fissati come paletto ineludibile. Tuttavia, questo termine non può essere considerato come riferimento, giacchè sussistono tappe - nel caso specifico i gradi di giudizi - che impongono limiti intermedi non superabili.
Nel caso in questione, la Corte d’assise d’appello di Taranto, per evitare problemi con la sua sentenza, aveva fatto ricorso a due sospensioni che avevano allungato il limite entro cui doveva concludersi (con sentenza e motivazione) il processo di secondo grado.
Sul punto, in ogni caso, l’avvocato Nicola Marseglia parla di «scenari controversi» e di «possibili contrasti sull'interpretazione della norma», e rimanda la trattazione del caso «aquando sarà il momento».
 
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