Sticchi Damiani: «Con l'Inter risultato scontato? No, ce la giocheremo. Lecce, società modello. No alla serie A a 18 squadre». Video

Il presidente, Saverio Sticchi Damiani
Il presidente, Saverio Sticchi Damiani
di Lino DE LORENZIS
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Mercoledì 21 Febbraio 2024, 21:41 - Ultimo aggiornamento: 22 Febbraio, 05:00

Presidente Sticchi Damiani, sono giorni molto caldi per il calcio italiano che si appresta a voltare pagina, con una riforma durissima. Si parla in particolare di rigore sui bilanci dei club: un rigore che, in questa circostanza particolare, la trova d'accordo?
«Parliamo di un percorso che qui a Lecce abbiamo iniziato alcuni fa e di conseguenza sposiamo con piena convinzione. Immaginavamo che prima o poi questo enorme problema del calcio italiano sarebbe venuto a galla e di conseguenza nel periodo post-covid ci siamo adoperati imponendoci spontaneamente forti limitazioni. Noi lo abbiamo fatto a differenza di altre società di serie A e di serie B che, al contrario, hanno preferito indebitarsi, talvolta con rose di 40 giocatori e numerosi esuberi. Era inevitabile di conseguenza arrivare a questo punto ed è altrettanto inevitabile intervenire drasticamente sulle regole visto che in questo momento l'unica sanzione prevista per le società “in rosso” è la limitazione sul calciomercato, ma a mio avviso non basta».

Come intervenire?
«Introdurre regole certe per impedire ad esempio l'iscrizione ai campionati alle società che non hanno i conti in regola o che non rispettano un determinato rapporto tra ricavi totali e salari dei calciatori. Speravamo tutti in un cambio di passo dopo l'emergenza sanitaria ed invece – passato il clamore del momento - in molti continuano a fare ciò che facevano prima, ovvero spendere ciò di cui non dispongono».


Pensa che questo modo di portare avanti le società possa aver alterato e in qualche modo anche falsato il campionato?
«La competizione sportiva è profondamente alterata, non lo scopro certamente io. È brutto dirlo però ci sono società che hanno già chiesto e ottenuto in anticipo il paracadute di una eventuale retrocessione come gli stessi introiti dei diritti televisivi delle prossima stagione sportiva. L’anno scorso, ma anche quest’anno, competiamo con soggetti che non rispettano adeguate linee di gestione dell'impresa. Che sia non dico rigorosa, quantomeno però razionale e ragionevole. Questo consente loro di poter mettere in campo 4 o 5 giocatori in più che in presenza di regole rigide non potrebbero permettersi. E invece lo fanno. Io invece posso dire con orgoglio che il Lecce Calcio non ha debiti con le banche ed è una grande vittoria per un club di provincia».


Il presidente federale Gravina sostiene che prima di rinnovare è necessario risanare il calcio italiano: concorda con lui?
«Sì, sono in linea con il pensiero del presidente della Figc. E dirò di più. Il Lecce a breve potrà mettersi definitivamente alle spalle le criticità finanziarie derivanti dai due anni dell'emergenza-Covid. Posso dire, anche qui con grande orgoglio, che il bilancio del prossimo 30 giugno ci permetterà di sorridere perché riusciremo a compensare completamente i due brutti bilanci degli anni del covid. E sarebbe straordinario per il Lecce riuscire a centrare in un sol colpo risultato economico e risultato sportivo per il terzo anno consecutivo».


Crede che i tifosi abbiano compreso tutto questo?
«Sinceramente, non lo so. Io cerco di raccontarlo con maggiore chiarezza e onestà possibile. Io non ho mai negato la realtà, ho sempre detto che abbiamo avuto due anni di grandi difficoltà: il covid insieme ad una retrocessione immeritata ci hanno messo in grave difficoltà. Sia chiaro, si è trattata di una situazione diffusa che ha coinvolto tutti i club. In quel momento il calcio davvero ha rischiato di entrare in crisi profonda. Questo è un dato di fatto, una ripartenza così importante e rapida sotto il profilo dei numeri è davvero qualcosa che spero che i tifosi del Lecce apprezzino. Tutto il lavoro fatto per risanare il bilancio vale più di una salvezza, perché significa che il club è stato tra i primi a rimettersi in carreggiata dopo un periodo buio per tutti. Incredibilmente siamo riusciti pure a centrare i risultati sportivi, nonostante il club fosse in “convalescenza”. I risultati economici e sportivi ottenuti nell’ultimo periodo rappresentano, a mio avviso, un qualcosa che meriterebbe di essere studiato. Dopo la Luiss di Roma, anche l’Università Bicocca di Milano mi ha chiesto di raccontare il “miracolo Lecce”».


Risanamento del bilancio, ora sotto la copertura del Via del Mare...
«In realtà oltre alla copertura dello stadio stiamo pensando tutti i giorni alla realizzazione del nostro centro sportivo. Per ciò che concerne la copertura del Via del Mare diciamo che siamo spettatori attivi, molto attivi, di quelle che saranno le dinamiche dei Giochi del Mediterraneo. Non dipende certamente dalla nostra volontà. Siamo in contatto con il Commissario Ferrarese, ed abbiamo instaurato un dialogo intenso anche col ministro Fitto, oltre che con il Comune ovviamente. È già previsto un primo step di lavori che daranno vita a un restyling dell’impianto davvero molto interessante e questo lo abbiamo già portato a casa. Si tratta di lavori principalmente strutturali, anche se da un punto di vista estetico faranno piacere ai nostri tifosi perché lo stadio avrà un bell’impatto visivo, sopratutto di sera. Certamente, manca un pezzo fondamentale per il comfort degli spettatori, mi riferisco alla copertura che però necessita di un secondo ulteriore finanziamento per il quale sino a poco tempo fa non esisteva nessuna speranza mentre adesso c’è qualche piccola possibilità di avere anche questa seconda parte».


E il centro sportivo?
«Fa parte di quel processo di crescita e il club è pronto a fare l'investimento. Posso dire che siamo molto vicini a concluderlo. Sarà un investimento che costerà al club diversi milioni di euro. Abbiamo intenzione di costruire una vera e propria “casa” del Lecce con almeno sei campi di allenamento in cui vorremmo convogliare la Prima squadra e una buona parte del settore giovanile. Inutile dire che avere un centro sportivo di proprietà non comporta ricavi ma di sicuro aiuta ad alzare il livello della qualità degli allenamenti. Come il Viola Park? Lì è stato fatto qualcosa di straordinario, però la nostra idea è di fare un qualcosa che per il territorio rappresenti un unicum anche come punto, come dimensioni, come comfort. In questo senso sono contento che molte amministrazioni locali ci stiano chiamando perchè vorrebbero tanto ospitare questa nuova “casa” del Lecce. Penso che abbiamo individuato un’area e pensiamo sia quella giusta, non lontano da Lecce, nel cuore della provincia, in modo da coinvolgere ancora di più tutto il Salento».


Per tornare alle riforma del calcio italiano, crede che i club siano disposti ad accettare le nuove regole particolarmente stringenti in particolare sui bilanci?
«Beh, io credo che sia l'unica strada possibile. Ci sono società importantissime nel nostro campionato che sono costantemente alla ricerca di nuovi fondi o che si rivolgono alle banche per avere la liquidità necessaria, o per differire in avanti prestiti scaduti. E parlo di club di prima fascia. Io invece sono orgoglioso perchè, e proprio oggi ne parlavo con l’Ad Mencucci, il Lecce non ha alcun tipo di debito con le banche con cui lavoriamo. Confesso che nel periodo dell’emergenza avevamo avuto accesso ad un finanziamento straordinario con un fondo che si chiama “Tifosy” per un importo di circa 8 milioni da restituire in quattro anni.

Noi invece abbiamo chiuso i conti martedì scorso, con notevole anticipo, pagando l’ultima tranche. Ne parlo con orgoglio perché significa cambiare gli scenari. Credo sia impagabile per un club poter lavorare con assoluta tranquillità, cercando di crescere sotto tutti gli aspetti».


Presidente, è favorevole alle multiproprietà?
«Sono profondamente contrario. Anche la multiproprietà a parer mio può sfociare nella alterazione della concorrenza sportiva. In che senso? Io compro dalla società “figlia” un giocatore a una cifra molto alta e metto a posto il bilancio della società “madre”, oppure lo pago meno di quello che il giocatore vale e si crea una alterazione della concorrenza rispetto alle altre partecipanti al torneo. Per tutte queste ragioni la multiproprietà nel calcio italiano non mi convince».


Il tema del rigore e della sostenibilità dei bilanci si collega anche alla capacità di saper investire anche sui giovani e il vivaio next gen per chi se lo può permettere. Come mai fin qui c'è stata una certa riluttanza dei club italiani nei confronti delle seconde squadre?
«Noi l’Under 23 l’abbiamo in casa e partecipa al campionato di serie A, vista l’età media dei nostri calciatori... La Juventus ha operato bene visto che sta portando in Prima squadra tanti giocatori dell’under 23. Mi chiedo però come si possa conciliare la possibilità di formare nuove squadre under 23 se poi l'idea è quella di ridurre la Lega Pro a pochi club? È un controsenso. Ecco perché, secondo il mio parere, bisognerebbe puntare anche sulle squadre Primavera e sull'Under 18 per far crescere i nostri giovani. Noi in questi anni abbiamo investito sul settore giovanile secondo quelle che erano le nostre possibilità economiche. Solo che alla Federazione non è piaciuto il fatto che abbiamo puntato su giovani stranieri. A parer mio, se qualcuno vuole fare la battaglia sugli stranieri dovrebbe avere il coraggio di farla sulle prime squadre, quale è il senso di osteggiare la Primavera del Lecce con regole penalizzanti e poi consentire alle prime squadre di giocare con 11 stranieri?».


Le big del calcio italiano spingo per portare il format della serie A a 18 squadre: qual è la sua opinione?
«Sono contrario alla serie A a 18 squadre. Secondo me è un modo di alcune big per limitare i propri danni economici. Molto banalmente, oggi gli introiti della Serie A vengono divisi tra 20 squadre, l’idea di poter dividere tra 18 alletta le big. Perché togliere a due piazze piccole l’opportunità di competere nel massimo campionato italiano? Per me il numero delle partite conta ben poco, il problema principali sono gli introiti».


Il nostro territorio cosa potrebbe imparare dall’esempio del Lecca calcio?
«Che conta la meritocrazia, conta il talento. Un bravo presidente deve sapersi circondare di persone di valore assoluto, non solo in campo. Nè io, nè i miei soci abbiamo mai concepito il club come il posto dove parcheggiare gli amici o gli amici degli amici. Dai ruoli apicali a quelli più basici abbiamo cercato sempre le migliori professionalità, meglio se animate anche dalla passione e dall’amore per il Lecce. Ho un fuoriclasse nella mia squadra che risponde al nome di Pantaleo Corvino, abbina talento puro ad una smisurata passione per il Lecce, ma oltre a lui posso contare anche su tanti altri straordinari professionisti che non cambierei mai. Cito, tra gli altri, l’Ad Mencucci che pur essendo un “acquisto” recente si è fatto apprezzare da tutti per garbo e competenza, la sua figura mancava al nostro club, e poi il “giovane decano” Mercadante che silenziosamente, ma con enorme impegno, sta portando aventi il progetto-sogno centro sportivo. Potrei citarne tanti altri, ed è come se lo avessi fatto. Per me, il segreto del miracolo Lecce sono le poche speciali persone che ci lavorano, a tutti i livelli. Ogni intervista è per me un’opportunità per citare a turno ciascuno di loro».


A che punto è il suo progetto che mira a dare respiro internazionale al club?
«Non è ancora finito. Pochi anni fa è entrato a far parte della nostra società un gruppo di imprenditori stranieri che fanno riferimento a Boris Collardi. Anche loro hanno scoperto negli anni un modello che funziona. Con Boris e Pascal in particolare c’è un rapporto straordinario. Oggi il club, per come è strutturato, non ha bisogno di un socio medio-piccolo. Una cifra ad esempio di 5 milioni di euro non ci cambia niente perchè quelle risorse siamo in grado di generarle attraverso il lavoro del club. Ora come ora l’unico scenario che potremmo prendere in considerazione è quello di un socio che dice “Mi piace tantissimo questo modello per cui metto 100 milioni perché dobbiamo andare in Europa League. Oppure, per fare uno stadio nuovo. A quel punto saremmo ben lieti di stendere tappeti rossi».


Parliamo di Lecce-Inter: risultato scontato?
«Chi l’ha detto? Io questa partita la voglio giocare pur sapendo che c’è una differenza abissale. Già potercela giocare è un’opportunità da cogliere al volo. Poi magari l’Inter farà una grande prestazione però noi vogliamo provarci consapevoli del fatto che in questo momento, dal centro Sud in giù, questo è l'evento calcistico più importante che esprime il territorio».


Sabato pomeriggio, alla vigilia del big-match, i tifosi potranno assistere alla rifinitura.
«La scelta dell’allenamento a porte aperte alla vigilia della partita era un modo per dire che se qualcuno ha voglia di stare vicino alla squadra può farlo, l’importante è che siano tutti presenti domenica. Tra l’altro, in questa settimana si è alzato un polverone per nulla perché, e ci tengo a dirlo, le dichiarazioni rese da mister D’Aversa nel post gara di Torino sono state travisate. Lui non voleva in alcun modo dire che non ha a cuore il parere dei tifosi giallorossi, ci mancherebbe altro. Anzi. Il mister è attentissimo ai nostri supporter, quelli veri, quelli che vengono allo stadio, quelli che vengono fuori casa. Sinceramente mi è sembrata una polemica fatta ad arte e non va bene».


Presidente, perché a suo giudizio non è stato dato il giusto risalto al rigore negato al Lecce contro il Torino?
«Io mi sono lamentato molto a fine gara per il rigore non dato, non perchè cercavo un alibi, ma perchè in partite così bloccate alla fine contano gli episodi. A noi è stato negato un rigore solare: ne ho discusso con i vertici arbitrali e dal confronto è emerso, e sono autorizzato a dirlo, che quell’episodio è stato qualificato come errore dell’arbitro. Anche se non mi è chiaro il perché non sia intervenuto il var. Vorrei che tutti capissero che anche i dettagli sono importanti. I giocatori, ad esempio, in modo civile avrebbero potuto sollevare il problema con l’arbitro, invece siamo stati passivi e noi non possiamo essere passivi perché è un momento cruciale in cui ogni episodio può cambiare la storia di questo campionato. Devo dire anche che sia a livello locale che a livello nazionale gli organi di informazione ne hanno parlato poco, salvo poche eccezioni, e questo mi dispiace molto. La salvezza passa dalla voglia di raggiungere questo obiettivo a tutti i costi, i tifosi percorrono migliaia di chilometri e riempiono il Via del Mare, la loro voglia deve essere la voglia di tutti, questo ripetiamo sempre ai nostri ragazzi ogni volta che scendono in campo, ma ripeto non vale solo per loro, vale per tutti».

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