Giubileo della misericordia, i Vescovi scelgono il film “In grazia di Dio” di Winspeare

Una scena del film
Una scena del film
di Claudia PRESICCE
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- Ultimo aggiornamento: 5 Febbraio, 06:00
Il ritorno alla terra letto come ritorno al Creato, ad una natura dispensatrice di salvezza, che sfama e dà speranza di riscatto: potrebbe sembrare una lettura mistica del film di Edoardo Winspeare “In grazia di Dio”, e in effetti, è proprio così.
La Commissione nazionale Valutazione film della Cei (il consesso dei vescovi) ha infatti scelto l’opera cinematografica salentina per aprire il ciclo di approfondimenti su cinema e Giubileo, nello specifico sulle opere di misericordia corporale “Dar da mangiare agli affamati”.<HS>
Il film verrà proiettato in tutte le parrocchie italiane per poter stimolare il dibattito sul tema.

«Si tratta del primo film scelto come simbolo della misericordia ed è inutile dire quanto siamo entusiasti», dice Alessandro Valenti che ha firmato la sceneggiatura insieme al regista Winspeare.
«Non abbiamo fatto altro che cercare di raccontare in modo semplice la complessità delle relazioni umane - spiega lo sceneggiatore leccese - è interessante notare come la Cei sottolinei che abbiamo sempre bisogno di contemplare il mistero dell’amore e della misericordia. Il fatto che questo film sia stato scelto come momento di riflessione su questi temi è per noi motivo di grande orgoglio».

In concorso al 64esimo Festival Internazionale del Film di Berlino nel 2014, il lungometraggio di Winspeare (“Sangue vivo”, “Il miracolo”, “Galantuomini”), uscì nelle sale nello stesso anno. Girato nelle campagne salentine intorno a San Giuliano di Tricase, “In grazia di Dio” racconta di una famiglia costretta dalla crisi a chiudere la fabbrica di cui è proprietaria. Vere protagoniste sono le donne di casa (gli uomini sono deboli e inconcludenti), uniche a dimostrare coraggio e pragmatismo, fino al punto di fare una scelta assolutamente controcorrente: andare a vivere in campagna per coltivare la terra.
Il film (le attrici sono Celeste Casciaro, Barbara de Matteis, Laura Licchetta, Anna Boccadamo) racconta dunque l’audacia, la solidarietà, la fede, la forza di staccarsi da modelli sociali dominanti. E di “spiritualità come collante sociale e preghiera come tesoro di memoria e luogo di riconciliazione” parla infatti la Commissione della Cei che sottolinea: “il coraggio del copione è di essere comunque e con forza uno sguardo sul nostro tempo, sull’oggi, su una contemporaneità sfaldata e offesa. Winspeare cerca di creare una sovrapposizione tra passato e moderno, tra richiami alla tradizione e seduzioni facili. Due opposti tra i quali trova collocazione il senso religioso...”.

«Noi - spiega Valenti - abbiamo cercato di raccontare che una felicità è possibile anche trovando un altro modo per costruirsi le relazioni sociali. Un obiettivo possibile se non si è ossessionati dall’idea del successo, della realizzazione economica e professionale, ma si riesce a vivere semplicemente condividendo quello che si ha, sia a livello familiare che sociale». <HS>
«L’idea del baratto che caratterizza il film - continua Valenti - è proprio legata alla condivisione e allo scambio senza altri interessi. Il dono e di aprirsi all’altro è centrale sia nel film che nel libro che ne racconta la storia».
Perfino il titolo si può leggere anche una preghiera.
«Ho una profonda fede - dice lo sceneggiatore - e ho sempre pensato che la “grazia di Dio” si nascondesse in questo ritorno alla dimensione della natura come se fosse collegata anche alla riscoperta di alcuni valori, legati a una via più semplice, al ritmo della terra».
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