Zero risorse e nuova veste:
Province, sempre più caos

Antonio Gabellone, Maurizio Bruno, Martino Tamburrano
Antonio Gabellone, Maurizio Bruno, Martino Tamburrano
di Francesco G.GIOFFREDI
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Martedì 18 Aprile 2017, 05:20 - Ultimo aggiornamento: 16:23
Retromarcia, o quasi. Le Province impantanate nel limbo (riconosciute dalla Costituzione, ma svuotate di funzioni e risorse dalla legge Delrio) potrebbero presto tornare agli antichi fasti: «Il loro futuro è quello di organi che hanno rilevanza costituzionale e come tali devono essere trattati», ha anticipato nei giorni scorsi il ministro degli Affari regionali Enrico Costa. Nel frattempo però le casse restano vuote, i trasferimenti centrali sono ridotti all’essenziale (o addirittura molto meno dell’essenziale) e l’ormai inflazionato “rischio default” aleggia da Nord a Sud. Al punto che tutti i presidenti degli enti di Area vasta, un mese fa, hanno presentato un esposto alle rispettive procure per violazione dell’articolo 119 della Costituzione. La sostanza è: impossibile fronteggiare le spese della Provincia, innanzitutto su personale, edifici scolastici e strade.
Un segnale precipitato nel vuoto: martedì il Consiglio dei ministri, insieme con il Def (il Documento di economia e finanza), ha approvato anche il decreto Enti locali 2017. Si tratta del piano di stanziamenti per Comuni, Province e Regioni. Luci (per esempio lo sblocco del turnover al 75% per le amministrazioni comunali), ma anche ombre: per le Province delle Regioni a statuto ordinario soltanto 110 milioni per il 2017 e 80 annui a partire dal 2018; e per l’anno in corso sono stati accantonati altri 100 milioni per la manutenzione delle strade provinciali. Pochi? Sì: innanzitutto perché larga parte delle Province ha chiuso i bilanci in rosso (13 e 28 milioni il disavanzo a Brindisi e Lecce, per citare due casi emblematici), e poi perché era stata la Sose (società del ministero dell’Economia e di Bankitalia) a misurare in ben 651 milioni il fabbisogno per coprire le funzioni fondamentali.
Qualcosa sottotraccia però si muove. «Sarà necessario approfondire e riflettere sul futuro - ha aggiunto Costa - prevedo organi di medio ordinamento oltre che sovracomunali con una capacità di coordinamento territoriale. Vedrei la possibilità di riflettere sul ritorno a un rapporto con i cittadini da parte degli amministratori. Mi piacerebbe che i consiglieri provinciali parlassero anche con i cittadini e non solo con i consiglieri comunali che li eleggono». Dunque, un ritorno all’elezione diretta? «Compete al Parlamento, questa è una mia valutazione». La ratio è chiara: la legge Delrio doveva essere sublimata e completata dalla riforma costituzionale, tuttavia poi bocciata dal referendum del 4 dicembre. Una riforma che prevedeva, dopo il raffazzonato svuotamento di poteri e funzioni, la cancellazione delle Province dall’orizzonte costituzionale. Ora la contraddizione è ai limiti del paradosso: gli enti intermedi sono stati “alleggeriti” dalla legge Delrio, ma resistono in tutto e per tutto nella Costituzione. E per questo sono titolari di funzioni amministrative (articoli 117 e 118) e hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa per alimentare le funzioni attribuite (articolo 119). La Legge di Stabilità del 2015, considerando le nuove Province quali enti “in attesa della riforma costituzionale”, aveva pure abbassato la ghigliottina: taglio di 1 miliardo nel 2015, cui si aggiungono 1 miliardo nel 2016 e 1 miliardo nel 2017. Riduzione drastica e incoerente, secondo i presidenti delle Province, con l’autonomia finanziaria sancita dall’articolo 119 della Costituzione. «Dal 2013 al 2017 alle Province è stata chiesta una riduzione di risorse pari a 5,2 miliardi», è il refrain.
 Antonio Decaro - sindaco di Bari e della Città metropolitana, presidente nazionale Anci - agita pure lui lo spettro del fallimento: «Siamo molto soddisfatti dello sblocco del turnover del 75% nella pubblica amministrazione, ma ci sono anche cose che mancano e che l’Anci aveva chiesto al governo: sono pochi 100 milioni per le Province, e mancano fondi per molte Città metropolitane che non possono chiudere i bilanci e rischiano di fallire». E perentorio era stato Achille Variati, presidente nazionale Upi (l’Unione delle Province): «Mandare in crisi per mancanza di risorse il sistema dell’istruzione secondaria e la fitta rete viaria provinciale significa fermare lo sviluppo. Non chiediamo soldi per i nostri enti, ma per i servizi che siamo tenuti a garantire».
Quantomeno, in Puglia il travaso di funzioni previsto dalle legge Delrio è stato ultimato, goccia dopo goccia. «Dal 1° agosto 2016 - spiega Antonio Nunziante, assessore regionale al Personale - abbiamo acquisito le funzioni non fondamentali delle Province pugliesi: ex polizie provinciali e cultura. In questo modo, abbiamo assorbito 221 dipendenti». Per tutti gli altri ancora a libro paga delle Province, c’è il rischio di veder evaporare il proprio stipendio. Lasciando strade in dissesto e scuole superiori pericolanti.
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