Xylella, paura contagio: gli agricoltori firmano il consenso per abbattere

Xylella, paura contagio: gli agricoltori firmano il consenso per abbattere
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Sabato 3 Ottobre 2015, 22:48 - Ultimo aggiornamento: 4 Ottobre, 13:29
A qualcuno viene da piangere dinanzi al malloppo di fogli bianchi in calce ai quali c’è da apporre una firma per accettazione. C’è chi chiede ai forestali lumi sugli indennizzi, sulle modalità di erogazione. C’è un tetto massimo? E quando arriverà la pioggia di euro stanziati per combattere l’avanzata della Xylella? Qualcun altro preme per avere a disposizione un po’ di tempo in più rispetto ai dieci giorni previsti: «Gli alberi sono pieni di frutti. Dobbiamo farli cadere per terra e rovinare tutto? Questa è un’annata ottima, l’anno scorso l’olio lo abbiamo comprato. Ci facessero quantomeno raccogliere». Tra dieci giorni le olive che sono quasi giunte a maturazione saranno pronte per essere prelevate. Ma prima di allora le piante dovranno essere trattate, tagliate. Buttate giù. Che sia l’unica soluzione per evitare una vera strage è ormai una certezza per gli agricoltori che posseggono uliveti nell’area di maggior emergenza.



A Torchiarolo è la paura di un contagio ancor più massiccio a quietare gli animi, insieme alla garanzia di non restare con le tasche vuote. La lunga, interminabile, giornata di ieri si è conclusa con un consenso alla collaborazione per l’eliminazione delle piante infette e di quelle nel raggio di 100 metri dato a malincuore. Ma alla fine accordato agli agenti inviati dallo staff del commissario delegato per l’emergenza Xylella, Giuseppe Silletti, che sono rimasti in Comune fino a tardo pomeriggio.

«A Trepuzzi è un cimitero, faremo anche noi quella fine?» continua a ripetere Francesco Miglietta. È un produttore di olio ed è anche il presidente dell’oleificio cooperativo che conta 400 soci. La rassegnazione ha lentamente rimpiazzato la rabbia per la sorte toccata al piccolo territorio di frontiera, che si trova proprio dove il Brindisino lascia il passo al cuore del Salento infestato dal batterio.



A Trepuzzi, effettivamente, gli alberi malati sono molti di più. Gli ispettori fitosanitari ne hanno contati 833. Andranno giù solo quelli, perché nell’area “rossa” non si applica il meccanismo dei “100 metri” che prevede che si faccia piazza pulita anche attorno ai focolai.

Se il viaggio per raggiungere la fascia di maggior allarme inizia da nord, basta soffermarsi sulla gradazione cromatica per interpretare quel che sta accadendo e forse anche quel che rischia di succedere.



Lungo la strada che da Ostuni conduce al mare, pur fuori stagione, si dribblano i turisti che sul ciglio della provinciale fotografano i tronchi dalle forme contorte che raccontano di decenni di resistenza al sole e alle intemperie del tesoro di Puglia. Lassù le chiome sono verde intenso, ma una volta lasciata alle spalle Brindisi, già in zona Cerano iniziano a spuntare le prime chiazze rossastre tra i rami appena potati. «C’è chi sta tagliando i rami secchi perché nessuno si accorga che c’è la Xylella», racconta Antonio Longo, proprietario di tre ettari di ulivi proprio a Torchiarolo.

La sua storia è tra le più significative, forse. Possiede due campi sulla strada per Lendinuso: in quello che ne conta 60 non si è manifestato alcun problema. Nell’altro ce ne sono circa 300, di cui 18 sono malati. Hanno all’incirca una trentina di anni e dovranno sparire tutti, anche quelli sani, proprio secondo il principio dei 100 metri: «Ho comprato questa terra per mio figlio Andrea, che è disoccupato. L’ho fatto per dargli un’occasione di lavoro in agricoltura».



Andrea, che è l’intestatario del fondo, ha firmato nel pomeriggio acconsentendo così di procedere all’estirpazione di tutti i suoi alberi in cambio di un indennizzo che gli coprirà le spese: «Con 14mila euro – spiega il padre – riusciremo a investire altrove, ormai il valore degli uliveti si è deprezzato, proprio per via della Xylella. Cos’altro potremmo fare? Qui si rischia il disastro».



Palazzo di città, alla periferia del paese che conta cinquemila anime, è stato un crocevia di gente, ieri. Il sindaco, Nicola Serinelli, ha lasciato aperte le porte e vi si è recato in più riprese: «Il paragone che mi viene più facile è con un male incurabile, con la sanità che è per altro l’ambiente da cui provengo. A Gallipoli c’è un lazzaretto, qua da noi è un ospedale. Ma più su ci sono già le barelle e le ambulanze ad attendere».

Il presidente dell’oleificio, Miglietta, tenta di rincuorare i suoi: «Non c’è altra soluzione. Noi viviamo di olivicoltura. A luglio c’erano tre focolai, ora ce ne sono tredici. Andando avanti così rischia di finire tutto, diventerà un deserto».



Sa raggiungere con la precisione di un gps il primissimo focolaio, in ordine di tempo, proprio sulla via per il mare: «È qui – indica - ed è un terreno della famiglia del vicesindaco Maurizio Nicolardi». I trattori sono all’opera, affastellati ci sono i residui delle potature: «Sono venuti nei mesi scorsi macchinari da Nardò, dalla provincia di Lecce per la cura degli uliveti. È da giù che viene la Xylella, e va avanti». L’appezzamento è poco lontano dal confine con la provincia di Lecce. Laggiù, tra Trepuzzi e Squinzano, le chiome sono diventate a tratti giallognole.

Anche a Campi Salentina la situazione è la stessa. Le notifiche sono iniziate, proseguiranno nei giorni a venire. Il sindaco di Trepuzzi, Oronzo Valzano, segue attentamente la questione anche attraverso l’assessore all’Ambiente della sua giunta, Giancarlo Florio. C’è preoccupazione, ma anche attesa. Ed è viva la memoria delle multe a raffica inflitte mesi fa per chi non aveva adempiuto al diktat sulle buone pratiche agricole. I proprietari degli uliveti sembrano intenzionati ad aderire all’appello del commissario Silletti. La valutazione che viene fatta è aritmetica.



Meglio l’indennizzo del blitz militare, con tanto di multa. Gli ambientalisti non hanno ancora lanciato l’offensiva, ma si preparano a farlo. Nei campi della fascia di contenimento che si spinge fino a Lecce andranno eliminate solo le piante colpite dal batterio. L’intervento più massiccio riguarda Torchiarolo con 39 produttori coinvolti e centinaia di abbattimenti da fare. Qualcuno ha già iniziato, altri aspetteranno fino all’ultimo dei dieci giorni disponibili nella speranza di salvare il frutto e di poter comunque ricavare l’olio di un’annata particolarmente positiva.



Il confronto proseguirà. Il commissario Silletti tornerà a Torchiarolo per incontrare gli olivicoltori. La promessa che è stata consegnata verbalmente ai contadini è di recuperare altri fondi come incentivi al reimpianto, come risarcimenti per le calamità. Ma sulla necessità di eradicare non c’è deroga immaginabile. Bastone e carota, ché l’Europa osserva e minaccia una procedura di infrazione che solo l’interventismo spinto potrà evitare.

Il conto alla rovescia è iniziato ieri, partito da Torchiarolo. Domani si proseguirà anche a Trepuzzi. Le notifiche del piano sono già state effettuate in gran parte dei Comuni del Salento. Si dovrà proseguire ora bussando alla porta dei singoli destinatari: uno ad uno, con le proprie perplessità, i dubbi. Il timore generato da quel consenso all’abbattimento che va dato in anticipo rispetto al momento in cui si incasserà l’incentivo.



C’è ancora linfa a cavallo tra Brindisi e Lecce: ancora verde color dell’ulivo che fa sperare che debellata la cicalina che veicola il batterio si possa ricominciare a produrre, lasciando il tempo alla ricerca di scovare i rimedi che consentano la guarigione senza rinunciare a un patrimonio secolare. Il sindaco di Torchiarolo ne è convinto: «L’abbandono dei campi è complice di questa deriva, c’è stato un progressivo allontanamento dai campi, dagli uliveti, negli anni scorsi e questo è il risultato. Nulla accade per caso. L’agricoltura è uno dei settori più importanti del nostro territorio, va salvaguardata. Questo è l’unico modo per farlo. Dobbiamo assumerci questa responsabilità, per noi, per i nostri figli, per chi verrà dopo di loro».
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