Xylella, chiesti altri sei mesi di indagini

Xylella, chiesti altri sei mesi di indagini
di Roberta GRASSI
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Mercoledì 22 Giugno 2016, 07:03 - Ultimo aggiornamento: 16:50
Le indagini sulle modalità di diffusione della Xylella fastidiosa, sulla sua reale azione distruttiva per gli ulivi salentini, oltre che sulla gestione dell’emergenza in epoca commissariale, andranno avanti almeno per altri sei mesi: la procura di Lecce ha infatti chiesto la proroga dell’inchiesta in corso, atto già notificato ad alcuni dei dieci indagati.

Il conto riparte dal 17 giugno, data di “scadenza” del primo semestre iniziato con l’iscrizione delle persone coinvolte che a conti fatti risale al 17 dicembre: un giorno prima che venisse disposto ed eseguito il sequestro degli ulivi pugliesi “condannati a morte”, con decreto urgente firmato dalle due pm titolari del fascicolo, Elsa Valeria Mignone e Roberta Licci e dal procuratore della Repubblica, Cataldo Motta, e poi convalidato dal gip Alcide Maritati. Ai proprietari è concessa la facoltà d’uso delle piante: possono quindi occuparsi di tutte le altre (buone) pratiche agricole necessarie.

Per il momento non giungerà alcuna istanza per la rimozione dei sigilli, al contrario di quanto era stato ipotizzato solo qualche giorno fa. Resteranno sotto chiave, sì da impedire ogni eventuale ritorno delle ruspe sui terreni delle province di Lecce e Brindisi, anche alla luce di quanto stabilito dalla Corte di Giustizia Europea che ritiene legittima l’estirpazione piante sane che si trovano nel raggio di 100 metri rispetto a quelle che sono state infettate dal batterio killer “quand’anche permangano incertezze scientifiche”.
 
La procura di Lecce sta valutando attentamente quanto dal Lussemburgo è stato posto nero su bianco in una sentenza pubblicata negli scorsi giorni. I magistrati, comunque sia, avranno altri sei mesi a disposizione per approfondire la questione, da un punto di vista penale, per valutare se vi sono stati comportamenti la cui rilevanza può sfociare in una eventuale richiesta di processo. Non si esclude che possa essere disposta una nuova consulenza tecnica per verificare cosa è mutato rispetto a quanto valutato dagli esperti (Giuseppe Surico e Francesco Rinaldi) nel corso degli accertamenti già eseguiti.

Intanto restano dieci le persone indagate: oltre all’ex commissario straordinario per l’emergenza, Giuseppe Silletti, ci sono Antonio Guario (difeso dall’avvocato Luigi Covella), già dirigente dell'Osservatorio fitosanitario regionale di Bari; Giuseppe D'Onghia, dirigente del servizio Agricoltura della Regione; Silvio Schito, attuale dirigente dell'Osservatorio fitosanitario; Giuseppe Blasi, capo dipartimento delle Politiche europee e internazionali e dello sviluppo rurale del Servizio fitosanitario centrale; Vito Nicola Savino, docente dell'università di Bari e direttore del centro di ricerca “Basile Caramia” di Locorotondo;

Franco Nigro, docente di Patologia vegetale all'Università di Bari; Donato Boscia, responsabile della sede operativa di Bari dell' Istituto per la Protezione sostenibile delle piante del Cnr; Maria Saponari, ricercatrice dello stesso istituto; Franco Valentini, ricercatore dell'Istituto agronomico mediterraneo di Valenzano. Sono i destinatari non solo del provvedimento di sequestro, ma anche della richiesta di proroga che ha valore di informazione di garanzia.
I reati ipotizzati a vario titolo sono di diffusione di una malattia delle piante; violazione dolosa delle disposizioni in materia ambientale; falso materiale commesso da pubblico ufficiale in atti pubblici, falso ideologico, getto pericoloso di cose, distruzione o deturpamento di bellezze naturali. Sarebbero stati commessi nel leccese e zone limitrofe dal 2010 ad oggi.

Per la procura non vi sarebbe alcun nesso causale tra i fenomeni di disseccamento e l’infezione da Xylella fastidiosa. Il fascicolo era stato aperto nell’aprile del 2014 ma nei confronti di persone non identificate.
I sigilli avvolgono ancora oggi tutti gli ulivi per cui vi è stato ordine di rimozione nell’ambito dei programmi di interventi disposti dall’ex commissario straordinario Silletti. Si tratta di beni di proprietà di persone estranee all’inchiesta. Il provvedimento ha validità tanto nella provincia di Lecce quanto in quella di Brindisi. La competenza a indagare è dei pm salentini in quanto il reato più grave, la diffusione di una malattia delle piante, sarebbe stato compiuto laddove per la prima volta si sono osservati sintomi di disseccamento e cioè a Racale, Gallipoli e Alezio.

Secondo i pm il piano Silletti non avrebbe garantito una opportuna tutela degli ulivi, risorsa tanto paesaggistica, quanto storica, naturalistica, turistica e perfino occupazionale. Andava per altro sottoposto a procedura di Vas (Valutazione ambientale strategica). Nel novero degli approfondimenti investigativi figurano anche i rischi per la pubblica incolumità che avrebbe determinato l’attuazione del programma: le combustioni di residui agricoli derivanti da potature a abbattimento di alberi, in particolare nel Brindisino, con conseguenti emissioni di fumi in aria, avrebbero comportato il superamento dei valori limiti di Pm10 (polveri sottili).
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