Xylella, produzione azzerata. Chiudono le coop: «Comparto senza futuro»

Xylella, produzione azzerata. Chiudono le coop: «Comparto senza futuro»
di Maria Claudia MINERVA
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Sabato 6 Maggio 2017, 05:50 - Ultimo aggiornamento: 16:10

La xylella continua a mietere vittime. Non solo gli ulivi. Nel vortice provocato dalla pericolosa epidemia sono capitati anche i produttori olivicoli e i vivaisti; questi ultimi beffati doppiamente perché per colpa del batterio che, è bene dirlo, non colpisce la vite, i Paesi europei ed extraeuropei hanno chiuso le frontiere alle barbatelle, anche a quelle trattate, come ha imposto la Comunità Europea, con la termoterapia. Ma tant’è. Marocco, Libano e Algeria non vogliono più sentire parlare di viti “made in Puglia”, nemmeno se accompagnate col certificato che ne attesta l’immunità.
Alla fine, i vivaisti più coraggiosi hanno deciso di delocalizzare le loro produzioni, come ha fatto Mario Tenore, che due giorni fa ha scritto una lettera di accuse, pubblicata sul nostro giornale, indirizzate alla classe politica «totalmente incapace» ha scritto l’imprenditore «di tutelare le aziende». Prima di lui, è andato via dalla Puglia Luigi Rizzo, settembre il suo vivaio si trova a Bernalda, Comune in provincia della Basilicata. Entrambi i vivaisti, che sono di Otranto, per non chiudere i battenti, mandando all’aria tutti i sacrifici fatti per dare nome e credibilità alle loro imprese, hanno scelto, sebbene a malincuore, di delocalizzare. «La Regione non è stata capace di battere i pugni a Bruxelles - sottolinea Rizzo - per far sì che le barbatelle trattate potessero essere esportate. Invece, non ci sono stati negoziati e i Paesi ci hanno chiuso le porte in faccia. Andare via era l’unica soluzione possibile».
«Stiamo combattendo perché il nostro know-how acquisito in cento anni di storia non vada disperso - commenta il presidente del Consorzio Vivaistico Viticolo Pugliese, Fernando Miggiano, anche lui titolare di un vivaio che ha al suo attivo 25 dipendenti - ma se si continua così le aziende di Tenore e di Rizzo non saranno le uniche a delocalizzare. Nonostante sia stato ampiamente dimostrato che le viti non hanno nulla a che fare con la xylella, come risulta dai tanti test di patogenicità su Negroamaro, Sauvignon e Cabernet, che abbiamo anche fatto fare a nostre spese, i mercati esteri non le vogliono. Per cui noi o ci accontentiamo di vendere le barbatelle in ambito locale oppure dobbiamo chiudere o delocalizzare. L’assessore regionale all’Agricoltura, Leonardo Di Gioia, rispondendo alla lettera di Tenore parla ancora di macchine per la termoterapia, quando ormai è assodato che in Marocco, Algeria e Libano non vogliono nemmeno le barbatelle trattate con la termoterapia. Quindi, di cosa si parla? La verità è che ci sono Paesi europei, come la Francia, la Spagna, la Grecia che stanno facendo sciacallaggio, approfittando della nostra debolezza per conquistare fette di mercato che prima della xylella erano solo nostre».
Il vivaio di Ornella Stefano, invece, sta pensando addirittura di chiudere. «Stiamo valutando seriamente cosa fare del nostro futuro - conferma l’imprenditrice vivaistica di Otranto - per come si presenta la situazione non ci resta che questo. Per me andare fuori è impossibile, perché significa sostenere costi aggiuntivi che non posso permettermi. Tra l’altro ci hanno costretto ad acquistare la macchina per la termoterapia e poi le barbatelle sono rimaste invendute...abbiamo speso altri 50mila euro per niente, aggravando la situazione economica della nostra azienda. La politica dove sta? Hanno promesso senza mantenere nessun impegno».
 
Non va meglio sul fronte dei produttori olivicoli, ormai anche loro alla canna del gas perché gli ulivi secchi non producono più. Ma l’Europa tarda a liberare la Puglia dal divieto di impianto, così in assenza di prospettive future si brancola nel buio. Ad Alezio, Comune nell’hinterland di Gallipoli, a pochi chilometri dall’epicentro del batterio della xylella, c’è la cooperativa olearia “Vinolea”, che ha chiuso, vendendo anche tutti i macchinari. «Tre anni fa avevamo ammodernato tutto, adeguando e comprando nuovi macchinari - racconta il presidente dell’ex cooperativa, Maurizio Dimo - spendendo più di 250mila euro. Poi la xylella ha rovinato tutto, così dopo tre anni di non lavoro abbiamo deciso di chiudere, non senza dolore, giacché la nostra cooperativa, che associava ben 650 produttori, rappresentata la storia del nostro paese. La produzione era azzerata, non potevamo più pagare gli stipendi ai dipendenti...così quest’anno abbiamo deciso di vendere i macchinari, ora stiamo pensando di vendere anche lo stabile...se penso a quello che “Vinolea” era qualche anno fa mi piange il cuore, ma il batterio non ha avuto nessuna pietà e le azioni politiche non sono state capaci di garantirci un futuro».
Anche la cooperativa Acli “Rinascita” di Tuglie quest’anno ha venduto la macchina lineare per molire le olive. «Non c’era più produzione - ha spiegato il vice presidente Giuseppe Pisanello - inutile perdere tempo e denaro.

Una problematica che tocca tutti gli olivicoltori, i danni li stanno subendo tutti».

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