Ilva, tensioni governo-Regione
Appello Pd: dialogo, non guerra

Ilva, tensioni governo-Regione Appello Pd: dialogo, non guerra
di Francesco G. GIOFFREDI
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Mercoledì 21 Settembre 2016, 08:57 - Ultimo aggiornamento: 10:31

La Corte d’Assise, i giudici costituzionali e la giustizia europea: Michele Emiliano promette di macinare chilometri e ostacoli, come un caterpillar. «L’atteggiamento sul caso Ilva cambia completamente», ha scandito il governatore pugliese. Più che una minaccia per alzare la posta politico-istituzionale nella partita col governo, è il trailer della strategia messa a punto dalla Regione in queste ore per far saltare il banco e smascherare le crepe giuridiche e concettuali dei dieci decreti “Salva Ilva”: gli ultimi vertici con i legali stabiliranno quale percorso imboccare, se cioè passare dalla Corte d’Assise oppure se impugnare direttamente davanti alla Consulta. Eventualmente, è la tesi del governatore, «bisogna fermare la produzione in assenza di sicurezza degli impianti». A stretto giro Emiliano potrebbe così formalizzare la mossa sul piano giudiziario, fermo restando che solo l’ultimo decreto è direttamente “aggredibile”.

Una posizione intagliata nella pietra, spigolosa, che ovviamente scatena tensioni e imbarazzo nel Pd. Con inviti al dialogo, al confronto, all’alleanza col governo: appelli a firma di parlamentari e consiglieri regionali. «L’ambientalizzazione è possibile solo se lo stabilimento funziona», ha già spiegato il viceministro dello Sviluppo economico Teresa Bellanova. Aggiungendo: «Se Emiliano pensa che l’Ilva vada chiusa, lo dica. Ma con altrettanta chiarezza dica poi come intende rispondere a oltre 15mila lavoratori». Netta è l’analisi di Federico Massa, deputato Pd e relatore del precedente decreto: «Sono sorpreso dalla posizione di Emiliano. Nulla nei decreti approvati dal Parlamento copre, giustifica o rende possibile ciò che è accaduto nell’Ilva. È l’opposto: si è messo in moto un procedimento che mira a individuare risorse che sulla base di ambientalizzazione e sicurezza siano in grado di trasformare quella fabbrica. È singolare che il governatore non riconosca che attraverso quei decreti l’Ilva è stata sottratta ai Riva, cioè a coloro in quali l’hanno messa in quella condizione. Ora però le risorse necessarie si trovano solo non interrompendo il ciclo produttivo, ecco è perché è privo di senso voler bloccare gli impianti. Ed privo di senso collegare tutto ciò alla conversione a gas: quest’ultima sarà realizzata proprio con i piani industriali presentati al governo, a prescindere dal punto di approdo del gas».

La strategia d’attacco giudiziario della Regione ai decreti “Salva Ilva” si focalizza su due aspetti: la presunta marginalizzazione degli uffici regionali nel valzer di verifiche e controlli previsti dall’Autorizzazione integrata ambientale; e il mancato rispetto, nella sostanza, del cronoprogramma di interventi e prescrizioni fissato sempre dall’Aia. «La prima sentenza della Corte costituzionale - aggiunge Massa - non ha individuato profili di incostituzionalità del primo decreto. I procedimenti per Ilva sono statali, e in quest’ambito la Regione esprime pareri e valutazioni. Detto ciò, è evidente che l’Aia debba essere rispettata, ma siccome si va verso una modifica della struttura produttiva con una riconversione del ciclo, c’è bisogno di tempi tecnici. Altrimenti si fa la fine di Bagnoli: tutto chiuso, e niente bonifiche».

Prova a mediare invece il tarantino Michele Mazzarano, capogruppo Pd in Consiglio regionale: «La sentenza di Bellinzona è uno spartiacque: la fine della speranza che lo Stato potesse fare fronte alla bonifica con gli 1,2 miliardi sequestrati ai Riva dalla Procura di Milano ha rappresentato l’inizio di una parabola discendente. La irrisorietà degli interventi Aia, l’assenza tra questi della copertura dei parchi minerali, il ricorso alla messa in vendita e l’inedorabile percorso della decretazione ha messo la vicenda Ilva fuori controllo. Se a questo si aggiunge che i dati registrano aumento di morti e neoplasie, il quadro diventa drammaticamente allarmante. Ha fatto bene Emiliano a battere un colpo, anche perché la morte di Giacomo Campo ha sconvolto le coscienze di tutto il Paese, i dati sulla reciprocità tra livelli di produzione-inquinamento-morte sono terrificanti. Ma - avverte Mazzarano - in fondo al tunnel non c’è soluzione perseguendo la strada del conflitto tra istituzioni.

Dobbiamo continuare comunque a farci guidare dalla bussola del dialogo, della collaborazione. Il governo sbaglia a non ascoltare il grido d’allarme della Puglia, noi sbaglieremmo se immaginassimo che può esistere una soluzione che non tenga assieme tutela della salute e salvaguardia del lavoro». Insomma: ricorrere contro i decreti non è la miglior strada. Ma il governatore non vuol mollare di un centimetro.

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