La priorità: edifici sicuri
Ma in Puglia la legge è ferma

La priorità: edifici sicuri Ma in Puglia la legge è ferma
di Francesco G. GIOFFREDI
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Venerdì 26 Agosto 2016, 09:42 - Ultimo aggiornamento: 16:09

Tra stallo e caos. L’intreccio di norme inadeguate o inattuate, vincoli, mappature parziali, incentivi timidi è un involontario alleato del disastro. La terra trema, le certezze vacillano e il passato a quanto pare non è mai un buon maestro. L’Italia è uno dei Paesi a maggiore esposizione sismica del bacino Mediterraneo, ma la legislazione “di tutela” è tutto sommato recente, oltre che in molte ramificazioni del tutto inapplicata. Non solo: il patrimonio edilizio è datato (il 50% degli edifici è stato costruito prima del 1974) e raramente ha beneficiato di robusti interventi di adeguamento strutturale. Negli spazi (pochi) concessi dalle barriere normative nazionali s’incuneano le ulteriori leggi regionali: la Puglia ha già reso obbligatoria (sei anni fa) la progettazione antisismica anche nelle aree caratterizzate come “zona 4” (il gradino più basso nella scala di rischio); tuttavia, la legge sul cosiddetto “fascicolo di fabbricato” (in sostanza, la carta d’identità di un edificio) è congelata. Approvata due anni fa dal Consiglio regionale, è stata successivamente abrogata perché il governo aveva deciso d’impugnarla per presunti vizi di compatibilità costituzionale.

Il fascicolo di fabbricato non sarebbe certo l’antidoto a ogni male e ad ogni scossa mortifera, ma di certo contribuirebbe a imporre verifiche statiche più stringenti e certificazioni rigorose, innanzitutto per le nuove costruzioni (già sottoposte alla normativa vigente) e in parte anche per le vecchie, con inagibilità e sgombero per gli immobili ritenuti a rischio e non “revisionati”. «La legge - analizza Fabiano Amati, ex assessore regionale alle Opere pubbliche, oggi consigliere regionale e tra i maggiori promotori del provvedimento - andrebbe recuperata quanto prima, inserendo le correzioni suggerite dall’impugnativa del governo». Un messaggio al governatore Michele Emiliano e all’intero Consiglio. Amati peraltro rilancia un tema affatto marginale: la concreta compatibilità tra interventi di messa in sicurezza e vincoli storico-architettonici: «Ora tutti propongono di adeguare gli immobili alla più moderna normativa antisismica. Soprattutto quelli dei fragili centri storici. Giusto. Però mi chiedo: nell'odierno regime esasperato dei vincoli, dove al più è consentito il restauro e il risanamento conservativo, quale autorità amministrativa autorizzerà i lavori di adeguamento strutturale di quegli immobili? Siamo consapevoli del fatto che l’adeguamento strutturale comporta interventi ben più incisivi del restauro? Quale sovrintendenza darà il via libera a ciò che in queste ore si invoca?».

Il fascicolo di fabbricato è solo un esempio, ma emblematico. Tra geologi, ingegneri, costruttori in queste ore è un impetuoso fermento di denunce e proposte. Solo nel 2003, dopo il terremoto di San Giuliano di Puglia, è stata adottata una normativa che elimina dalla mappatura sismica le zone non classificate: oggi, la già citata “zona 4” è bollinata come area in cui i terremoti sono “rari”, ma non impossibili. Larga parte delle province di Brindisi, Lecce e Taranto è “zona 4”, sono invece 68 i Comuni pugliesi (tutti tra Bat e Foggia) contrassegnati da “zona 1” e “zona 2”. «Ma va prestata molta attenzione alla sismicità di tutta la Puglia, e la classificazione meriterebbe un aggiornamento», ammoniscono i geologi pugliesi.

Il punto di rottura è l’adeguamento dell’edilizia pubblica e privata. «Per la messa in sicurezza del patrimonio abitativo degli italiani da eventi sismici medi» il costo complessivo è «pari a circa 93 miliardi di euro», spiegano dal Consiglio nazionale degli ingegneri. Il complesso delle abitazioni residenziali «si presenta particolarmente vetusto e, per questa ragione, potenzialmente bisognoso» di interventi: circa «15 milioni di case (più del 50% del totale) sono state costruite, infatti, prima del 1974, in completa assenza di una qualsivoglia normativa antisismica». E, inoltre, almeno «4 milioni di immobili sono stati edificati prima del 1920 e altri 2,7 milioni prima del 1945». Secondo i professionisti, la quota di immobili da recuperare, sulla base dell’esame dei danni registrati alle abitazioni de L'Aquila e delle condizioni del patrimonio abitativo raccolte dalle indagini censuarie, «è pari a circa il 40% delle abitazioni del Paese, indipendentemente dal livello di rischio sismico». Il governo ha nel tempo puntato sull’adeguamento sismico volontario, nelle zone 1 e 2, attraverso la detrazione del 65% per i lavori di antisismica, per il momento in vigore fino al 31 dicembre prossimo.

«Per gli edifici pubblici c'è ormai una conoscenza dello stato e delle problematiche sismiche quasi completa ma manca del tutto per gli edifici privati e servirebbe un piano nazionale antisismico per la messa in sicurezza dei fabbricati più vecchi», ha detto Armando Zambrano, presidente del Consiglio Nazionale degli Ingegneri, aggiungendo: «Stiamo pensando di ripresentare la proposta per il fascicolo del fabbricato».

Per poter intervenire sugli edifici esistenti serve una normativa più snella di quella attuale, ribadisce Zambrano, e che «contenga una politica di incentivi anche al singolo, come il bonus energetico, legata però al completamento dell’intero stabile, e che consenta interventi progressivi». Intanto Confedilizia invoca «politiche di incentivazione, soprattutto fiscale, degli interventi di tutela del patrimonio immobiliare», ma dice no a «improbabili certificati o a proposte bocciate dalla storia come il fascicolo di fabbricato». Insomma: il cammino sembra già in salita. Benvenuti sull’ottovolante.

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