L'intervista a Piraino, prof di Biologia animale: «Ricci di mare, giusto vietare la pesca. Ma non basta e la situazione è drammatica»

L'intervista a Piraino, prof di Biologia animale: «Ricci di mare, giusto vietare la pesca. Ma non basta e la situazione è drammatica»
di Serena COSTA
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Venerdì 16 Febbraio 2024, 08:28

«Il grande successo diventerà concreto solo se ci sarà un'azione che andrà a supporto della legge regionale che tutela il riccio di mare: occorrerà non solo un monitoraggio da parte degli organi preposti, come la guardia costiera, ma serviranno anche appositi studi scientifici non episodici». Non ha dubbi Stefano Piraino, professore di prima fascia di Biologia animale e antropologia dell'UniSalento, che rimarca la necessità di impedire abusi che continuano ad avvenire nonostante i divieti siano già vigenti da quasi un anno.

Professor Piraino, cosa è emerso dai vostri monitoraggi sui fondali marini pugliesi?
«Nel 2023, Unisalento e Arpa Puglia hanno compiuto un monitoraggio della popolazione del riccio di mare lungo tutta la Puglia su oltre 30 transetti di rilevamento, attraverso il progetto "Il pescatore ecologico". I rilevamenti hanno riguardato le coste pugliesi, coinvolgendo 26 siti costieri: Isole Tremiti, Capoiale, Vieste, Mattinata, Barletta, Molfetta, Bari Trullo, Mola di Bari, Monopoli, Forcatelle, Villanova, Torre Guaceto, Punta Penne, Casalabate, San Foca, Alimini, Tricase, Punta Ristola, Ugento, Santa Caterina, Sant'Isidoro, Torre Inserraglio, Torre Colimena, Campomarino, San Vito, Isole Cheradi), oltre a 6 porti pescherecci tra i più importanti in Puglia (Manfredonia, Molfetta, Mola di Bari, Gallipoli e Taranto). Da questa indagine è emersa una situazione analoga a quella riscontrata in Sicilia, ovvero la quasi eradicazione del riccio. Una situazione drammatica».
La scomparsa del riccio può avere effetti anche sulle altre specie marine?
«Certo. Non si tratta, infatti, solo di una questione di pesca o di alimentazione: il riccio svolge una preziosa funzione ecologica. Si pensi che un singolo riccio riesce a liberare fino a 10 milioni di uova e, se pensiamo che un pescatore arriva a catturare anche mille ricci alla volta, vanno via 100 milioni di potenziali ricci. Ovviamente, è bene sottolineare che solo alcune delle uova sono fecondate, ma è altrettanto importante sapere che le uova non fecondate sono consumate da tanti altri organismi, in maniera diretta o indiretta. Prima di tutto, i piccoli ricci sono mangiati dai saraghi, così come da tanti altri pesci. Le uova decomposte, poi, diventano batteri per le spugne per i mitili: di fatto, ogni volta che è presente una molecola organica nell'ecosistema, essa è una risorsa per qualche altro organismo».
Si può prevedere che impatto avrebbe sull'ecosistema la totale scomparsa del riccio?
«Purtroppo non sono ancora immaginabili gli effetti della sua scomparsa».
Saranno effettuati monitoraggi in questi due anni di fermo pesca?
«Stiamo redigendo un progetto con cui valutare questa risorsa e seguirla nel tempo, per capire come i divieti possano favorirne il ripopolamento, continuando a collaborare con Arpa Puglia. I monitoraggi dovrebbero essere continui e ripetuti anche quest'anno e nel 2025. Inoltre, vorremmo proporre un apposito programma di ripopolamento, attraverso la fecondazione in laboratorio delle nostre specie superstiti, che sarebbero allevate sempre da noi e poi reimmesse nel mare, una volta diventate adulte. Queste attività sarebbero svolte nel Centro nazionale della biodiversità di Unisalento, che è l'unico ateneo coinvolto nello studio della biodiversità marina delle coste italiane.
Ma i controlli dovranno riguardare anche chi pesca abusivamente.
«È necessario un controllo da parte delle forze dell'ordine, affinché ci sia il rispetto della moratoria: oggi continuiamo a vedere pescatori abusivi che agiscono indisturbati purtroppo».
S.Cos.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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