Mentre la stagione agricola prosegue i suoi spostamenti tra una provincia e l’altra, seguendo i tempi della produzione, le indagini sulla morte dei braccianti che hanno listato a lutto l’estate agricola pugliese proseguono senza sosta.
Da ieri sono infatti saliti a tre gli indagati per la morte di Paola Clemente (nella foto), la 49enne di San Giorgio Jonico morta mentre lavorava all’acinellatura dell’uva in un’azienda agricola di Andria, lo scorso 13 luglio.
Oltre al titolare dell’azienda, Luigi Terrone, uno dei responsabili della Ortofrutta Meridionale per conto della quale la donna stava lavorando dopo essere stata assunta da un’agenzia interinale.
Per conoscere i risultati dell’autopsia, eseguita ieri pomeriggio nel cimitero di Crispiano, sarà invece necessario attendere i risultati gli esami istologici e tossicologici. Dopo l’esumazione della salma, infatti, il corpo della donna in avanzato stato di decomposizione non ha consentito un’autopsia approfondita che potesse fornire le prime risposte immediate. Solo i test, per cui saranno necessarie alcune settimane, potranno dunque stabilire le eventuali connessioni con il lavoro nei campi e l'utilizzo di fitofarmaci. Agli accertamenti medico-legali parteciperanno come consulenti di parte il professor Francesco Introna per gli indagati, e Biagio Solarino per la famiglia della vittima.
Restano invece tutt’ora gravi, nell’ospedale di Potenza, dove è ricoverato da due settimane, le condizioni di Arcangelo De Marco, anche lui di San Giorgio Jonico, finito in coma dopo un malore in un primo momento ipotizzato nelle stesse campagne andriesi dove lavorava Paola, poi a Metaponto.
Sulla vicenda e il giallo nato attorno alla collocazione precisa del bracciante al momento del malore ha infatti aperto un’indagine conoscitiva anche la Procura di Matera. Il caso di Paola Clemente non è stato l’unico dell’estate nera del lavoro pugliese. Il suo decesso, infatti, è stato seguito pochi giorni dopo (il 21 luglio) da quello di un bracciante sudanese, avvenuto nelle campagne tra Nardò e Avetrana, Mohamed Abdullah, che lavorava nei campi di pomodoro senza contratto. Il terzo caso è quello del tunisino Zacaria Ben Hasine, morto il 6 agosto a Polignano a Mare. È stato il marito di Clemente, Stefano Arcuri, ha sporgere denuncia e chiedere di «conoscere la verità», facendo partire l’indagine madre. Sulla questione è intervenuto anche il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina: «Il caporalato in agricoltura è un fenomeno da combattere come la mafia - ha dichiarato - e per batterlo occorre la massima mobilitazione di tutti: istituzioni, imprese, associazioni e organizzazioni sindacali».
Ieri intanto, le verifiche effettuate hanno permesso di pizzicare un’azienda di Andria con metà dei braccianti al lavoro in nero. Il presidente di Confagricoltura Puglia, Umberto Bucci, ha però spezzato una lancia a favore delle aziende. «Confagricoltura Puglia ribadisce il proprio impegno nella lotta al caporalato e a ogni forma di illegalità, ma chiede con forza che le aziende agricole pugliesi non siano indistintamente criminalizzate».