Inchiesta "grandi opere", affari sulle Sud Est. Vendola: ministro indifferente alle segnalazioni

Inchiesta "grandi opere", affari sulle Sud Est. Vendola: ministro indifferente alle segnalazioni
di Paola ANCORA
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Martedì 17 Marzo 2015, 16:10 - Ultimo aggiornamento: 16:38
LECCE - Tangenti sulle Grandi Opere. Enormi quantità di denaro sarebbe state ottenute gonfiando gli appalti, per poi essere trasferite sui conti di società private e nei portafogli di amici e sodali di questo o quel dirigente pubblico e imprenditore.

Il “Sistema” scoperto dai carabinieri del Ros e dalla Procura di Firenze avrebbe abbracciato per anni anche le Ferrovie Sud Est e chi le ha amministrate, falsandone le gare d’appalto o affidando direttamente agli “amici” incarichi e piccoli lavori. Nell’elenco dei 51 indagati dell’inchiesta compare anche il nome di Luigi Fiorillo, tarantino e amministratore unico della società, finito già al centro dell’inchiesta della Procura di Bari sulla presunta frode dei treni acquistati a pochi soldi dalla Germania, rivenduti e poi riacquistati dalla Polonia per 22 milioni di euro. E c’è il nome di Luciano Rizzo, ingegnere e responsabile del servizio Gare e Appalti delle Fse. Entrambi sono indagati per turbativa d’asta.



Le perquisizioni: spunta De Santis. I carabinieri hanno perquisito l’abitazione di Rizzo e il suo ufficio, acquisendo documenti e computer. E, a Maglie, hanno poi bussato alla porta dell’imprenditore Roberto De Santis (considerato vicino a Massimo D’Alema), che al momento non è iscritto nel registro degli indagati. Originario di Martano, il nome di De Santis è comparso nelle inchieste più scottanti degli ultimi anni: da quella sul piduista Luigi Bisignani a quella relativa al giro di escort e d’affari di Gianpaolo Tarantini, a Bari, passando per la sanità pugliese.

I Ros hanno proceduto al sequestro di tablet e telefoni cellulari di De Santis, nei quali, secondo la Procura, potrebbero essere contenute informazioni utili alle indagini.



Il ruolo di Incalza. Secondo gli inquirenti fiorentini, architrave del sistema di corruttele e gare pilotate è stato per anni Ettore Incalza, in manette, ex dirigente del ministero delle Infrastrutture, oggi consulente del ministro Maurizio Lupi e commissario dell'azienda Fse dagli anni Ottanta ai primi Duemila. Con Fiorillo al timone, in quattro anni, Fse avrebbe pagato alla Green Field Systems dell’imprenditore Sandro Perotti, sodale di Incalza, ben due milioni di euro per diversi incarichi.

Il “grimaldello” che Incalza e Perotti avrebbero usato per rastrellare denari gonfiando gli appalti – secondo la Procura di Firenze - è una norma della Legge Obiettivo che affida all’impresa che si aggiudica una gara d’appalto, e non alla Pubblica amministrazione, la scelta del direttore dei lavori. Questa norma – come scrive il gip Angelo Antonio Pezzuti nell’ordinanza di custodia cautelare – ha assicurato al vincitore della gara che «l’importo di aggiudicazione si dovesse ritenere solo indicativo, una cifra di partenza su cui calcolare rialzi già tacitamente concordati (…) fino a lievitazioni davvero sorprendenti». In questo modo Incalza riusciva a garantire a Perotti e alla sua Green Field gran parte dei lavori di progettazione e direzione lavori delle Grandi Opere.



In Puglia, Perotti avrebbe puntato a ottenere per l’impresa Speno SA del cognato Daniel Mor, i lavori di molatura delle rotaie di un tratto ferroviario delle Sud Est. Rizzo – è scritto nell’ordinanza del gip Pezzuti – avrebbe suggerito ai collaboratori di Perotti come proporsi a Fse per ottenere incarichi di progettazione e di monitoraggio dei cantieri per la molatura.

Ma i collaboratori di Perotti avrebbero commesso poi un errore, inviando a Fse una lettera per accettare il servizio di molatura, nonostante Fse non avesse ancora formalizzato la proposta. A quel punto, dalle intercettazioni telefoniche, emergerebbe come Perotti sia intervenuto su Ferrovie Sud Est, facendo contattare Rizzo e riuscendo, proprio grazie al dirigente salentino, a ritirare l’offerta e a cancellare le tracce dei presunti accordi presi per l’affidamento dei lavori.



Dopo l’inchiesta barese e quella, parallela, avviata dalla Corte dei Conti - che ha sequestrato 11 milioni di beni a Fiorillo e a un altro dirigente di Fse - un nuovo terremoto giudiziario si abbatte sulla società del ministero, mentre la Puglia e il Grande Salento attendono l’annunciata elettrificazione della rete ferroviaria. Costerebbe 100 milioni di euro da Martina Franca a Leuca. Risorse da recuperare «fra i risparmi e le spese inefficienti del capitolo “Grandi opere” previsto nel decreto “Sblocca Italia”», recitava a ottobre un emendamento al decreto firmato dal Pd. Quei soldi, però, non sono mai arrivati a destinazione.



Vendola. «Io ricordo la mortificazione con cui ho registrato l'indifferenza del ministero delle Infrastrutture ogni volta che abbiamo proposto una ricognizione della realtà delle Ferrovie Sud Est. E che quella fosse una pentola piena di cose strane e opache a me era evidente», ha detto il leader di Sel e presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola. «Il proprietario delle Fse, cioè il ministero delle Infrastrutture, non ha mai avuto - secondo Vendola - la solerzia di scoperchiare quella pentola e di scoprire il verminaio che lì dentro c'era. Ora, l'auspicio è che le conseguenze di questo verminaio non precipitino sulle spalle di quei lavoratori». Più in generale, soffermandosi sulle inchieste e gli arresti legati alle grandi opere in Italia, Vendola ha poi spiegato che si tratta del «disvelamento di una corruzione che abita nel cuore dello Stato. Credo che bisognerà evitare questa volta di abbandonarsi a proclami moralistici. C'è l'urgenza e la necessità di radiografare la vita e la resistenza di questo sistema corruttivo che riguarda soprattutto le grandi opere, il cui modello in genere è un modello di tipo emergenziale che procede con lo stile della deroga». «Dalle cose che si leggono - ha detto ancora - lo dico con tutta la cautela, perché poi le posizioni individuali devono essere vagliate dai giudici nei luoghi opportuni, si ha come l'impressione che il trasversalismo della politica in qualche maniera alimenti il mercato della corruzione».
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