Fse, il monumento allo spreco in attesa di pronto riscatto

Fse, il monumento allo spreco in attesa di pronto riscatto
di Paola Ancora
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Mercoledì 25 Novembre 2015, 10:37 - Ultimo aggiornamento: 10:39

“Veramente ci sono nuovi amministratori?”, “vedrai che ora ci aiuteranno a rimetterla in sesto questa azienda qui”, “non si poteva certo andare avanti così, col cappello in mano a chiedere anche solo un pezzo di ricambio”. Un battito di ciglia e la notizia della rimozione dell’amministratore unico di Ferrovie Sud Est Luigi Fiorillo, decisa dall’assemblea straordinaria dell’azienda ieri a Roma, ha fatto il giro di Puglia, arrivando anche nelle case e negli uffici dei dipendenti della società del ministero dei Trasporti. In tutto milletrecento.

Quotidiano ne ha incontrati molti, nell’ultimo mese. Ha parlato e conosciuto gli autisti dei bus che con coraggio e prontezza di riflessi hanno impedito agli incendi improvvisi e sempre più frequenti a bordo dei mezzi Fse – l’ultimo su un bus che attraversava il centro di Taranto pochi giorni fa – di trasformarsi in tragedia. Ne abbiamo incontrati a bordo dei treni Sud Est, «a soffrire il caldo d’estate e il freddo d’inverno» ci hanno detto, e a guidare convogli che correvano lungo i 474 chilometri della ferrovia regionale più estesa d’Italia quando la maggior parte dei ministri dell’attuale Governo non era ancora stata messa al mondo. Abbiamo ascoltato le voci di macchinisti, capotreni e bigliettai e poi abbiamo messo ai piedi le scarpe dei tanti studenti, degli operai e dei turisti che si muovono sui treni Sud Est per raccontare insieme a loro cosa è diventata questa società di trasporti, indagando come e per responsabilità di chi Fse si è trasformata in un moderno Gargantua mai sazio, capace di mungere milioni e milioni di euro senza restituire al territorio «il benché minimo servizio, davvero nemmeno l’indispensabile». Sono parole, queste, del senatore Francesco Bruni. Insieme con lui e ai parlamentari Dario Stefàno, Diego De Lorenzis, Maurizio Buccarella e Salvatore Capone, abbiamo raggiunto Zollino da Lecce.

Un viaggio andata e ritorno, in poco più di un’ora, perché valutassero di persona come sono costretti a viaggiare migliaia di pugliesi ogni giorno. Quel viaggio si è poi tradotto in un’interrogazione parlamentare e nella proposta di un tavolo congiunto in prefettura o in Provincia per stilare un elenco di priorità da affrontare e da sottoporre al nuovo Consiglio di amministrazione. Proposta alla quale - va sottolineato - ancora non è stato dato seguito, nonostante la vera partita di rilancio delle Sud Est cominci ora, dopo il cambio della guardia al timone della società sulla quale grava il peso di oltre 250 milioni di debiti.

Servirà denaro, per rimettere in sesto Fse. E serviranno certamente un programma di rientro del debito e un piano industriale, una prospettiva alla quale guardare per trasformare una ferrovia fuori dal tempo che accompagna i viaggiatori su e giù per quattro province in una moderna metropolitana di superficie. Efficiente, puntuale, confortevole, come la privata Ferrotramviaria che serve la provincia di Bari fino a Barletta e macina utili al ritmo di 10 milioni all’anno solo con lo sbigliettamento. Fse, invece, ha oggi gli incassi da ticket più bassi d’Italia. E c’è poco da stupirsi.

Due ore di viaggio da Gagliano del Capo a Lecce. Lo stesso tempo che ci si impiega per andare da Siviglia a Madrid, in tutto 450 chilometri. E il doppio di quanto serva, invece, a raggiungere Lione da Parigi, circa 460 chilometri. A Leuca, l’immagine colpisce nel segno: ormeggiato lo yacht, non c’è altra scelta che salire a bordo di una “diligenza” costruita cinquant’anni fa. Sedili di pelle rattoppata, finestrini e pavimenti sudici, bagni impraticabili. Il copione è lo stesso per raggiungere la bella Otranto da Lecce. Ottantacinque minuti a bordo di littorine che non concedono ai viaggiatori neanche la consolazione del paesaggio, invisibile con le sue pagghiare, gli ulivi e i muretti a secco da finestrini che anelano da troppo tempo un colpo di spugna. I turisti scuotono la testa: non conoscono la nostra lingua, ma riconoscono la sciatteria che è linguaggio universale, come la matematica e l’amore.

A loro, ai turisti, Ferrovie Sud Est offre un programma di corse che sembra scritto dalla penna dispettosa di un folle: due minuti di coincidenza fra una corsa e l’altra, in qualche caso tre. Non un display elettronico, un cartello in lingua inglese. Americani, australiani, francesi: ne abbiamo incontrati in stazione, a Lecce. Si orientano a mala pena, mentre il personale Fse si improvvisa pastore di un gregge di persone in attesa sui binari, senza saper dire dove esattamente arriverà il treno giusto e cerca di dar loro indicazioni, alzano la voce e sillabando le parole. Il Salento del turismo non esiste, non corre lungo questi binari: treni e servizi sono pensati per i pendolari. E nemmeno per loro funzionano a dovere.

«A Lecce – ci ha raccontato uno dei responsabili Fse – ci sono dodici convogli, quando ce ne servirebbero 18 per garantire il programma giornaliero». Così è sufficiente che si guasti anche solo un treno e saltano le corse: svanisce il Lecce-Gagliano, evapora il treno diretto a Gallipoli. E i guasti, neanche a dirlo, «sono molto frequenti», come del resto lo sono gli acciacchi su una persona anziana che non ha mai conosciuto né conosce riposo. Peccato, invece, che ci siano carrozze nuove di zecca, acquistate con denaro pubblico, e ferme da anni nelle officine di Fse. Sette si trovano a Gallipoli e Quotidiano le ha fotografate: «Non ci sono locomotori cui agganciarle» ha raccontato un dipendente.

Un monumento allo spreco, un’offesa ai cittadini che pagano le tasse e sono costretti da anni ad affrontare un’ora e un quarto di viaggio in treno da Gallipoli o da Martina franca al capoluogo salentino su convogli indecorosi, molti dei quali viaggiano a gasolio. Un’offesa, ancora, per tutti quegli studenti che si muovono sugli autobus Sud Est, stretti come sardine. Alcuni di loro, neanche un mese fa, sono stati costretti a chiamare i carabinieri per denunciare i disservizi delle linee. Bus vecchi, in qualche caso vecchissimi, usurati e ormai anche poco sicuri, come dimostrano le fiamme che divampano spesso e volentieri dal vano motore mentre il pullman è in corsa.

Ora Ferrovie Sud Est volta pagina. Questa è la speranza del territorio, che non si accontenterà di avere nomi e volti nuovi ai quali chiedere un servizio di trasporto efficiente che accompagni la sua crescita e i suoi sogni. Ma solleciterà tutti gli interventi necessari a trasferire la società dal binario morto sul quale è finita in questi anni a nuovi binari, quelli della metropolitana di superficie attesa da decenni. La strada, insomma, è ancora lunga.

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