La parola ai candidati/Dario Stefàno: «Adesso la fase-2 del decennio»

La parola ai candidati/Dario Stefàno: «Adesso la fase-2 del decennio»
di Francesco G. GIOFFREDI
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Lunedì 24 Novembre 2014, 11:29 - Ultimo aggiornamento: 5 Dicembre, 17:35

Scudo e corazza, per rintuzzare l’attacco di chi - anche nello stesso centrosinistra - vorrebbe ammaccare un decennio di governo vendoliano. E poi la spada, per affondare il colpo e rilanciare. Perché il cantiere, secondo Dario Stefàno, non può e non deve chiudere. Anzi: i risultati di questi anni («tanti, la Puglia è cambiata») devono essere preservati, esaltati, implementati, e il metodo di governo va puntellato, ma non rivoluzionato. Com’era nelle premesse della stessa candidatura alle primarie, il senatore salentino che del mondo vendoliano è l’espressione più atipica (o perlomeno fuori dal rigido canone della sinistra d’antan) vuol innanzitutto riallacciarsi all’esperienza di Nichi Vendola.

Ma non era meglio restare in Senato, invece di imbattersi in un’avventura piena di incognite?

«C’era la necessità di difendere il valore dell’esperienza di questi anni. La Puglia ha bisogno di essere governata con responsabilità e autonomia. In questi anni abbiamo fatto sforzi straordinari: abbiamo riconfigurato un modello di sviluppo, che come architrave principale deve avere il paesaggio, l’ambiente, la bellezza dei luoghi. E le gambe di ciò sono l’agricoltura, la cultura, il turismo, il territorio. Sono gambe che danno maggiore stabilità e prospettiva, senza comunque negare l’esistenza dell’industria, ma senza nemmeno guardare alla modernizzazione del sistema solo attraverso la conversione dell’industria, come fatto fin qui. Prima l’idea era di liberarci delle nostre autoctonie, investendo solo su una gamba: il progetto industriale. E laddove questa idea s’è insediata di più, ha creato danni straordinari. Sento allora la responsabilità che la Puglia non regredisca e consolidi questa idea di sviluppo che comincia a darci risultati positivi».

Lei insiste sul valore della continuità e dei risultati prodotti. Ma non rischia d’essere un boomerang puntare sulla riproposizione di un modello - quello vendoliano - che è andato a consunzione fisiologica dovuta al tempo?

«Voglio proporre non quanto fatto in dieci anni, ma le azioni consequenziali. Sarà una fase2. In cosa devo essere discontinuo? Negli aeroporti della Puglia che passano da 1 milione di passeggeri a 8,5 milioni? Nel turismo che passa da chimera e essere sistema attrattivo? Nelle politiche sociali che nel 2005 ricevevano un sostegno pro capite di 2 euro e che oggi invece sono un punto di riferimento? Io devo essere continuo, chiaramente non riproponendo le stesse cose».

Ma ci sono ambiti in cui più che una fase2 è richiesta una maggiore spinta propulsiva e migliorativa? Dalle vertenze ambientali alla sanità ci sono fascicoli mai chiusi, o nemmeno aperti.

«Ci sono settori sui quali ci giochiamo la partita, ma possiamo farlo solo ora perché nel 2005 non era possibile.

Penso alla sanità: dieci anni fa avevamo un sistema inesistente, che aveva la necessità di un riordino, di sanarsi nella sua sostenibilità finanziaria, incapace di erogare prestazioni. Siamo stati chiamati a fare uno sforzo straordinario, con un Piano di rientro rigidissimo al quale non potevamo non aderire, con vincoli su posti letto e turn over. La fase2 è cominciata ora e abbiamo il dovere di proseguire».

E quanto alla governance delle Asl, i manager in scadenza devono essere nominati subito da questa giunta, o spetta al futuro governatore?

«Non è un passaggio fondamentale. Conta che i dg siano nominati cercando di rispondere a esigenze di qualità. Il sistema di selezione in campo è innovativo e funziona, e ritengo che il presidente debba esercitare fino all’ultimo giorno le sue prerogative: questo ci permetterebbe di uscire dalla logica in base alla quale se nominati da Vendola i manager rispondono solo a quello che lui dice».

C’è da recuperare la connessione della Regione, e del centrosinistra, con i pugliesi?

«Accade sempre che nel secondo mandato si possa sentire meno intensa questa connessione. Ma se tutte le previsioni danno il centrosinistra in vantaggio per le regionali, è perché si è rotta la connessione con i cittadini, o perché questi si riconoscono in un modello di governo?».

O, semplicemente, c’è in Puglia un centrodestra troppo evanescente o in grande ritardo...

«Il centrodestra potrebbe trovare modo di costituirsi in Puglia proprio in funzione di questo, trovando il collante nell’esigenza di proporre un’alternativa. Per quanto ci riguarda, c’è da riannodare la matassa intorno all’affermazione dell’orgoglio di quel che è stato fatto e che resta. Se in ogni settore facciamo lo sforzo di mettere affianco la Puglia del 2004 e quella del 2014, allora il cambiamento è innegabile. Che poi si debba migliorare appartiene a noi, ma solo se manteniamo stesso indirizzo e stessi partner: con noi dev’esserci gente che la pensa come noi, non possiamo fare passi indietro».

Insomma: lei non ci sta ad allargare la coalizione, come magari vorrebbe Emiliano, nemmeno a chi vuol condividere un percorso e un programma?

«Io non ho bisogno di allargare la coalizione con personalità che vengono con noi solo perché il centrosinistra è dato in vantaggio, e che non mi pare abbiano la nostra stessa idea di sviluppo, diritti, società. Voglio invece allargare l’elettorato, come Vendola nel 2005 e nel 2010, e non ho bisogno di imbarcare classe dirigente in questi anni critica con la nostra esperienza e le nostre scelte».

Spesso le viene rimproverato di essere un vendoliano “atipico”. Quanto le pesa?

«Lo considero uno degli elementi di particolare innovazione di Vendola: ha saputo mettere in campo un’esperienza che ha consentito a più mondi di contaminarsi. Io ho avuto tanto da questa esperienza e dallo stare accanto a Nichi. E credo di aver dato tanto al governo pugliese».

Pentito di aver lasciato la Regione anzitempo?

«L’idea dei candidarmi a governatore è maturata quando ho visto questo cortocircuito che c’è tra l’idea di Puglia che si respira in ogni altra parte d’Italia e il giudizio formulato qui anche da esponenti autorevoli del centrosinistra, impegnati a demolire tutto».

Ecco: dal 1° dicembre come farete a stare insieme lei ed Emiliano? Cosa terrà unite idee di Puglia così diverse, la continuità con Vendola e la netta discontinuità con i dieci anni?

«Il collante sarà il tavolo di centrosinistra che ha organizzato le primarie: se il tavolo è quello, l’esperienza potrà pure subire delle influenze sulla base della leadership che si afferma, ma è tracciata e una formula per proseguire si trova; se invece dopo le primarie ci saranno tentativi di modificare l’indirizzo politico e il recinto di coalizione, allora sorgerà un problema».

Divorziando?

«Se cambia l’assetto di coalizione, giocoforza bisognerà riflettere».

Ma perché il fronte contiguo a Vendola non ha prodotto una candidatura unica? Ne ha mai parlato con Minervini?

«Minervini, quando ho cominciato il mio primo tour per la Puglia, è stato da me interpellato e ha condiviso l’iniziativa. Poi ha fatto altre scelte, che rispetto. Sapendo però che condivide con me un pezzo di questa esperienza e l’impostazione di governo».

Sull'edizione in edicola anche i sei focus tematici del programma di Stefàno:

- la governance

- l'ambiente

- le infrastrutture

- la sanità

- le imprese e il lavoro

- il turismo