Il governo: «Task force territoriali
contro il caporalato»

Il governo: «Task force territoriali contro il caporalato»
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Sabato 22 Agosto 2015, 16:46 - Ultimo aggiornamento: 26 Agosto, 16:30

Il caso è ormai di gittata nazionale. Non solo per l’oggettiva eco del problema, ma anche perché la radice delle soluzion sta soprattutto in strumenti scelti e imposti a Roma, oltre che nei livelli istituzionali territoriali. La lotta al caporalato e al lavoro nero nei campi, spesso matrice di tragedie tra i braccianti, balza all’apice delle priorità dei ministeri dell’Agricoltura e del Lavoro. Lo annuncia Maurizio Martina, ministro dell’Agricoltura: «Il 27 agosto terremo un vertice nazionale proprio sui temi del caporalato». Non solo: il rappresentante del governo annuncia anche l’intenzione di varare «task force territoriali» per controlli mirati e più serrati.

Sui tavoli del governo il caso Puglia sta monopolizzando le attenzioni: in poche settimane tre morti e un bracciante in coma, oltre ad altri due lavoratori dei quali la Flai Cgil ha perso traccia.

E la sensazione - come ha accusato il capo della procura di Trani Carlo Maria Capristo - «di un muro di gomma» difficile da penetrare. Il «muro di gomma» diffuso tra i datori di lavoro, tra i caporali, tra i cosiddetti tour operator (coloro che si occupano del trasporto) e tra gli stessi braccianti.

Martina più volte è intervenuto in questi giorni per stigmatizzare il fenomeno e spiegare quali contromisure il governo sta mettendo in campo, a cominciare dalla Rete del lavoro agricolo di qualità, varata insieme con l’Inps. Ieri però ha affondato ulteriormente il colpo: «Il 27 agosto, con il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, terremo un vertice nazionale proprio sui temi del caporalato. Inviteremo le organizzazioni sindacali, le associazioni delle imprese agricole, l’ispettorato, l’Inps e costruiremo immediatamente una riflessione condivisa per andare avanti. Dopo la Rete del lavoro agricolo di qualità dobbiamo maturare altre scelte radicali. In particolare io penso all’idea di costruire delle task force territoriali, soprattutto in alcune regioni, ed è un’operazione che va assolutamente consolidata nelle prossime settimane».

«Il caporalato in agricoltura - aveva detto il ministro nei giorni scorsi - è un fenomeno da combattere come la mafia. Dal primo settembre le aziende agricole potranno aderire alla “Rete” tramite il portare internet Inps. Per la prima volta in Italia si istituisce un sistema pubblico di certificazione etica del lavoro che riguarderà proprio le imprese agricole. Il “certificato di qualità” non sarà un semplice bollino di natura burocratica, ma attesterà il percorso delle verifiche puntuali e preventive effettuate individuando e valorizzando le aziende virtuose. Il coordinamento tra istituzioni e parti sociali sarà ulteriormente rafforzato con il completamento dell’iter parlamentare del “collegato agricoltura” che prevede l’adesione alla Rete, attraverso la stipula di convenzioni, degli sportelli unici per l’immigrazione, delle istituzioni locali, dei centri per l’impiego e degli enti bilaterali costituiti dalle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori in agricoltura».

Chi è in pressing su Martina da giorni è Dario Stefàno, senatore salentino Sel. Ieri ha scritto al ministro: «Non possiamo più permetterci di rimanere indietro rispetto a quei fenomeni e a quelle fattispecie che il mercato del lavoro così destrutturato propone e applica. L’incalzare nella cronaca di queste atroci morti ci deve portare ad assumere iniziative forti, puntuali e di sistema, utili anche alla definizione di un quadro normativo maggiormente incisivo nella prevenzione e nella capacità di controllo repressivo». «Ho raccolto - continua Stefàno - diverse testimonianze provenienti da realtà che, per i più eterogenei motivi, sono o entrano in contatto con il caporalato, passando perciò dalle considerazioni di alcuni magistrati, alle denunce fatte da alcuni dei sindacati attivi in questo settore, fino ad alcuni agricoltori che scelgono di non passare per l'ignobile scorciatoia di questa forma di vera e propria schiavitù. Ho riassunto l’esito di questi confronti nella necessità di istituire una Commissione d’inchiesta parlamentare perché nonostante il passo avanti ottenuto con la previsione del reato di caporalato nel nostro codice penale, resistono difficoltà importanti e sostanziali nella prevenzione e nell’accertamento, così come nell’attribuzione di questa fattispecie criminosa».

«Solo questo, però, non può più bastare. Ho ritenuto necessario - aggiunge Stefàno - prevedere anche un approfondimento su quei fenomeni sempre più diffusi quanto originali che rientrano nel cosiddetto “lavoro grigio”, dove le norme sembrano essere rispettate, ma nei fatti si lacerano diritti e dignità. La proposta di Commissione d’inchiesta nasce con l’intento di rendere maggiormente cogenti gli impegni normativi così come maggiormente puntuale lo stato dell’arte circa lo sfruttamento della manodopera in generale. L’auspicio è che attorno a questa emergenza convergano il tuo contributo e quello di tutte le diverse forze politiche», conclude l’esponente Sel rivolgendosi al ministro.

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