Rigopiano e l'allarme ignorato, trovata la telefonista: «È una dirigente»

Rigopiano e l'allarme ignorato, trovata la telefonista: «È una dirigente»
di Paolo Mastri
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Lunedì 23 Gennaio 2017, 08:43 - Ultimo aggiornamento: 26 Gennaio, 12:43
PESCARA - «Se sono stati commessi errori saranno corretti. Se c'è altro si vedrà, ognuno si assumerà le proprie responsabilità. Ma nel merito non posso entrare, c'è un'indagine in corso ed è giusto avere rispetto per gli organi inquirenti». Il prefetto di Pescara Francesco Provolo pesa ogni sillaba, perché dietro l'eventualità di altro e più grave di un semplice errore, nell'attivazione dei soccorsi per la tragedia dell'Hotel Rigopiano, emerge con nettezza il profilo di una dirigente del suo ufficio. Secondo i carabinieri, che ieri l'hanno identificata, la voce che al telefono respinge in modo sbrigativo la richiesta di soccorso di Quintino Marcella, «uno scherzo», «una bufala», non è quella di un impiegato di basso rango; a parlare è una professionista attrezzata per gestire un'emergenza come quella rappresentata, alle 18,20 di mercoledì scorso, dall'amico del sopravvissuto Giampiero Parete. E invece la risposta data a Marcella, che parla di un albergo crollato, con bambini e tanta gente sotto, è agghiacciante: «Ancora questa storia? Abbiamo verificato, abbiamo sentito l'albergo, la notizia è stata smentita». È il primo punto di svolta dell'inchiesta e porta dritti al cuore della macchina dei soccorsi, la sala operativa della Protezione civile attivata dalla Prefettura di Pescara. Ne è perfettamente consapevole il prefetto Francesco Provolo, che dice: «Oltre alla telefonata in questione, sulla quale per correttezza non faccio commenti a indagine in corso, quel pomeriggio altre segnalazioni sul crollo di un albergo a Rigopiano sono state rimbalzate alla nostra sala operativa dal 118, e lo ricordo distintamente, e da altri centralini del soccorso pubblico, come ho potuto appurare in seguito. L'intervento, insomma, si è attivato rapidamente». Un'affermazione coerente con la risposta ottenuta, alle 19,45, dall'ispettore del 113 che, dopo l'ennesima telefonata di Marcella, ha personalmente contattato la Prefettura: «Siamo già operativi».

LA MAIL
Prende forma, nella ricostruzione degli investigatori, un doppio binario di allertamento. Quello attivato da Marcella su sollecitazione dell'amico, che si infrange contro il muro di gomma, e quello che, filtrato da 118, 112 e 115, viene ritenuto credibile. Quanto ciò abbia pesato sulla partenza effettiva della colonna dei soccorsi, un'ora e 25 minuti nell'ipotesi peggiore, lo sveleranno gli altri tasselli del puzzle.

A cominciare dalla mail certificata con la richiesta di uno spazzaneve inviata alle 15,44 dalla direzione dell'Hotel Rigopiano: «Il gasolio per alimentare il gruppo elettrogeno dovrebbe bastare fino a domani - c'è scritto -... I telefoni sono invece fuori servizio. I clienti sono terrorizzati dalle scosse simiche e hanno deciso di restare all'aperto... per quanto sopra, consapevoli delle difficoltà generali, chiediamo di predisporre un intervento al riguardo». Ennesima sollecitazione dopo quelle, scritte e verbali, che a partire dalle 7 hanno tempestato Provincia e Comune di Farindola.

I TELEFONINI
Di più diranno i primi cellulari dei clienti dell'albergo, recuperati dai soccorritori e subito sequestrati dai carabinieri. Tra gli apparecchi ritrovati c'è quello di Sebastiano Di Carlo, che sicuramente quel giorno ha comunicato con la sorella Simona, consigliera comunale a Pescara, sollecitandola a chiedere interventi. L'esame di tabulati, sms e comunicazioni Whatsapp fornirà un quadro preciso del numero e del tenore delle richieste di aiuto arrivate, in pieno sciame sismico, da quell'angolo di montagna completamente isolato, a quota 1200 metri sul Gran Sasso. Fornendo finalmente risposta alla domanda chiave: era davvero impossibile mettersi in marcia prima, e con mezzi adeguati, per liberare i sepolti vivi di Rigopiano?