Unisalento, l'àncora della salvezza è la ricerca

di Ferdinando Boero
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Martedì 1 Dicembre 2015, 09:03
Intanto il Times of Higher Education, un sito in cui si stilano classifiche di Università secondo una serie di misure di qualità, colloca l’Università del Salento in posizione dignitosissima nel panorama italiano. In alcune voci siamo quasi avanti a tutti, e in tutte siamo ben piazzati. Quindi ci dobbiamo rallegrare. Ci sono altre classifiche che presto saranno stilate, in Italia, dal Ministero. L’Agenzia Nazionale per la Valutazione dell’Università e della Ricerca (Anvur) sta organizzando la seconda valutazione del sistema della ricerca in Italia. È soprattutto lì che dovremo ben figurare. Perché, si sa, le classifiche possono essere ben differenti a seconda di quel che si guarda e di come lo si guarda.

In tutto il mondo, ma non da noi, ci sono le università “teaching”, dove si insegna soltanto e non ci sono dottorati di ricerca, e le università “research”, dove si fa anche ricerca e si conferiscono titoli di dottorato. Sto usando le parole inglesi non per snobismo, ma perché il concetto, da noi, non esiste. Potrei dire “le università didattiche” e le “università di ricerca”. In alcuni paesi le università didattiche si chiamano “college”, mentre quelle dove si fa ricerca si chiamano “university”. Da noi, in teoria, sono tutte “universities” e non ci sono college. Ma non è così.

E quindi anche l’Italia ha deciso di intraprendere questa strada. Le università sono sostenute con i fondi pubblici, ma sono autonome. Ognuna è uno stato a parte. Sostenuto da uno Stato che non può imporre nulla, però dà i soldi per il funzionamento. Così lo Stato dice: io vi valuto e vedo come vi piazzate. A seconda di come vi piazzate, vi dò finanziamenti. Poi voi ne fate quel che volete (c’è l’autonomia). Il ragionamento è: chi non fa quel che deve fare, e non raggiunge obiettivi di qualità, si vedrà ridotte le risorse e, piano piano, passerà da una finta “ricerca” a un semplice “didattica”.

Insomma, molte università saranno declassate, di fatto, a università dove si danno titoli di studio ma dove la ricerca non è di casa: esamifici. Il numero degli studenti rimane un criterio importantissimo per l’assegnazione dei fondi, e vale il 70% delle assegnazioni statali. Ma è con la ricerca che si qualifica il livello di un’università. Non esiste nessuna università, in Italia, che sia di livello “ricerca” in tutte le discipline. A parte le università che non coprono l’universalità del sapere. Sto parlando dei Politecnici (dove mancano le facoltà umanistiche) o di università private dove si pratica un campo ristrettissimo del sapere (per esempio la Bocconi). Ogni università ha i suoi punti di forza e le aree più deboli, quelle meno sviluppate. Queste differenze devono diventare esplicite, ed è la valutazione della ricerca a mostrarle. Il futuro vedrà un mondo dell’alta formazione ben differente rispetto all’attuale.

Perché non me lo hanno detto prima? Mi chiede una giovane amica fresca di dottorato. Ora ve lo spiego. In Italia l’alta formazione inizia con la laurea triennale, continua con la magistrale, e raggiunge l’apice con il dottorato. Consiglio a tutti gli studenti: fate la triennale nell’università sotto casa, se il corso di laurea che volete seguire è presente. Si tratta di una continuazione del liceo e vi verrà fornita una base generale nel campo specifico dei vostri studi. La scelta vera è con la magistrale. E qui non vi dovete accontentare. Dovete andare dove c’è il meglio, nel campo che avete scelto.

Come si fa a sapere dove è il meglio? Semplice. Prima si guardano le sedi in cui la magistrale è offerta, poi si guarda il corpo docente e si cercano in rete i profili di tutti i professori. Il profilo ci dice la loro produzione scientifica, le loro collaborazioni, i progetti che hanno. Più sono qualificati nel mondo della ricerca, più avrete garanzie che vi troverete in un ateneo collegato con il mondo, dove si fanno ricerche di avanguardia. Da lì potrete continuare per il dottorato. Se la magistrale che fa per voi non è di alta qualità nell’università sotto casa...lasciate perdere. Andate dove c’è il meglio. L’università “sotto casa” non ne soffrirà perché, se sarà stata saggia, avrà magistrali di alto livello e attirerà studenti da tutta Italia, e anche da fuori. E ci sarà un sano scambio di giovani per tutto il paese.

E quindi: la triennale è “didattica”, la magistrale e il dottorato sono “ricerca”. Ogni Università deve decidere “cosa vuol fare da grande”: quali sono le aree da coprire con l’insegnamento soltanto e quali sono quelle in cui il livello della ricerca è tale da garantire un insegnamento qualitativamente superiore, certificato dalle valutazioni. La prima domanda che un’Università si deve fare, quindi, è: in quali aree siamo di livello europeo? Questo si può vedere dall’internazionalizzazione della produzione scientifica e dalla partecipazione a progetti europei, magari con attività di coordinamento. In quali siamo di livello nazionale?

Qui c’entrano, per esempio, i coordinamenti dei Progetti di Rilevante Interesse Nazionale. Poi si scende al campo regionale e provinciale. Ovviamente si guardano le valutazioni ministeriali e, se si pensa che non siano sufficienti, se ne fanno altre più mirate. Le magistrali di ricerca, e i dottorati, dovranno offrire il meglio che quell’università esprime. In modo da attirare studenti da tutta Italia e dall’estero. Questo inventario del patrimonio di capitale umano di cui si dispone è indispensabile per una buona gestione di un’Università, per creare una reputazione che attiri studenti. L’Università del Salento ha sessant’anni. È tempo di bilanci, e presto ci sarà una Conferenza d’Ateneo sulla Ricerca, anche in vista della prossima valutazione. Un appuntamento importante per il nostro futuro. Vedremo quali sono i nostri punti di forza e quali hanno margini di miglioramento. E conosceremo le strategie per valorizzare il merito e incentivare il miglioramento, in vista dell’imminente valutazione.