Valutare i prof è necessario per evitare la B

di Ferdinando Boero
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Sabato 10 Ottobre 2015, 21:02 - Ultimo aggiornamento: 11 Ottobre, 09:42
I commenti di Forges Davanzati e di Cristante alimentano la discussione su dove indirizzare la nostra Università. I sistemi di valutazione sono migliorabili: d’accordo su tutta la linea per le critiche. Ma si devono proporre sistemi alternativi. Perché la valutazione ci deve essere. Ci sono differenze tra aree culturali, e le loro aree sono più colpite da mancanza di standardizzazione rispetto ad altre.



Non facciamo di ogni erba un fascio. Le famiglie si devono mobilitare per salvare la qualità della nostra Università: benissimo. Ma in cosa deve consistere la mobilitazione? Le valutazioni tendono a identificare Università di serie A e B. Dobbiamo chiedere di essere di serie A anche se siamo di serie B? Non riesco a capire. Nelle Università di serie A, in molti paesi, si insegna e si fa ricerca. In quelle di serie B si insegna soltanto. Le Università di serie A hanno i dottorati di ricerca e i laboratori. Quelle di serie B no. Sono come un liceo. Fino a poco tempo fa tutte le Università italiane erano considerate in A, anche a fronte di risultati da B. Con le valutazioni le differenze iniziano ad evidenziarsi, e si è iniziato a poter vedere (anche se in modo imperfetto, come giustamente denunciano Forges Davanzati e Cristante) che ci sono diversi livelli nella qualità della ricerca universitaria.



Le valutazioni mostrano che ogni Università ha un’area A e un’area B. Se un’Università ha una valutazione disastrosa in molti settori, e questo è successo anche da noi, con strutture risultate ultime in Italia (a fianco di aree risultate prime), è ovvio che ci sarà una difesa delle posizioni che, prima, erano indiscusse, visto che eravamo tutti A. E se la maggioranza è in B, darà addosso a chi è A, visto che in democrazia vince la maggioranza. La vittoria è però effimera: mantenere livelli di serie B facendo finta di essere di serie A porta al declassamento dell’Università, e alla fuga degli studenti. Sentire in conferenza di Ateneo un Direttore di Dipartimento dire che i Nobel magari non sanno insegnare fa venire i brividi. Il messaggio è: la ricerca non conta niente, basta insegnare bene. Se questa è la strada, il nostro destino è segnato: saremo declassati a università di serie B, dove si insegna soltanto.



Non credo sia questo che le famiglie vogliono. E ce lo dicono, mandando i loro figli in altre Università.

Abbiamo le risorse per uscire dal pantano. Abbiamo l’Istituto Superiore Universitario di Formazione Interdisciplinare, con un enorme edificio per gli alloggi. Va agganciato alle lauree magistrali, facendo sapere all’Italia intera, e non solo, che esistono Lauree Magistrali di alto livello presso il nostro ateneo. Queste si identificano attraverso i risultati ottenuti e, se le valutazioni non sono sufficientemente accurate, come denunciano sia Forges Davanzati sia Cristante per le aree di loro competenza e portando casi personali, migliorandole in tutti i modi possibili. Questa deve diventare l’offerta didattica di serie A, basata su solida ricerca scientifica, e deve attirare i migliori studenti, da tutta Italia e non solo.



Li deve attirare con le selezioni Isufi, visto che i selezionati potranno seguire i corsi senza pagare, avendo vitto e alloggio gratuiti. E una piccola borsa. Avendo la possibilità di conseguire un dottorato. Se l’iniziativa sarà opportunamente promossa, porterà la nostra Università in primo piano in Italia. E si inizierà a modificare lo stato reputazionale dell’istituzione nel suo complesso. Poi si deve lavorare per alzare il livello di chi può “farcela” a fare una Magistrale di alto livello ma ha ancora qualche carenza. C’è un solo modo per farlo: incentivare il merito. Le Lauree Triennali appartengono all’area di solo insegnamento, in cui far operare soprattutto chi non ha buone valutazioni nel campo della ricerca.



Innescando nel frattempo processi di forte premialità per ogni avanzamento qualitativo di chi ancora non è in serie A. Il piano di riordino deve essere negoziato a livello ministeriale. Non tagliateci le risorse, promettiamo di innescare processi virtuosi. Valutateci periodicamente e verificate se stiamo migliorando oppure no. Lo scoppio della bolla studentesca (da trentamila a ventimila studenti a causa di un dissennato aumento dell’offerta formativa, poi sgonfiatosi) e l’imminente scoppio della bolla edilizia (abbiamo costruito per centinaia di milioni di euro e ora non sappiamo come mantenere il patrimonio realizzato) stanno portando al calo di finanziamenti: corriamo il rischio di perire. O si innescano processi di risanamento radicale, o saremo declassati pesantemente. E l’Università sarà solo un ammortizzatore sociale per chi non può permettersi un’istruzione di serie A e non ha prospettive di lavoro: un parcheggio per disoccupati. Se questa è la strategia, è bene che le famiglie lo sappiano.