Una sveglia per le coscienze sopite

di Giacinto Urso
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Sabato 3 Ottobre 2015, 23:05 - Ultimo aggiornamento: 4 Ottobre, 18:22
Per quel poco che si intuisce, sarà il tempo, confortato dall’impegno degli uomini di buona volontà e dalla passione popolare, sorretti dall’incalzante informazione, a dirci se e quando il treno “Freccia rossa” oltrepasserà Bari per giungere a Lecce. Una minuscola concessione, reclamata dal buon diritto, che continua a essere disatteso attraverso cascate di reticenze e di ripulse, accampando costi ipotetici e soliti motivi tecnici, i quali spesso, misteriosi e ballerini, stroncano ogni iniziativa sin dal suo nascere. Tra l’altro, in proposito, rammarica oltre modo, anzi indispone, il senso di noncuranza da parte degli organi governativi, che hanno stentato nel trovare un momento per avviare confronto e riflessione, pur se promessi, e astutamente, sinora, hanno lasciato la vicenda alla voce dei dirigenti ferroviari, resi, con stupore, primari interlocutori in sede di Parlamento.



Un procedere anomalo e fastidioso, che - “Freccia rossa” a parte – accende una ulteriore spia di allarme su come si è malridotti in questo Paese in tema di procedure e del dovuto rispetto dei preziosi dettami costituzionali, che ancora mantengono la nostra al pari di una Repubblica parlamentare. Purtroppo, siffatto, categorico segno distintivo presenta, da tempo, una palese decadenza, anche negli aspetti minuti, e trova l’epicentro della crisi proprio nell’attuale modo di essere e di fare delle Camere. In queste, con evidenza, si strozza il ruolo di rappresentatività dei membri, declassandoli, in maniera continua, sino a far credere che l’Italia non dispone di una classe dirigente, adeguata ai problemi epocali in corso. Congettura non del tutto fuori posto, che ha, però, sconcertanti retroterra da non sottovalutare.



A cominciare dalla messa al bando, esercitata nei primi anni 1990 del secolo scorso, quando folte schiere di politici, comprese persone per bene, oneste e preparate, vennero attorcigliate in un unico fagotto e sprofondate nel nulla dalla sera alla mattina, scordando che è sempre esiziale, anche in nome della continuità dello Stato, cancellare valide esperienze con riti generalizzati, diffamatori e giustizialisti. Né ha portato soverchio profitto la sottovalutazione degli ideali e l’annientamento di partiti storici che, senza dubbio, andavano ripuliti e innovati. Per giunta, a poco è servita l’impossibile surroga, affidata all’esaltazione di una indefinita, illusoria “società civile” o di movimenti, retti da autocrati, digiuni di programmi realistici e predisposti verso un radicale “nuovismo”, privo di conoscenze, di formazione e, quindi, saturo di deleterie improvvisazioni. Sono distorsioni che pesano ancora perché si è, in conseguenza, mandato in esilio la buona e autentica politicità democratica, rivolta al servizio delle persone e del bene comune, aggiungendo, in contempo, meccanismi elettorali mostruosi, come il “porcellum” (anche l’ “italicum”, se approvato, non scherza).



Questi hanno spento e forse continueranno a spegnere la ponderata designazione e la scelta preferenziale o nominalistica dei candidati, rendendo – complici anche gli accordati, enormi premi di maggioranza – le due Camere dei centri di assoluto potere di determinati autocrati e di obbligate sudditanze al padrone di turno. Un sistema, diciamolo a chiare lettere, infame, che ha turbato la Corte Costituzionale e depotenziato le salvaguardie essenziali di una buona democrazia sino al punto di prefigurare lo scivolamento della Repubblica parlamentare verso un diffuso “presidenzialismo a piacere” sempre più povero di fedeltà costituzionali e di attiva partecipazione popolare e, quindi, incline al massiccio astensionismo degli aventi diritto al voto. Afflitti da tali alterazioni, non disdegnate dal comodo dei prescelti, che, per grazia ricevuta, hanno raggiunto lo scranno di un Parlamento spaesato, tutto è divenuto più impervio.



Si è reso aleatorio pure il valore della responsabile rappresentatività e ancora più precaria è risultata la rappresentanza dei territori. Episodico lo zelo di servizio alle persone. Scarno lo studio dei problemi. Eroso fortemente il collegamento con l’anima popolare e, magari, senza volerlo, si è scaduti in “casta” soltanto di se stessi e, all’atto pratico, figli di nessuno, agevolando, in tal modo, l’invasione di poteri spuri, di potentati burocaratici e di spettacolari transumanze immonde e a largo spettro. Ben 297 sono i parlamentari che hanno cambiato partito. Una realtà scandalosa, che è fluita per “i rami”, infettando anche le Istituzioni minori e locali, guastando le periferie, pilastri fondamentali del vivere democratico, che, pur avendo meccanismi elettorali diversi e meno consunti, risentono in negativo il disdicevole esempio, proveniente dall’alto. Particolarmente, i disagi denunciati stanno aggredendo le zone decentrate del Sud e, in misura maggiore, quelle collocate nell’estremo Sud del Sud, raffigurate dal nostro Salento, reso pure orfano – a causa del tumultuoso riformismo renziano – di significativi presidi istituzionali e schiacciato da suppletivi centralismi regionali, lontani e avidi.



Come riparare tanto decadimento? Non sarà agevole, occorreranno profonde correzioni d’ordine generale e nazionale. Intanto, qualcosa va costruito da noi. Si promuovino almeno appropriate iniziative. Innanzitutto, la rappresentanza parlamentare del Salento si renda, unitariamente, rete – a viso aperto – sui problemi essenziali del territorio. Vi è bisogno di compattezza seria, propositiva, incisiva, che svegli governo, popolo e coscienze al di fuori di vacue promesse e di pacchiane sortite individuali. Da subito, Lecce, Brindisi e Taranto si stringano a coorte nelle loro più autorevoli Istituzioni, ad iniziare dall’Università, articolando una permanente intesa, modellata sull’antica circoscrizione salentina. Forse “Freccia rossa”, potrà tardare o non tardare il suo arrivo a Lecce. Egualmente, la freccia della svolta, del comune sentire e della democratica fermezza, va innescata nell’arco delle nostre determinazioni. Con questo, non si chiedono abiure partitiche ma difesa primaria delle vitali esigenze della gente salentina e delle regole del buon senso. Senza tentennamenti e rimandi.