La barbarie assassina e la giustizia con ragione

di Stefano Cristante
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Sabato 21 Novembre 2015, 15:36 - Ultimo aggiornamento: 09:48
L’unico settore economico che davvero continua a crescere nel mondo è quello delle tecnologie. Nonostante la crisi globale sia ancora in atto e nonostante l’inasprirsi delle disuguaglianze in Occidente, la tecnologia è la nostra assicurazione psicologica sul futuro. Fino a che la tecnologia continuerà a progredire, fino a che dopo la versione 6 di un certo smart phone arriverà la 7 e poi la 8 e la 9, fino a che la medicina potrà contare su nuove ed efficaci macchine per le analisi e le cure e fino a che la capacità di calcolo dei supercomputer continuerà a raddoppiare ogni sei mesi, noi cittadini occidentali potremo continuare a sentirci rassicurati: la linea dello sviluppo storico (un tempo si diceva: progresso) continua imperterrita da sinistra verso destra, come la nostra scrittura.



È una lunga linea retta nata con la “civiltà”, quell’insieme di condizioni che hanno consentito agli esseri umani di auto-organizzarsi e di crearsi un proprio mondo, affrancandosi dal puro stato di natura. Ora, nel XXI secolo, possiamo riconoscere che l’economia capitalistica ha provveduto a liberare le tecnologie dal guscio protettivo dell’antichità e del Medioevo, fornendo l’accelerazione e le risorse per un’esplosione tecnologica che non sembra soffrire ostacoli.



La guerra è un settore-chiave per osservare cosa significa “sviluppo tecnologico”: il conflitto perfetto, per un esercito, è quello in cui si vince senza subire perdite, infliggendone quante più possibili al nemico. L’uso dei droni va in questa direzione. Chi comanda i droni è seduto davanti a un computer a migliaia di chilometri di distanza dall’obiettivo: manovrando le nuove macchine volanti attraverso un pilota remoto, si può dare la morte senza rischiare la vita di alcun (proprio) soldato. D’altronde la tecnologia entra nell’inferno bellico attraverso tanti diversi utilizzi: aiutando a realizzare filmati di propaganda spettacolari, rendendo possibile una comunicazione protetta praticamente in ogni contesto, fornendo istruzioni per realizzare tecnologie di morte fai-da-te. Eppure non è un caso che un numero enorme di romanzi e racconti di fantascienza prefigurino un mondo in cui l’altissimo standard tecnologico si accoppia alla paura e alla perdita della libertà. Cosa vuol dire perdita della libertà? Significa ridurre drasticamente la libertà di movimento e di espressione degli individui: esse diventano secondarie rispetto alle esigenze dello Stato, che deve innanzitutto difendersi da una o più minacce. È qui che il collegamento con la realtà europea e occidentale si fa evidente. È passata solo una settimana dagli attentati di Parigi, ma le carte strategiche sono già disposte sui tavoli della comunicazione mondiale, per trasformarsi in narrazioni, oppure, se si preferisce, in sceneggiature.



Da un lato c’è Daesch, il Califfato, un esercito formato da alcune migliaia di fanatici volontari che si muove dall’Iraq verso la Siria e il Medio Oriente. Dall’altra – almeno apparentemente – il resto del mondo. Non è in realtà così: come ha ricordato con la consueta perentorietà Vladimir Putin, persino ai tavoli del G20 siedono nazioni che aiutano sotto banco i terroristi. Come? Vendendo loro armi (Stati occidentali), oppure acquistando il loro petrolio sotto costo (Turchia), oppure finanziandoli con vari stratagemmi (Arabia Saudita, Qatar). Senza contare il contributo che l’Occidente ha fornito all’odio musulmano invadendo l’Iraq e devastandolo: fu l’America a mentire in mondovisione sulle armi di distruzione di massa possedute da Saddam Hussein, ma i principali paesi europei si disposero come vassalli dietro le bombe di George Bush.



Quando l’Occidente ebbe finito il suo sporco lavoro, dalle macerie dell’Iraq emersero fantasmi feroci, intrisi di sangue, con un’unica idea politica: gettare un numero crescente di musulmani nelle braccia di una visione totalitaria dell’Islam, il cui pilastro fondamentale è l’eliminazione dei nemici anche a costo della vita di ogni singolo soldato dell’Islam. Per i terroristi la vita umana non è uno scopo, ma un mezzo come altri. Per ogni drone killer esiste un corpo pronto ad esplodere. In prima istanza il nemico è un nemico “interno”: gli sciiti e i sunniti moderati sono avversari da cancellare. Poi, sarà la volta dell’Occidente. Nel frattempo, la chance che sta giocando il Califfato è la trattativa economica sottobanco con tutti gli interlocutori possibili: il petrolio interessa ogni nazione, e le armi non si creano dal nulla. Dunque, affari. E morti. Sgozzati per dimostrare ferocia, inginocchiati e inermi per simulare un dominio. Poi, la bomba sull’aereo russo, seguita all’impegno di Putin nella guerra al Califfato.



E infine le stragi di Parigi, anch’esse seguite alle iniziative belliche aeree francesi sulla zona di Raqqa. La risposta di Hollande era ampiamente prevedibile: un rilancio, sia nei settori del controllo e della repressione interna, sia nell’intervento bellico. Salvo la possibilità che le bombe dal cielo possano effettivamente disintegrare capi e soldati di Daesch (e nessuno ci conta), il conflitto continuerà. Senza l’abbandono del dittatore Assad la Siria seguiterà a essere un gigantesco mattatoio. Senza che il quasi-dittatore Erdogan rinunci a bombardare i curdi che si oppongono fieramente al Califfato, quest’ultimo potrà arretrare e avanzare senza abbandonare le strategiche zone di frontiera. Le cifre parlano chiaro: i terroristi di Daesch hanno ammazzato circa 500 occidentali e più di 20mila cittadini di paesi a prevalente fede musulmana, Siria, Libano, Tunisia, Nigeria, Iraq, Pakistan. Sono loro a morire per primi per mano del Califfato.



Togliere l’acqua a Daesch vuol dire obbligare i sub-poteri lobbistici a interrompere ogni commercio con gli intermediari dei terroristi e nello stesso tempo non cadere nella trappola del patriottismo militarizzato, perché i regimi di polizia non sono mai stati capaci di eliminare il terrorismo; anzi, nella maggior parte dei casi i due sistemi hanno finito per alimentarsi l’un l’altro. Togliere l’acqua a Daesch significa anche migliorare la condizione delle periferie dei paesi europei, dove il deserto culturale, l’isolamento etnico e la povertà favoriscono le brutali semplificazioni ideologiche degli adescatori del Califfato.



Il contrario del mondo che vogliono i terroristi non è un mondo che ammazza tutti i terroristi, arresta tutti i simpatizzanti e controlla incessantemente tutti i cittadini con le tecnologie della sorveglianza digitale. Non è la tecnologia il pilastro della civiltà umana, perché noi aspiriamo a qualcosa di più del dominio della forza. Il contrario della barbarie assassina non è la retorica della patria ferita e pronta alla vendetta, ma una comunità che vuole giustizia secondo ragione. Anche quando deve difendersi.