Frecciarossa, i "salentini milanesi" si facciano sentire

di Adelmo GAETANI
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Giovedì 8 Ottobre 2015, 21:10 - Ultimo aggiornamento: 9 Ottobre, 09:39
Il Salento rivendica il treno Frecciarossa, inopinatamente fermato a Bari, per non essere vittima di un’ingiustizia che spalancherebbe ancor di più le porte all’emarginazione.



Il Salento non ci sta ad essere tagliato fuori dai servizi ferroviari più moderni e veloci in un momento in cui l’attrattività del territorio, con la sua riconosciuta capacità di accoglienza, cresce in modo esponenziale in Italia e all’estero. Non lo vuole e per questo alza la voce, grida la sua rabbia, si mobilita, ma propone anche soluzioni credibili e fattibili, sino a questo momento rimaste inascoltate dai vertici delle Ferrovie dello Stato. Vedremo che cosa accadrà mercoledì della prossima settimana quando l’amministratore delle FS, Michele Elia, sarà chiamato a spiegare al ministro dell’Infrastrutture Graziano Delrio, presente il governatore di Puglia Michele Emiliano, il senso di una scelta che spezza la Puglia, mortifica il territorio salentino cancellandolo dai percorsi di modernità e dalla prospettive di sviluppo. I trasporti ferroviari, infatti, non sono soltanto un servizio utile e necessario; sono un elemento strategico con una forte valenza storico-simbolica e un grande impatto socio-economico. Come non rendersene conto?



In un famoso libro (“Le Ferrovie”, Il Mulino), Stefano Maggi scrive che il treno è stato decisivo a cambiare la realtà e l’immaginario dell’Italia negli ultimi 150 anni. Ricorda l’Autore che dopo il 1860 l’arrivo della strada ferrata e l’inaugurazione delle stazioni assursero a simbolo dell’unità nazionale: non solo si scambiavano merci e idee, ma soprattutto i diversi abitanti della Penisola potevano entrare in contatto tra di loro, dando così inizio alla formazione di un popolo nuovo. Una funzione che il treno ha continuato a svolgere nel tempo e che continua a svolgere, anche se con momenti di ingiustificata “distrazione” o di una sottovalutazione del danno potenziale e irreversibile inferto ad un territorio discriminato, ed è il caso del Salento cancellato dal Frecciarossa Milano-Bari. Come se i responsabili delle FS, senza rendersene conto, avessero mandato questo messaggio tanto nefasto, quanto paradossale: ciò che le ferrovie hanno unito ieri - l’Italia da Nord a Sud -, oggi vogliono dividere.

Ma, può essere davvero così? Ha una logica una scelta esclusivamente basata su miopi calcoli contabili che non è difficile rovesciare nel loro contrario, sia sul versante dei costi che su quella dei tempi. Può suggerire qualcosa il fatto che al suo arrivo a Bari da Milano prima di ripartire il Frecciarossa è fermo per due ore in stazione? Eppure sarebbe un tempo sufficiente a coprire la percorrenza sino a Lecce? Di questo, e d’altro, bisogna parlare.



I salentini, da Lecce a Brindisi e a Taranto, assieme a tutti i pugliesi respingono, giustamente, l’idea di una regione mutilata, perciò più debole e più esposta a contraccolpi negativi e, in generale, meno competitiva sul fronte dell’attività economica e dell’offerta turistica.

È un no che viene da ogni persona dotata di buon senso e di un minimo di visione dell’interesse generale, del bene comune. È un no di quanti chiedono di poter contare su trasporti ferroviari moderni ed efficienti, rivendicando un diritto che non può essere negato al Salento.



Un diritto, però, che non appartiene solo ai salentini. A ben considerare, si tratta dello stesso diritto che hanno i milanesi, i lombardi e, più in generale, la gente del Nord, a poter arrivare a Brindisi e a Lecce a bordo del Frecciarossa. La scelta delle Fs, dunque, umilia il Salento esattamente quanto umilia Milano.

Un’umiliazione insopportabile per noi e per loro. Una battaglia comune sarebbe giusta, anzi necessaria e possibile. Necessaria perché c’è un interesse comune, possibile perché il Salento potrebbe far leva su una comunità ampia e prestigiosa di brindisini, leccesi, tarantini e pugliesi che ha eletto Milano come terra di adozione. Si tratta spesso di personaggi influenti, nelle loro rispettive attività, che dovrebbero diventare la testa di ponte di una mobilitazione allargata nella capitale economica del Paese per ripristinare un diritto violato.



Al di là delle prese di posizione personali, che non sono mancate in queste settimane, avrebbe senso e forza di persuasione un’iniziativa dei “salentini milanesi” per rivendicare il loro diritto e quello di tutti i cittadini lombardi di “scendere” sino al Tacco d’Italia e di “risalire” con il Frecciarossa. Perché il sindaco Pisapia, il presidente della Regione Maroni, opinion leader, oltre che semplici cittadini non dovrebbero sostenere un obiettivo così ragionevole e fortemente unitario?



Fabio Novembre, Carlo ed Ennio Capasa, Fernando De Filippi, Annamaria Bernardini De Pace, Ivan Fedele, Ercole Pignatelli, Guido Maria Ferilli, Piero Capodieci, Angelo Maria Perrino, Carlo Laudisa, Mino Taveri, Antonio Bartolomucci sono alcuni dei possibili testimonial, assieme all’Associazione Pugliesi al’ombra della Madonnina, a migliaia di studenti universitari e di lavoratori di una Milano resa più forte e autorevole anche perché arricchita dalla presenza e dall’apporto creativo e professionale di tantissimi salentini.



Sarebbe una fatto straordinario se il 14 ottobre, giorno del vertice sul Frecciarossa, la scrivania del ministro Delrio venisse sommersa da oltre 30.000 raccolte nel Salento e da molteplici prese di posizione provenienti da Milano. Una spinta irresistibile che metterebbe spalle al muro l’amministratore delegato delle Fs, Elia, e lo obbligherebbe a riconsiderare immediatamente le sue scelte.

Adelmo Gaetani