E adesso ognuno faccia la sua parte

di Renato Moro
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Mercoledì 25 Novembre 2015, 11:31 - Ultimo aggiornamento: 18:54
Non è un traguardo. Il cambio di passo imposto alle Ferrovie Sud Est, che chiude l’esperienza ventennale di un amministratore unico e apre a un Consiglio di amministrazione, è un punto di partenza. È l’inizio di un percorso, lungo il quale certamente non mancheranno ostacoli, in grado di portare alla svolta che il Salento attende: il risanamento dell’azienda e soprattutto la sua trasformazione in una società di trasporti efficiente che offra un servizio al passo con i tempi, capace di colmare quel gap che sembra essersi trasformato in una malattia cronica, di quelle alle quali alla fine ci si abitua rassegnandosi alla convivenza.



Non è un traguardo, dunque. E nemmeno un regolamento di conti consumato, perché se le Littorine della Sud Est non hanno ancora imboccato i binari dello sviluppo non è e non può essere certamente responsabilità di una sola persona o di un management. Sono state tante, in questi anni, le occasioni che si sono presentate per correggere la rotta e se ciò non è mai avvenuto è perché - evidentemente - nelle stanze dei bottoni, quelle in cui di prendono le decisioni, nessuno ha pensato di premere il tasto “reset”. Luigi Fiorillo, quindi, non può essere il capro espiatorio né può essere trasformato in una vittima sacrificale, pensando in questo modo di accontentare o magari zittire chi a gran voce ha invocato e invoca la svolta.



I problemi restano e sono tanti, enormi. Il viaggio-inchiesta che i cronisti di questo giornale hanno fatto in queste settimane, le testimonianze dei pendolari e dei turisti che abbiamo raccolto, gli errori e le incongruenze che abbiamo sottolineato restituiscono un quadro drammatico. Abbiamo percorso la tratta da Gagliano del Capo a Lecce, in parte su una carrozza del 1962 che ovviamente mostrava tutti i suoi anni, nello stesso tempo (minuto più, minuto meno) che un aereo impiega per portarci da Brindisi a Londra. E mentre andavamo da Lecce a Otranto, forse una delle linee più utilizzate dai turisti che d’estate scelgono il Salento e ci giudicano come noi giudichiamo i luoghi delle nostre vacanze, dal “Papola” è decollato un aereo ed è atterrato all’aeroporto di Bologna.



Abbiamo visto treni soppressi e poi ripristinati senza che qualcuno si spendesse in giustificazioni e magari qualche scusa, vagoni vecchi e sporchi con i finestrini dai quali il cielo appare sempre grigio a causa della polvere che giace ormai stratificata, carrozze acquistate con i soldi di tutti noi e ferme da anni su un binario morto perché inutilizzabili. Abbiamo attraversato paesaggi incantevoli e visitato stazioni tanto belle che qualcuno vorrebbe utilizzare per ospitarvi spettacoli e mostre d’arte, ma sempre più abbandonate perché gli utenti, sfiduciati, scelgono altri mezzi di trasporto. «Tanto non cambia nulla - hanno risposto in tanti al cronista che chiedeva il loro parere - da anni i disagi sono sempre gli stessi. E chi può si attrezza con l’auto».





Nulla di tutto questo rende onore alla rete ferroviaria privata più grande d’Italia: 474 chilometri di binari che potrebbero costituire un’infrastruttura modello in un territorio che di infrastrutture ha fame da sempre; 130 comuni collegati compresi quattro capoluoghi; scuole, università, uffici, ospedali, mercati, porti e località turistiche teoricamente a portata di mano, raggiungibili lasciando in garage l’auto. Quello che serve a un territorio che vuole sposare uno sviluppo sostenibile, quello che in realtà manca a un Salento che non ha ancora orientato nella giusta direzione la sua bussola.



Ma i problemi della Sud Est non riguardano soltanto il trasporto su rotaia. Quello su gomma, sui pullmann che ogni giorno trasportano migliaia di studenti e lavoratori pendolari, è l’altra faccia della stessa medaglia. Non meno logora della prima, visto che per gli utenti spesso il tragitto si trasforma in un’avventura e visto che il bilancio in rosso non consente all’azienda di curare la manutenzione dei mezzi. A Taranto e in provincia nelle ultime settimane si sono verificati tre incendi, uno dei quali ha quasi del tutto distrutto il mezzo. Nessun ferito tra i passeggeri, per fortuna, ma tanta paura e tanta rabbia. La stessa rabbia che in provincia di Brindisi ha spinto i genitori di decine di studenti a chiedere l’intervento dei carabinieri perché gli studenti vengono trasportati «in condizioni disumane». La stessa rabbia che nella zona di Casarano ha provocato più di una volta proteste e persino il blocco dei pullman da parte dei pendolari che spesso non trovano posto e sono costretti a disertare aule o uffici.



È da qui che ora si riparte. Da qui che i nuovi dirigenti dovranno muovere per dimostrarci che cambiare si può. Il risultato cui voi, lettori, e noi siamo giunti è la prova che anche in questo territorio si possono smuovere le acque per ottenere risposte concrete. Che vale sempre la pena intraprendere battaglie il cui scopo è il riconoscimento di un diritto negato, la soluzione di problemi che la politica - spesso distratta - non affronta o affronta male. E se ottenendo il Frecciarossa a Lecce il Salento ha voluto dire alle Ferrovie dello Stato e al Paese che qui non abitano cittadini di serie B ma italiani come italiani sono i milanesi o i torinesi o i romani, con il cambio di passo delle Sud Est salentini e pugliesi dovranno dimostrare a loro stessi di non essere da serie B. La possibilità di farlo c’è. Ognuno, a questo punto, faccia la sua parte. Noi faremo la nostra continuando a pubblicare le mail dei pendolari con le loro segnalazioni e i loro suggerimenti e continuando a inviare i nostri cronisti a bordo dei treni per raccontare ciò che non va. Aspettando di raccontare anche ciò che va.