Xylella: basta con l'inerzia, ha già provocato danni incalcolabili

Xylella: basta con l'inerzia, ha già provocato danni incalcolabili
di Giacinto URSO
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Domenica 19 Marzo 2017, 16:18
Oramai, in questo mondo, inquieto e capriccioso, non vi è da stupirsi di nulla. Perfino i parassiti possono servire, in politica, per trafiggersi di fioretto tra candidati di uno stesso partito. Infatti, otto giorni or sono, nel raduno, indetto da Matteo Renzi, presso il “Lingotto” di Torino, per rilanciare la sua candidatura alla segreteria del Partito Democratico, anche la fastidiosa “xylella”, che distrugge gli olivi, ha ricevuto una inattesa citazione, assurta alla ribalta nazionale. Tanto richiamo sta accentuando un ritornante, marcato allarme, che, sin dal 2013, attraversa il Salento e la Puglia. Ieri, è stata la “Coldiretti” a manifestare alla grande in maniera strana. Martedì prossimo saranno le altre Associazioni agricole ad attivare una vasta, ennesima protesta.

Nello stesso tempo, si scrive e si parla, in lungo e in largo, su tutti i mass-media, considerato che l’estensione del danno galoppa, i focolai infetti si accrescono, le zone invase non trovano riparo alcuno. Soprattutto, sull’argomento, la confusione sul da farsi regna sovrana. Così, le inerzie di intervento, appesantite da ritardi, appaiono vistose, aggravate, a loro volta, da un vociare continuo, spesso dispersivo e inconcludente, che somma – tra l’altro- un disperato, immaginario “fai da te”. In merito, quale dovere di verità, va precisato che, sino ad oggi, scienza e ricerca, pur se fortemente impegnate in varie maniere e da diverse fonti, non sono riuscite a suggerire decisivi rimedi e, perciò, si sono limitate ad emanare deboli direttive, che sono servite poco o niente. Non solo. A dire di alcuni esperti, sulla scorta di quanto già accaduto per la stessa calamità in altri luoghi del mondo, viene considerato impossibile il poter debellare l’assalto del batterio.

In pratica, non vi sarebbe alcuna via risolutiva e, quindi, resta soltanto – volenti o nolenti – il dover convivere con la “xylella”. Rassegnazione non agevole se si considera che l’infestazione comporta la distruzione di immense ricchezze patriarcali con il pericolo di una diffusione massiccia di altri parassiti alieni. Si parla di cimici cinesi, di punteruoli rossi, di popillia nipponica (in America viene combattuta con una spesa di 460 milioni di dollari all’anno) che, con altre specie, mettono a dura prova le coltivazioni di mais, di riso, di soia e della vite. Da noi, anche a carico degli agrumi, delle querce e di altre piante si accaniscono perniciosi attacchi distruttivi. Pare che siano i nefasti “regali” dell’attuale globalizzazione degli scambi, che fa circolare intensamente i prodotti e, in contempo, propaga infestazioni del tutto ignote.

In più, a carico degli ulivi, non sono mancati gli abbandoni delle virtuose, antiche coltivazioni delle terre, il danno dei facili incassi di sussidi comunitari forfetari, l’uso smodato di diserbanti, l’asfalto provocato alle superfici dei campi con alterazioni esiziali al drenaggio idrico e alla respirazione arborea. Si può anche supporre che le discariche di rifiuti di ogni genere, emergenti o interrati, in vari strati delle campagne, non abbiano facilitato la buona salute né agli alberi e nemmeno – aspetto più grave – alle persone. Al momento, però, particolarmente la “xylella” sta compiendo disastri in avanzata, che, pur tenendo presenti i limiti descritti e, in primo luogo, la scienza muta, non si possono accettare, alzando le braccia in senso di resa. Né diventa possibile da parte dei poteri costituiti – Unione Europea, Governo nazionale e Regione Puglia – issare bandiera bianca e perseverare nei ritardi, senza darsi almeno una seria, continuativa preoccupazione e, in particolar modo, senza raggiungere un rigoroso riordino di posizioni assonanti e di sostanzioso conforto ravvicinato ai produttori interessati attraverso l’erogazione di stanziamenti finanziari e di assistenza tecnica, allertando tutti gli Istituti, idonei a frenare la calamità parassitaria.

Anche l’Associazionismo agricolo, un po’ restio a convergenze unitarie, deve, ripeto deve, approntare e offrire un piano, meditato e valido, di probabile freno al guasto imperante, lasciando da parte l’eventuale seduzione del folklore agitativo. Tenendo presente che la desertificazione dei feudi olivetati polverizza redditi cospicui, propri di un settore economico primario, e compromette la qualità e la quantità dell’olio d’oliva prodotto. Maledettamente sfigura il paesaggio, annullando, in maniera terribile, il bosco verde, unico e sublime, degli olivi, che è alla base della nostra attrazione turistica e dell’importante circuito agrituristico. Si aggravano al ribasso pure gli indici occupativi. Si occlude o si rende problematica la sostituzione delle piante distrutte, che, per ora, non si rimpiazzano con nuove varietà forse resistenti alla “xylella” e alle sue “sorelle”. Proprio su questo fronte del reimpianto o della scelta di altre piantagioni sostitutive, si deve aprire da subito una necessaria riflessione. La Regione, in materia, ha quasi potere esclusivo per disporre modi e mezzi, rivolti a rivitalizzare al meglio il distrutto. Ciò – oltre a tutto quello che si possa ancora fare per alleggerire il flagello “xylella”, – va affrontato in modo da impedire – scrivevo su queste colonne il 19 giugno 2016 – “il rischio di indossare, senza suggerite alternative colturali, il velo del lutto e della rassegnata mestizia”.

Infine, anche attraverso i vari tipi di sussidio di cittadinanza, in corso d’opera, si potrebbe dare una mano alla agricoltura sofferente, cominciando dalla bonifica dei territori malridotti. Dopo l’ultima guerra, i cosiddetti cantieri di lavoro fornirono pane e risanamento di opere. Il resto, vista l’evanescenza del pubblico potere, lo completi San Giuseppe lavoratore, il festeggiato di oggi, la cui secca verga di sostegno, miracolosamente, tornò a verdeggiare.
 
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