Salento: un marchio che sostenga tutti i comparti produttivi

di Adelmo GAETANI
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Giovedì 28 Aprile 2016, 20:55
Il Salento ha nel turismo un suo punto di forza imprescindibile. È un territorio diventato, da qualche lustro, una delle mete più gettonate in Italia e all’estero grazie alle sue bellezze paesaggistiche, alle risorse storico-culturali, alla ricca offerta enogastronomica, agli eventi e all’ospitalità. Il turismo, divenuto una forte leva per la crescita locale, induce molti osservatori a ritenere che il Salento viva prevalentemente di quell’attività, di altre ad essa connesse e di servizi, mentre l’apparato industriale viene sottovalutato nelle sue dimensioni in termini di addetti, unità locali, valore della produzione ed esportazioni.

In realtà, la sola attività turistica, nelle condizioni date, può produrre un Pil diretto intorno al 12-15% e un Pil totale, comprendenti le attività collegate e/o trainate, che difficilmente può superare il 30%. Naturalmente, la presenza continua su un territorio di uomini e donne provenienti da ogni parte del mondo ha un impatto socio-culturale e una spinta alla crescita che non possono essere ridotti ad un semplice elemento economicistico.
Ma, il dato di fondo non cambia, almeno nel medio periodo. Ragione per cui, anche un territorio fortemente attrattivo e in costante crescita, come il Salento, è obbligato ad integrare il suo orizzonte di sviluppo attraverso la valorizzazione innovativa di comparti produttivi storicamente presenti o con investimenti, a sostenibilità ambientale e ad alto contenuto tecnologico, che incidano su un percorso di crescita socio-economica che abbia ricadute positive sul mercato del lavoro. Anche perché, l’industria nel Salento è storicamente radicata e diversificata e annovera importanti aziende in diversi comparti (Tac, metalmeccanica, agroalimentare, estrattivo, legno-mobilio, chimica, cementiero, cartotecnica, Ict, edilizia).

Il caso più emblematico per il Salento è proprio il Tac (tessile, abbigliamento, calzaturiero), punta di diamante industriale sino a una ventina di anni fa, toccato prima, travolto poi da una crisi figlia della globalizzazione e dei ritardi nell’intercettare i processi di innovazione. Dodicimila posti di lavoro andati in fumo, tra delocalizzazione delle attività produttive e chiusura delle fabbriche, e decenni di storia del lavoro e dell’impresa del territorio inceneriti. 
In un convegno svoltosi a Lecce meno di un anno fa sul tema “Sviluppo: serve l’industria”, Cgil, Cisl e Uil ricordarono che nel 2008 era stato sottoscritto un accordo di programma con un finanziamento di 40 milioni di euro (20 dal Ministero dello Sviluppo economico e 20 dalla Regione Puglia) a sostegno del Tac. Risorse mai utilizzate da imprese ormai moribonde o collassate.

Sembrava tutto perso. Eppure, in un contesto segnato da una crisi lunga e profonda c’è chi non ha perso la fiducia, chi ha cercato e trovato proprio nelle difficoltà la forza e le ragioni di una risalita di cui oggi si colgono i frutti. Innovazione tecnologica continua, qualità di prodotto, professionalità delle maestranze hanno consentito di conquistare spazi nel mercato del lusso e, in alcuni casi, lanciare o potenziare un marchio attraverso il quale è stato possibile conquistare importanti spazi di vendita in Italia e all’estero.
La nascita a Casarano del Politecnico del Made in Italy è la conferma di una svolta profonda nell’idea stessa di fare prodotto, laddove la scuola, la preparazione teorica, la sperimentazione continua diventano la risorsa più spendibile sul terreno della competizione globale. 
Un processo nuovo che dimostra vitalità imprenditoriale, mentre conferma la predisposizione di un territorio che sente di essere cresciuto e di poter ingaggiare sfide prima impensabili.

È chiaro, però, che da solo il Salento può fare una parte di strada, non tutta. C’è anche bisogno di una politica regionale e nazionale che intercetti i movimenti positivi in corso e intervenga con piani operativi capaci allo stesso tempo di risolvere vecchie e nuove criticità (infrastrutture, sistema trasporti stico - a proposito: il Frecciarossa? - , banda larga) e di sostenere l’intraprendenza imprenditoriale con l’allentamento della pressione fiscale per le aziende e i lavoratori, un credito accessibile e finanziamenti agevolati per nuove iniziative e per l’innovazione tecnologica dei processi produttivi. I fondi Ue 2014-2020 dovrebbero essere impegnati in questa direzione: è l’unico modo per allargare la base produttiva e far crescere l’occupazione.
Da parte sua, il Salento deve trovare al suo interno altre energie e nuovi obiettivi sui quali muoversi, ma anche gli strumenti attraverso i quali operare concretamente. <USdefault>È fondamentale avere un’idea alta del nostro territorio, delle sue offerte e delle sue potenzialità. Qualcuno ha proposto l’adozione di una Carta di identità dei prodotti salentini, una sorta di marchio di qualità sul quale richiamare la fiducia di consumatori e visitatori. Perché, ed è questo l’elemento che può diventare decisivo, il Salento deve sapersi proporre in modo univoco sia quando fa turismo, sia quando produce beni materiali: qualità e affidabilità devono essere il costante tratto d’unione che mai deve venir meno.

Un Network costituito dalle principali aziende salentine - spesso tra le eccellenze riconosciute a livello globale - dei diversi settori produttivi, dalle risorse intellettuali e creative, con la collaborazione delle Istituzioni, potrebbe essere lo strumento autorevole per promuovere e garantire un Marchio Salento a disposizione di un territorio che vuole crescere, nel rispetto di se stesso e degli altri, avendo costantemente presenti ambiziosi, quanto raggiungibili, traguardi.
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