Tap, i doveri di un sindaco per la legalità

Tap, i doveri di un sindaco per la legalità
di Cataldo MOTTA
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Mercoledì 13 Settembre 2017, 21:15
Si era ritenuto finora che destinatari degli interventi di educazione alla legalità fossero i nostri ragazzi delle scuole medie, ma la recente vicenda che ha visto il sindaco di Melendugno autore di una lettera indirizzata al Prefetto di Lecce «affinché fosse garantito il diritto di contestare TAP», indica che forse il tema richiede maggiore attenzione.
Maggiore attenzione affinché la legalità, tanto sbandierata, non venga messa in forse da comportamenti di chi ricopra cariche istituzionali che si pongano oggettivamente in contrasto con essa.
La lettera inviata al Prefetto presenta taluni profili che, valutati in maniera a sé stante, al di là del caso specifico, forniscono argomenti di riflessione.
Innanzi tutto quello che è indicato come «il diritto di cittadine e cittadini a manifestare il proprio dissenso rispetto a quest’opera non condivisa» (in breve, l’attraversamento del gasdotto del territorio di Melendugno), per un verso, trova una oggettiva limitazione nell’esito dei rimedi e dei sistemi di controllo previsti dalla normativa vigente (opposizioni, ricorsi, reclami, impugnazioni), tutti esperiti dall’Amministrazione comunale interessata nelle competenti sedi - penale, civile, amministrativa - e tutti respinti. Per altro verso, tale diritto non sembra possa essere riconosciuto al capo dell’Amministrazione comunale, chiamato a rispettare provvedimenti dei quali sia stata confermata la legittimità in modo giuridicamente definitivo e a non frapporre ostacoli alla loro esecuzione.
Si badi: non si discute qui del diritto dei cittadini di manifestare liberamente a favore o contro qualsivoglia scelta del Governo centrale o delle Amministrazioni locali, ma si ritiene che la riconosciuta legittimità dei provvedimenti, condivisi oppur no, non consenta che tali manifestazioni abbiano come protagonista chi è chiamato al rispetto di decisioni portate da atti giuridicamente vincolanti.
Invero, nel suo più recente esposto in sede penale, il sindaco di Melendugno prospettava una serie di violazioni di legge che, a suo parere, avrebbero reso illegittimi gli atti e le procedure, ma la conclusione del pubblico ministero, dell’assoluta legittimità e regolarità dei provvedimenti e del loro iter procedurale, è stata integralmente condivisa dal Giudice per le indagini preliminari che ha rigettato l’opposizione del Comune e accolto la richiesta di archiviazione della Procura.
Orbene, divenuti irrevocabili i provvedimenti in questione (non solo quelli giudiziari) e riconosciutane definitivamente la legittimità, il principio di legalità - che impone il rispetto delle decisioni, anche giudiziarie, legittimamente adottate - può rendere di fatto sterile la protesta dei cittadini. Non senza considerare, peraltro, che la risoluzione di qualsiasi controversia comporta necessariamente la soccombenza di una delle due parti in contrasto tra loro.
Ci si trova di fronte a diritti di pari dignità costituzionale, quello della libera manifestazione del proprio pensiero (articolo 21 della Costituzione) e quelli del buon andamento dell’amministrazione e della tutela della giustizia nell’amministrazione (articoli 97 e 100); ma il diritto alla libera espressione del pensiero trova limiti non solo nell’analogo diritto degli altri ma anche nella esigenza di rispetto della legge, compresa quella penale. Tale diritto, quindi, non equivale ad un lasciapassare per l’illecito e piuttosto, per un verso, richiede un controllo attento delle modalità con le quali venga esercitato; per altro verso, esclude che il sindaco, che tra l’altro ha veste di pubblico ufficiale e di ufficiale del Governo, nonché di ufficiale di polizia giudiziaria nei comuni ove non abbia sede un ufficio della Polizia di Stato o un comando dei Carabinieri o della Guardia di Finanza, possa eludere i suoi compiti istituzionali e ricorrere a sistemi ostruzionistici per impedire la realizzazione di opere deliberate con atti legittimi o possa sollecitare i cittadini a manifestare l’eventuale dissenso.
Da qui il secondo profilo di perplessità della lettera al Prefetto, rappresentato dall’avere il sindaco censurato i comportamenti del Questore di Lecce, sollecittandone il trasferimento, «per aver espresso opinioni censurabili sulla libertà di azione e di opinione di politici e rappresentanti istituzionali democraticamente eletti», per avere ordinato azioni di protezione dei lavori di Tap» in forma dal sindaco ritenuta eccessiva (e in merito alle quali lo stesso sindaco prospetta genericamente un immotivato dubbio di illegittimità), per aver fatto notificare centinaia di sanzioni a cittadine e cittadini che manifestavano quelle sere il proprio dissenso rispetto all’opera in questione, non condivisa». In estrema sintesi per aver fatto il proprio dovere di Questore, tenuto a far rispettare la legge nonché sentenze e provvedimenti amministrativi che abbiano superato il vaglio dei relativi controlli. Dovere che accomuna tutti i rappresentanti delle Istituzioni, da esigere nei comportamenti concreti e non solo nelle ricorrenti espressioni di condivisione del principio di legalità.
Il Questore non ha certamente bisogno di una mia difesa di ufficio (a tacer d’altro, non ne avrei la veste) e sa bene quel che fa e che ha fatto, garantendo l’ordine pubblico con il costante controllo - assolutamente necessario, come si è detto - che non fossero commessi reati o illeciti altrimenti sanzionati, come i blocchi stradali per i quali sono state applicate le relative sanzioni amministrative a coloro che avevano creato intralcio alla circolazione stradale. In poche parole, aveva fatto rispettare le regole e di questo il Prefetto lo ha ringraziato e tutti noi dobbiamo essergli grati per la capacità dimostrata nel gestire l’ordine pubblico in condizioni particolarmente difficili anche per le estemporanee iniziative di chi indossa la fascia tricolore di sindaco e che, a differenza dei comuni cittadini, ha il dovere di rispettare il rapporto tra le istituzioni dello Stato quale rappresentante di quella più vicina alla popolazione. Ci si deve associare ai ringraziamenti del Prefetto - tutta la cittadinanza - e ricordare che educare alla legalità significa inculcare nei giovani il senso del dovere, lo spirito di servizio, il principio di eguaglianza, il rispetto delle regole, i valori istituzionali. E che, dopo la sostituzione dell’articolo 96 della Costituzione, non vi sono privilegi o salvacondotti per nessuno, neanche se «eletto democraticamente».
Da ultimo deve osservarsi che nella parte finale del suo scritto, il sindaco di Melendugno, per i suddetti motivi e «per continuare ad esprimere il dissenso di tante comunità verso quest’opera inutile e imposta» aveva invitato «tutti i colleghi sindaci del Salento ed i cittadini a partecipare il 13 agosto, a San Foca, alla manifestazione per sensibilizzare ed informare su tali temi. Per la libertà, per la democrazia». Ma è motivo di soddisfazione che l’appello sia stato accolto solo da altri sei sindaci - su 96 con una percentuale inferiore al 6% - e che tutti gli altri abbiano disertato la manifestazione, così di fatto dissociandosi sia dall’allarmato richiamo del loro collega di Melendugno alla libertà e alla democrazia, a suo avviso messe in pericolo dalle limitazioni che il diritto di manifestare il proprio pensiero subirebbe poliziescamente in terra salentina, sia dalle iniziative dello stesso sindaco di Melendugno, dalle sue valutazioni e dalle modalità con cui queste ultime erano state espresse.

Cataldo Motta
* Già Procuratore capo di Lecce
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