Scuola Salento, giovani registi crescono

di Luca BANDIRALI
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Giovedì 29 Settembre 2016, 11:00
La domanda scomoda che molti studenti di area umanistica si vedono rivolgere, e che molto spesso rivolgono a se stessi, è quasi ineludibile: cosa ci faccio con questa laurea? La storia di Fabrizio Lecce, una laurea triennale al non più attivo corso Stamms (Scienze e Tecnologie delle Arti, della Musica e dello Spettacolo) di Unisalento, può rappresentare una risposta. 
Intanto si è preso una laurea specialistica allo Iulm di Milano, perfezionando le proprie competenze in materia cinematografica e distinguendosi fra i migliori allievi di Gianni Canova; poi è tornato a casa e ha continuato a fare quello che lo ha sempre appassionato: realizzare prodotti audiovisivi, dal videoclip al cortometraggio, dallo spot al documentario. Ora è un (giovane) professionista del settore, ha co-fondato a Galatina una casa di produzione che si chiama Meditfilm, e lavora come regista e sceneggiatore.

Fabrizio Lecce ha mantenuto un legame fortissimo con il territorio e questo legame, invece che limitarlo, lo ispira: basti pensare a un suo documentario come “Il Griko tra antropologia e teatro” e ai suoi interessi specifici nel campo dell’antropologia visuale, che lo hanno portato a realizzare un progetto a vocazione etnografica, “Luoghi e visioni”, condiviso con alcuni compagni di strada come Tommaso Faggiano. Dallo sviluppo del progetto “Luoghi e visioni” nascono alcune realizzazioni recenti di eccellente qualità che in questi giorni verranno presentate alla Biennale di Pechino. Si tratta in particolare di due lungometraggi, “Equilibri nel tempo” di Fabrizio Lecce e “L’ultimo temporale” di Tommaso Faggiano. Il primo è un film estremamente suggestivo, un viaggio a ritroso nella cultura arcaica, punteggiato dai megaliti del Salento; il secondo è uno studio dei paesaggi salentini, tra natura e segno antropico, con le musiche di Enzo Fina. L’ambizione di questi lavori è quella di istituire uno sguardo non turistico sul territorio, mostrando le strutture più profonde, più astratte ma anche più radicate, dell’epos di un luogo. Le due opere comunicano un senso di leggerezza contemplativa, di compostezza riflessiva che non mancheranno di entrare in sintonia con il pubblico cinese. Il viaggio di andata delle immagini dal Salento a Pechino avrà poi un viaggio di ritorno: Lecce e Faggiano, coadiuvati dalle ricercatrici del gruppo di lavoro di “Luoghi e visioni” (Francesca Casaluci e Paola Pede), hanno un piano di riprese da realizzare a Pechino nel clima della tradizionale festa Zhongqiu o di Metà Autunno, per un film-reportage che arricchirà il catalogo di Meditfilm.

Questa bella storia ci consegna due concetti importanti. Il primo è che la tradizione e il genius loci sono materiali da costruzione, pezzi di realtà che consentono all’artista di esprimere quel che vuole. Se si decide di parlare di ciò che si ha vicino, non si è condannati al folklore, né all’autobiografismo. In secondo luogo, i contenuti “locali” del cinema etno-antropologico di “Luoghi e visioni” sono trasformati dal dispositivo della ripresa in contenuti praticamente universali, comuni al bagaglio culturale di tutte le società: valutare visivamente l’impatto dell’uomo sul paesaggio e sulla memoria è un’operazione critica ed estetica che si fa di fronte alla campagna salentina come di fronte all’outback australiano.

Un ulteriore insegnamento di questa vicenda è che i giovani creativi del Salento possono andare molto lontano, se vogliono; e guadagnare buoni argomenti per rispondere alla domanda di rito: ma che ci fai con questa laurea umanistica?
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