Difendere la Costituzione per attuarla

di Michele DI SCHIENA
5 Minuti di Lettura
Mercoledì 30 Novembre 2016, 18:16 - Ultimo aggiornamento: 18:17
Luci ed ombre fra i sostenitori del sì e del no in questa campagna referendaria che ormai volge al termine perché ai seri approfondimenti, alle serene riflessioni e ai ragionati appelli hanno fatto purtroppo da penoso contraltare i banali luoghi comuni, le plateali bugie, le sgarbate provocazioni, i rozzi insulti e persino certe sfrontate e ciniche esaltazioni di forme scorrette della ricerca del consenso.

Circostanze che danno la deformata immagine di un meridione parassitario e clientelare. Ma l’ombra più cupa è stata forse quella di quei giovani, fino a ieri promessa di cambiamento e oggi di piena osservanza governativa, che hanno fatto ingresso nell’agone mediatico con atteggiamenti, parole e logiche mutuate dalla più logora e vecchia politica. Fatte salve le dovute eccezioni, si è visto lo stesso conformismo alle mutevoli direttive del leader, la stessa povertà argomentativa, la medesima refrattarietà all’ascolto e lo stesso pregiudiziale arroccamento sulle scelte del proprio referente. Giovani insomma affetti da una sorta di sindrome di Werner in versione politica, quella malattia che provoca un rapido e precoce invecchiamento con la differenza che mentre la patologia organica non è infettiva, quella dovuta a un improvviso e celere invecchiamento politico sembra essere assai contagiosa.

Non vi è dubbio però che il lungo e acceso confronto, nonostante le intemperanze e gli eccessi, va riguardato come un fatto nettamente positivo come lo è ogni occasione di diffuso e sentito coinvolgimento dei cittadini nel dibattito sulla gestione della cosa pubblica. Se infatti la partecipazione è la linfa della democrazia, come afferma l’articolo 3 dello Statuto che, dopo aver proclamato il principio di uguaglianza, indica nello sviluppo della persona umana e nella partecipazione gli obiettivi fondamentali che la politica dovrebbe perseguire, non ha senso quella diffusa letteratura che finisce per vedere solo gli aspetti negativi della campagna referendaria senza cogliere in positivo la fermentazione democratica che essa sta provocando in tante coscienze di una società spesso rassegnata e delusa. Guardando al merito va ricordato che quella in discussione è una riforma che riguarda la seconda parte della Costituzione e cioè quella dedicata all’“Ordinamento” della Repubblica costituito dalle procedure e dagli strumenti operativi predisposti per dare attuazione ai principi sanciti e alle direttive impartite dalla prima parte dello Statuto. E a tale riguardo va sottolineato che la prima e la seconda parte della nostra Carta sono legate da un rapporto organico dal momento che i metodi, le regole, le garanzie e i mezzi (contenuti nella seconda parte) sono in funzione dei progetti, delle scelte, delle dinamiche e degli obiettivi (presenti nella prima parte) sicché intervenendo massicciamente sull’ “Ordinamento”, come fa l’attuale riforma, si finisce per svuotare i principi fondamentali proclamati nella parte introduttiva e progettuale dello Statuto e per intaccare i diritti da esso riconosciuti e tutelati in favore dei cittadini.

È giusto allora riflettere sul contenuto della prima parte della Costituzione ricordando che essa col primo articolo pone a fondamento della Repubblica il lavoro considerandolo come valore informativo dell’intero ordinamento e affermando all’art. 4 che la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni per renderlo effettivo. Una vera svolta nella concezione del lavoro che, sul piano istituzionale, da attività relegata in un ruolo sostanzialmente servile viene elevato a pietra angolare della costruzione dello stato repubblicano e, sul piano soggettivo, diviene un diritto fondamentale connaturato alla dignità della persona umana. Così connaturato all’essenza dell’uomo da far dire allo scrittore e moralista cattolico Igino Giordani che “non far lavorare l’uomo è come non farlo respirare”. Una Costituzione che riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo; afferma il principio della parità sociale con l’impegno a rimuovere gli ostacoli che di fatto impediscono la partecipazione dei cittadini alla vita pubblica del Paese; tutela la salute come diritto dell’individuo e interesse della collettività; dice che la Repubblica deve rendere effettivo per tutti il diritto allo studio; prescrive che il sistema tributario deve essere informato a criteri di progressività; che i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche devono adempierle con “disciplina ed onore” e dichiara che l’Italia “ripudia la guerra” come strumento di offesa e mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Per quanto attiene poi alla politica economica assegna allo Stato compiti di soggetto attivo nei processi economici garantendo gli istituti della proprietà privata e della libera iniziativa economica ma prescrivendo che l’una e l’altra devono avere funzione sociale e non possono svolgersi contro gli interessi della collettività.

Il fatto è che la riforma costituzionale in discussione, sul piano della concezione della democrazia, risulta caratterizzata da una logica rivolta a trasferire i poteri politici di decisione dai territori e dal popolo ai vertici del potere esecutivo e perciò non migliora ma sensibilmente riduce la funzionalità della seconda parte della Costituzione rispetto alla prima svuotando i principi e intaccando i diritti. E in questo quadro la stessa riforma, comportando come effetto indiretto ma scontato l’ulteriore indebolimento dei ceti sociali più deboli, finirà per rafforzare quelle scelte della politica economica dell’attuale Governo che si sono già concretizzate con la cancellazione dell’art.18 e la libertà di licenziamento, con l’aggravamento della precarizzazione del lavoro e con le tante misure in linea con i precetti di quell’establishment che vigila e opera al servizio dell’imperante neoliberismo. Ne consegue che a fronte di una riforma costituzionale che si propone di verticalizzare la nostra democrazia comprimendo la partecipazione democratica, la speranza è che il 4 dicembre prossimo il popolo si senta investito di un vero e proprio ruolo costituente per assolvere al compito di salvaguardare la Costituzione allo scopo di farla rivivere nella coscienza democratica dei cittadini e di pretendere che finalmente si ponga mano alla sua concreta attuazione.
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA