Un sindaco “medico” a Palazzo Carafa

di Ferdinando BOERO
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Venerdì 23 Settembre 2016, 11:03
Il direttore Scamardella lancia un grosso masso nello stagno delle candidature a sindaco di Lecce, e iniziano le reazioni del mondo politico. Vivo a Lecce da 30 anni, ma sono uno che viene da “fuori”, proprio come il direttore del Quotidiano. Ho girato abbastanza il mondo e posso dire che quello che ha descritto si può adattare a molte altre realtà.

Naturalmente, con accentuazioni, caratteristiche, interpreti e anche modalità diverse. Il mio amico Frank Zappa scrisse una canzone su questo, si chiama Society Pages. Descriveva quel che avviene in California: una realtà non molto differente dalla nostra. Dappertutto ci sono i comitati di affari e si fanno le scelte in base alle appartenenze. Si finge di litigare e poi le torte vengono spartite. Devo dire che il Salento ha espresso uomini e donne molto importanti in politica. Come non ricordare Aldo Moro, e altre figure che hanno ricoperto cariche ministeriali o hanno presieduto importanti commissioni. Ci sono le figure “alte” e poi c’è il gioco di retrobottega, con le clientele e i favori. È così che si prendono i voti, a volte si ereditano persino.

Non dovrebbe essere così, ma resto sempre dell’idea che i politici, essendo eletti, siano quanto di meglio una società ha da esprimere. Ci sono tanti, tantissimi che non votano più e che non si riconoscono nei politici in carica. Ma anche loro hanno colpa: non riescono ad organizzarsi e ad esprimere un’alternativa. Il Movimento 5 Stelle ha provato, e continua a provare, ad esprimere qualcosa di diverso. A volte ci riesce, altre volte ricade nel giochetto delle faide e delle ripicche. Non basta un’etichetta nuova per cambiare il contenuto del barattolo. L’Italia dei Valori ci provò, e espresse Scilipoti e Razzi, e De Gregorio (quello che fece cadere Prodi cambiando bandiera in un momento strategico). Quando arrivano così tanti voti, gli opportunisti si propongono e poi succede quel che ben sappiamo.
Ora tutti sono contentissimi delle vicissitudini di Raggi, a Roma. La morale è che non esistono “buoni” e che anche “loro” sono “come tutti gli altri”. Il messaggio è: rassegnatevi che tanto non ci sono alternative. Chi pensa di risolvere la questione smettendo di votare non fa altro che consegnare il paese agli opportunisti. Finirà che andranno al governo con il proprio voto, e con quello dei familiari.
Una cosa è quasi certa: le risorse sono quasi finite e accontentare le clientele diventa sempre più difficile. Prima si offrivano posti a vita, e pensioni. Ora ci sono brevi contratti. Ma la disperazione è tale che ci si vende per poco. Nella speranza che poi arrivi qualcosa di più concreto. Ci sono gli appalti da gestire, e lì le torte sono ancora cospicue. Danno lavoro, ci dicono.

Ci sono tante cose che non vanno a Lecce. Ogni tanto mi sono divertito ad elencarle, a iniziare dalla realtà universitaria in cui vivo. Mi arrabbio per molte storture ma, nel complesso, mi reputo fortunato a vivere qui. Mi piacerebbero strade più sicure per i ciclisti, e poter andare all’aeroporto in treno, il centro storico chiuso alle auto, meno pacchianerie e altre cosette del genere. Cose che si realizzano con una buona amministrazione, indipendentemente dal colore politico. Il sindaco dovrebbe essere come un medico, che non si sceglie in base al partito a cui aderisce, si sceglie in base alle sue competenze, ai risultati che ha ottenuto curando altri malati. Tutti i cittadini vogliono la stessa cosa: una città che funzioni. Devono vedere un programma, e la “storia” di chi lo propone deve essere una garanzia. Questo in un mondo perfetto. Ma tra questo e avere i voti ce ne corre. Chi pagherà le campagne elettorali? Perché mai un candidato dovrebbe spendere una montagna di denaro per rendere poi un servizio alla sua città? Come pensa di rifarsi della spesa? Spesso mi sono posto queste domande. E spesso ho trovato risposte che mi piacciono poco.

Ma poi non basta un sindaco. L’apparato amministrativo non cambia mica, col nuovo sindaco. Virginia Raggi probabilmente sta governando Roma con l’apparato scelto da Alemanno, o da un Pd che non ha dato prova migliore.
Conosco sindaci ottimi, e so che si può fare bene. Alcuni non so neppure di che partito siano. Speriamo che gente simile abbia voglia di provarci. La democrazia è uno strumento molto difficile da maneggiare. Oggi, nel Regno Unito, culla della moderna democrazia, c’è piena contezza del madornale errore di aver votato per uscire dall’Unione Europea. Se si rivotasse, pare che l’esito sarebbe di segno opposto. In democrazia la maggioranza vince, ma non è detto che abbia ragione. Visto lo stato in cui versa l’intero paese, è probabile che noi non l’abbiamo usata molto bene. L’alternativa alla democrazia non mi entusiasma, però. E ora vediamo chi si propone, e con quale programma e quale curriculum. La mia scelta si baserà su questo.
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