Morire in vacanza sulle vie del Salento: è ora di parlarne

di Roberto Marabini*
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Venerdì 12 Febbraio 2016, 09:40
Sono trascorsi poco meno di sei mesi dal 25 agosto 2015. Nei prossimi giorni, il 25 febbraio, scadranno i termini per la chiusura delle indagini, salvo proroghe, relative ad una tragedia stradale avvenuta in Salento proprio il 25 agosto. E proprio in questi giorno, fino al 15 febbraio, a Milano si svolgerà Bit 2016, la Borsa Internazionale del Turismo. 

L’incidente stradale del 25 agosto ha causato la morte di due ragazzi ed il grave ferimento di altri quattro, tutti di età compresa fra i 19 ed i 25 anni. Erano in vacanza in Salento. Ecco perché un incidente stradale con le sue complesse indagini si collega al Salone del turismo. Ecco perché, in questi giorni e attraverso questo intervento, sono a richiedere ospitalità sulle pagine del Quotidiano di Puglia.
Sono lo zio di uno dei ragazzi morti nell’incidente. Sono anche un giornalista. Vorrei chiedere al Quotidiano di Puglia di sostenermi e farsi portavoce di due proposte:
Un incontro di formazione universitaria e orientamento professionale, da organizzarsi in collaborazione con la Facoltà di Scienze della comunicazione dell’Università del Salento e l’Ordine dei Giornalisti della Puglia, sul tema: “Cronaca distorta e diffamatoria di una tragedia stradale”.
Una intervista o una semplice domanda da porre ai Presidenti della provincia di Lecce e della Regione Puglia (nella speranza che vogliano rispondere) sul tema: “Sviluppo turistico e strutture viabilistiche del Salento: contraddizioni e proposte”.
Vorrei sottolineare che queste mie due proposte intendono essere… propositive. Non sono “contro” nulla e nessuno. 
Secondo le regole della sintesi giornalistica, potrei aver già esaurito il mio intervento. Se opportuno e se mi è concesso, proverei a motivare le due proposte. Prendendo inizio da un flash di cronaca, finora mai scritto.
È la tarda mattinata del 25 agosto. Michela Fiori, 24 anni, è in casa, a Varese. Alle 11,57 riceve una chiamata da un amico: “Ciao Michela, come va?”, “Tutto bene!”, “Volevo chiederti... quando hai sentito tuo fratello Marco?”, “Ieri pomeriggio. Pensavo di chiamarlo fra poco.”, “Ecco... volevo dirti... ho appena letto su internet che questa mattina c’è stato un incidente in Salento. Non ci sono i nomi, ma l’articolo parla di sei ragazzi di Varese coinvolti. Forse è meglio che fai qualche verifica...”.
Michela accende il pc. Proprio in quel momento sulla home page di Varesenews, il quotidiano online della sua città, vengono pubblicati i nomi e le foto di Nicolò De Peverelli, 20 anni, e Marco Fiori, 22 anni. Pare siano morti intorno alle 7 sulle strade di Nardò. I loro quattro amici sarebbero gravemente feriti. Marco è il fratello di Michela, studente-lavoratore, giocatore di hockey su ghiaccio in serie B, padre di una bimba di un anno.
Michela sprofonda in un incubo. Avverte i genitori. Insieme cercano conferme presso le autorità. Nulla di nulla. Michela telefona alla redazione di Varenews. Riesce a mantenere la calma, per natura è una ragazza dolcissima, dalla voce flebile: “Buongiorno, sono Michela Fiori. Ho appena letto sulla vostra home page che mio fratello Marco sarebbe morto qualche ora fa in un incidente stradale. Come avete avuto la notizia? A chi posso chiedere qualcosa?”.
La pubblicazione dei nomi e delle foto di due ragazzi morti, prima che le autorità comunichino la notizia alle famiglie, è solamente il primo tassello di un’onda mediatica tanto violenta quanto gestita in maniera professionalmente inaccettabile da una moltitudine di testate giornalistiche, locali e nazionali, cartacee e online. Tragedia nella tragedia, questa inettitudine professionale NON rappresenta un’eccezione. Siamo di fronte alla quotidianità di una professione allo sbando.
Fra le inettitudini che potremmo rilevare ogni giorno, in troppi articoli di troppi mezzi di comunicazione italiani, ecco qualche ulteriore esempio emerso dalle cronache dell’incidente del 25 agosto: titoli sbagliati, fuorvianti e diffamatori; errori e approssimazioni nella ricostruzione dei fatti; scivolamento nei luoghi comuni e sentenze mediatiche inaccettabili; confusione fra il ruolo del cronista e quello del giudice; festival di commenti diffamatori da parte di lettori disinformati (comunque penalmente perseguibili); responsabilità delle redazioni e dei direttori nella manifesta incapacità di gestione dei dibattiti fra i lettori; utilizzo inappropriato dei social media, alla ricerca di notizie, testimonianze, fotografie; pubblicazione di interviste e testimonianze letteralmente mai avvenute o raccolte.
Non ritengo affatto necessario entrare nel merito della complessa dinamica dell’incidente, anche se diversi elementi avrebbero potuto e dovuto allertare i cronisti fin dai primi minuti e dai primi rilievi: la posizione dei mezzi, le tracce sull’asfalto, la segnaletica. Le indagini e soprattutto le sentenze spettano alla magistratura. I cronisti dovrebbero provare, quantomeno, ad impegnarsi con professionalità e dignità. Senza reclamare l’impunità in caso di eventuali errori. Sempre meno eventuali.
Ecco perché nelle scorse settimane ho ritenuto di presentare al Consiglio di disciplina dell’Ordine dei Giornalisti un corposo esposto relativo ad una ventina di articoli ed una dozzina di testate, rappresentativi della deriva professionale. Ecco perché lo stesso Ordine dei Giornalisti mi ha suggerito, in via complementare al procedimento disciplinare, di proporre la realizzazione di incontri formativi universitari e di aggiornamento professionale sul tema delle “Cronache distorte e diffamatorie”.
Il primo di questi incontri sarà organizzato in primavera, in collaborazione fra l’Università dell’Insubria e l’Ordine dei giornalisti della Lombardia: il format prevede la ri-lettura degli articoli di cronaca in contraddittorio con un giurista indicato dall’Ordine. Come scritto all’inizio di questo intervento, vorrei riproporre l’iniziativa all’Università del Salento ed all’Ordine dei Giornalisti della Puglia.
Relativamente alla mia seconda proposta, cioè un intervento dei Presidenti della Provincia di Legge e della Regione Puglia sul tema “Sviluppo turistico e strutture viabilistiche del Salento”, non posso che provare a ri-allacciarmi ad una precedente richiesta, in tutto e del tutto simile. L’avevo inviata il 3 settembre scorso alla diretta attenzione degli interessati (i due Presidenti). Il contenuto della richiesta era semplice e, sottolineo ancora una volta, propositivo. Forse sono stato un po’ troppo ingenuamente propositivo? Non ho ricevuto alcuna risposta.
Nella mia richiesta facevo riferimento alla eccezionale e meritoria crescita turistica registrata in Salento nell’ultimo ventennio ed a come, anche nelle migliori operazioni, la tumultosità del successo sia sempre accompagnata da qualche aspetto negativo. Magari secondario, ma meritevole di attenzione. Appunto: in questo caso, fra gli altri, la viabilità.
Ogni estate, nell’arco di poche settimane, quattro milioni di turisti si riversano nelle vie, sulle strade e sugli incroci del Salento. Le grandi opere viabilistiche sono costose e incomplete, i cartelli stradali sono antichi e contraddittori, le strisce bianche sull’asfalto sono inesistenti. Ogni sera, la transumanza da un concerto di piazza all’altro si trasforma in migliaia di piccole-grandi odissee, anche divertenti. A volte, tragiche.
Quali sono le analisi, i progetti e le proposte dei massimi amministratori della Puglia e del Salento? In questi giorni, potremo dare qualche buona notizia agli operatori che, in occasione della Borsa Internazionale del Turismo, si apprestano ad orientare le scelte di milioni di vacanzieri?

Roberto Marabini
* Zio di Marco Fiori: studente universitario e cameriere per mantenere una figlia di un anno, giocatore di hockey su ghiaccio, morto a 22 anni alle 7,20 del 25 agosto 2015, investito da un camion ad un incrocio sulle strade del Salento, dopo aver dormito in spiaggia.

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