Il Mezzogiorno fuori dalla crisi con la rivoluzione digitale

Il Mezzogiorno fuori dalla crisi con la rivoluzione digitale
di Chiara MONTEFRANCESCO
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Domenica 26 Marzo 2017, 17:26
La rivoluzione digitale per il Mezzogiorno? Sì, una vera e propria rivoluzione industriale. Ecco cosa serve al Mezzogiorno per uscire finalmente e definitivamente dal guado o dal sottosviluppo endemico. Sì, perché vi sono regioni come la Puglia, da troppo tempo bloccate nel passaggio definitivo sulle sponde della modernità. Solo la modernità può salvare il Mezzogiorno. Se sapremo accoglierla, cercarla, volerla sul versante culturale, sociale, politico, industriale. Ecco la modernità, intesa come capacità di anticipare i tempi e mostrare la strada del futuro, ha da sempre caratterizzato l’economia. Ha segnato il discrimine tra sviluppo e arretratezza, ricchezza e povertà, dinamismo e rassegnazione, profitto e rendita.

Troppe le rivoluzione mancate a casa. Ora siamo alla quarta, quella della digitalizzazione dei processi produttivi e dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale interconnessa. Un guaio se il Mezzogiorno dovesse mancare anche questa. Il bello delle rivoluzioni è che esse azzerano il passato e reinventano il futuro trasformando il presente. Algoritmi e robotica, stampanti 3d e digitalizzazione dei processi produttivi, intelligenza, artificiale e non, fantasia e organizzazione, internazionalizzazione, aggregazioni di imprese e filiere produttive, e, di contro, diversificazione e personalizzazione dei beni di consumo, biodiversità, tutela e valorizzazione dei territori e rispetto dell’ambiente sono gli ingredienti della nuova rivoluzione. Voglia di futuro, passione, conoscenza, istruzione e formazione, tecnologia, competenze umanistiche, ingegneristiche, scientifiche, tecniche e manageriali sono i requisiti. Università, comunità sociale, imprese, istituzioni, soggetti intermedi e banche sono i protagonisti.

Le politiche e i programmi, le risorse finanziarie e le risorse umane sono le leve. L’emulazione rispetto a chi è avanti la molla. Gli esempi non mancano a Nord e da noi a Sud. E allora proviamoci.

Innovazione tecnologica e digitale segnano il discrimine rispetto al superamento della crisi. E l’internazionalizzazione. Così dice lo studio di Banca Intesa presentato in questi giorni sui distretti industriali che guidano la ripresa. Una ripresa che supera i livelli antecrisi del 2008 e migliora la competitività delle imprese e le loro performance produttive, finanziarie e reddituali. Oltre 15.000 imprese distrettualizzate si sono ormai messe alle spalle la crisi e veleggiano sicure. Sono imprese che appunto hanno accettato la sfida della digitalizzazione, dell’internazionalizzazione, e della aggregazione che ha spinto in su la dimensione aziendale e accelerato lo sviluppo delle filiere produttive.

Allora tutto ok? Beh no, veramente. A fronte delle imprese distrettualizzate e rivoluzionarie, vi sono ancora una marea di imprese, Banca Intesa ne ha censite circa 50.000, in cerca di futuro. Sono imprese piccole, disperse sul territorio, soprattutto al Sud, non ancora attraversate dal vento digitale, dalla crescita dimensionale, dalla aggregazione, dalla internazionalizzazione, dalle filiere. La ripresa sarebbe molto più forte e percepibile se anche queste imprese e il Mezzogiorno giocassero la partita del futuro. Ma è l’unica strada per mettersi il passato alle spalle e il pericolo di un sottosviluppo infinito. L’emulazione aiuta. Anzi può essere determinante. E allora se sono i distretti e le filiere a vincere la sfida e se questa sfida è guidata da imprese medie e medio grandi, che il Sud si attrezzi. Velocemente. Oggi le aziende medie e medio grandi e i distretti tecnologici e innovativi sono prevalentemente al Nord. E al Centro.

Diverso il discorso per il Sud. E anche qui la situazione cambia da territorio a territorio. In Campania, nonostante tutto, Napoli è l’area industriale più importante e sviluppata del Sud e la Puglia è caratterizzata da nuclei industriali di prim’ordine come la Basilicata. Ovvio, non si può affermare che al Sud la grande crisi sia ormai dimenticata e che il futuro sia tornato a sorridere.

Nel Mezzogiorno sentiamo ancora, più che altrove, la scia lunga della crisi. Nonostante le buone performance delle nostre eccellenze e i programmi regionali a sostegno delle imprese, che pure non mancano. Nonostante le risorse governative del piano industria 4.0. Ebbene sì. Siamo ancora lontani dai traguardi della quarta rivoluzione industriale.

Piccola dimensione delle imprese autoctone, presenza limitata di grandi imprese innovative, distretti asfittici e privi di aziende leader capaci di impostare e guidare filiere produttive, scarsa internazionalizzazione, bassa propensione all’innovazione e scarsa o nulla attenzione ai processi digitali, ma anche ai progetti di riorganizzazione manageriale rappresentano altrettanti freni allo sviluppo dell’economia meridionale. Anche nelle regioni maggiormente sviluppate. Ancora in mezzo al guado.

È tempo finalmente di approdare all’altra sponda. Ci sono le condizioni e le premesse. Tocca ai protagonisti rimboccarsi le naniche.
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