Investimenti pubblici, la spinta necessaria per il Sud

di Gianfranco VIESTI
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Mercoledì 28 Settembre 2016, 20:00
Si può aprire una nuova stagione di investimenti pubblici nel Mezzogiorno? Più elementi suggeriscono di sì; dovrebbero indurre a considerare con grande attenzione questo tema anche nella prossima legge di bilancio.
Nuovi investimenti pubblici servono perché la dotazione delle infrastrutture, materiali e immateriali, del Mezzogiorno è come ben noto particolarmente carente. Senza moderne infrastrutture - a cominciare da quelle di trasporto o per la comunicazione (banda larga) o per la ricerca - è assai difficile che le imprese possano ottenere quegli aumenti di produttività di cui c’è così tanto bisogno. La produttività non aumenta facendo sforzare i lavoratori o per contratto: ma se l’impresa si colloca in un territorio in grado di fornire quelle economie esterne indispensabili nel mercato contemporaneo. Il livello degli investimenti pubblici in Italia negli ultimi anni è ai minimi storici; viene stimato che essi siano addirittura inferiori al normale deterioramento del capitale pubblico: così che quelle infrastrutture di cui si stava parlando si stanno deteriorando invece di crescere e migliorare.

Specie in questo periodo, la spinta che può venire da nuovi investimenti pubblici al rilancio dell’economia è notevolissima. In un quadro depresso come l’attuale, il loro “moltiplicatore” è particolarmente alto (certamente molto maggiore rispetto alla riduzione delle tasse): ciò significa che quella spesa genera un forte incremento del reddito e dell’occupazione. In un famoso rapporto dell’autunno 2014 il Fondo Monetario Internazionale ha stimato che, anche grazie al livello molto basso dei tassi di interesse (il costo di prendere a prestito le risorse) gli investimenti pubblici possono addirittura avere un effetto positivo per le finanze pubbliche: le maggiori tasse che si incassano grazie allo sviluppo dell’economia sono maggiori rispetto al loro costo. Non lasciamo ai nostri figli né maggior debito né un paese disastrato.

Vi è un’evidenza molto forte che riguarda proprio il Mezzogiorno. Nel 2015 si è avuta una notevole spesa dei fondi strutturali (dato che era l’ultimo anno per utilizzare i residui del 2007-13), circa 9 miliardi di euro, stando alle anticipazioni dei conti pubblici territoriali. Questa spesa – come dimostrato dalla Svimez - ha prodotto un impatto molto rilevante sul Pil e sull’occupazione del Sud, cresciuti per la prima volta dall’inizio della crisi più della media nazionale (nonostante nello stesso anno le risorse nazionali per il Mezzogiorno, i cosiddetti Fcs, siano state colpevolmente a livelli molto bassi: solo 1,3 miliardi). Il rischio è che nel 2016 ciò non si ripeta: non è affatto chiaro ad esempio se la “flessibilità” chiesta e ottenuta dall’Italia per gli investimenti nel 2016 abbia davvero prodotto i 7 miliardi di investimenti aggiuntivi nel Sud che erano stati programmati e annunciati. Infine non va dimenticato che 100 euro di investimenti al Sud generano 41 euro di domanda aggiuntiva per le imprese del CentroNord, diffondendo nell’intero paese i loro effetti benefici. La Lombardia può essere locomotiva solo di stessa: dato che la sua economia è largamente autosufficiente, la sua crescita non genera particolari vantaggi per il resto del paese; l’unica vera locomotiva per l’Italia è il Sud.

Vi sono infine interessanti condizioni politiche. Sono stati firmati quasi tutti i “Patti” per il Sud: essi contengono principalmente interventi già programmati e finanziati; le risorse nuove (del già citato Fsc) sono previste soprattutto dal 2018 in poi. Ma ora che ci sono le liste, è il caso di realizzarli, e di darne subito conto! Anche obbligando alcune grandi centrali di spesa (come le Ferrovie che investono pochissimo, sempre meno, nel Mezzogiorno) a tener fede ai propri impegni. Infine, con tutta probabilità anche in relazione agli sfavorevoli sondaggi al Sud per il voto del prossimo 4 dicembre, il Presidente del Consiglio è tornato sull’infinita questione del Ponte sullo Stretto. Opera, come noto, di utilità assai modesta se prima non si provvede a rifare completamente le ferrovie in Calabria e in Sicilia, cosa non in programma nell’immediato.

Piuttosto che al futuribile Ponte, sarebbe invece il caso di intercettare l’attenzione di un Presidente in cerca di consensi nel Mezzogiorno su investimenti di costo più ragionevole, di impatto assai maggiore e con tempi di realizzazione assai più rapidi. Chi gli è vicino, i Presidenti delle Regioni, potrebbero suggerire di annunciare invece una forte accelerazione e potenziamento degli interventi sulle reti e sui servizi per il trasporto metropolitano nelle grandi città del Sud. Gli utenti della Circumvesuviana, della Circumetnea o delle Ferrovie del Sud-Est gliene sarebbero grati; si attiverebbe spesa con effetti veloci e diffusione all’intera economia nazionale; lavorerebbero molte piccole e medie imprese. Vivibilità e produttività delle nostre città crescerebbero. Al Sud servono grandi opere: non necessariamente manufatti di grande costo, ma piuttosto interventi coordinati volti a risolvere, presto e progressivamente, grandi problemi; rendendo realizzabili le grandi opportunità che ci sono, diffondendo i propri effetti all’intera economia nazionale.
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