Il pasticcio delle leggi elettorali, una bocciatura per la politica

di Luigi MELICA
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Domenica 29 Gennaio 2017, 19:12
Un applauso alla Conferenza episcopale italiana ed al suo Segretario generale, monsignor Galantino, il quale ha colto nel segno affermando che la politica, in materia di legge elettorale, ha sino ad oggi clamorosamente fallito il suo compito lasciando campo libero alla Corte costituzionale. Quest’ultima, nel nostro sistema giuridico, ha il potere di annullare le leggi incostituzionali, ma non anche quello di riscrivere le leggi che spetta invece al Parlamento. Pertanto, quando le forze politiche chiedono di andare subito al voto, sottolineando che la sentenza della Corte costituzionale di mercoledì scorso è immediatamente applicabile, affermano un ovvietà: la Corte costituzionale, infatti, non può annullare una legge elettorale senza lasciare in vita una normativa idonea a rinnovare il Parlamento; se così non fosse, infatti, si verificherebbe il paradosso che Parlamento e Governo, in assenza di una valida legge elettorale, rimarrebbero in carica sine die, senza potersi rinnovare. La Corte costituzionale, dunque, può annullare le parti di una legge elettorale solo a condizione che rimanga in vita una disciplina, la cosiddetta “normativa di risulta”, che permette il rinnovo del Parlamento.
Nello stesso tempo, come pure sottolineato dai Vescovi italiani, è lampante che ciò che sopravvive alle sentenze di annullamento sarà certamente una legge valida, ma molto difficilmente anche una legge utile, ossia idonea a perseguire il suo fine che è quello di mettere i cittadini/elettori nelle condizioni di votare un Parlamento ed un Governo capaci di dare risposte ai cittadini e, quindi, stabili ed efficienti.
Questo compito, tuttavia, come osservato dagli stessi Vescovi, non è stato sino ad oggi assolto in modo soddisfacente da deputati e senatori; anzi è stato assolto molto male. Tenterò di spiegare il perché. Ricordo ai lettori di Nuovo Quotidiano che già tre anni fa la Corte costituzionale aveva annullato la legge elettorale allora vigente, il cosiddetto Porcellum, in quanto contrastava con la Costituzione. La Corte, in quella sentenza, la n.1 del 2014, aveva annullato alcune parti della legge, ne aveva lasciate in vita altre ed aveva riportato in vigore alcune parti delle leggi elettorali che erano state eliminate dal Porcellum. Una vera e propria operazione di “taglia e cuci”, dunque, unicamente finalizzata ad eleminare dall’ordinamento le norme incostituzionali senza lasciare i cittadini/elettori privi di una legge elettorale idonea a rinnovare il Parlamento. All’indomani di quella pronuncia, il Governo Renzi, chiamato a dare risposte ai cittadini, proponeva due riforme: una di tipo costituzionale che eliminava il Senato elettivo ed una di tipo elettorale che si applicava alla sola Camera dei deputati. Il problema maggiore posto da tali proposte è che la legge elettorale approvata dal Parlamento, il cosiddetto Italicum, riguardando il rinnovo della sola Camera dei deputati, operava come se la riforma costituzionale fosse stata già approvata dal responso referendario; non solo, ma anche la legge elettorale appena approvata presentava alcuni profili di incostituzionalità non molto diversi a quelli rilevati dalla Corte qualche anno prima sul Porcellum. Una grande confusione, dunque. Tutti sappiamo come è andata: la maggioranza degli italiani ha bocciato la riforma costituzionale; il Senato elettivo è rimasto in vita e la Corte costituzionale, mercoledì scorso, ha annullato le parti dell’Italicum contrastanti con la Costituzione, lasciando in vita le parti residuali necessarie a rinnovare il Parlamento. Volendo chiarire ai lettori cosa succederebbe se si votasse domani, ossia con le leggi attualmente in vigore, confermo quanto stigmatizzato dalla CEI, ossia che il Parlamento si rinnoverebbe in due modi diversi: per quel che riguarda il Senato della Repubblica, attraverso una legge elettorale che scaturisce dalla sentenza della Corte del 2014; relativamente alla Camera dei deputati, attraverso una legge che scaturisce dalla sentenza della Corte costituzionale di mercoledì scorso. Due leggi diverse, dunque, ma anche due leggi ottenute da operazioni di “taglia e cuci” e dalla reviviscenza delle leggi che erano state abrogate dalle leggi dichiarate incostituzionali. Tutto questo, è bene dirlo, grazie alla creatività dei Giudici costituzionali i quali non senza problemi hanno dovuto rimediare agli errori del Parlamento. È dunque comprensibile oltre che condivisibile il monito dei Vescovi italiani e soprattutto il giudizio impietoso nei riguardi di deputati e senatori, i quali, sino ad oggi, non sono stati capaci di approvare delle leggi elettorali utili al Paese oltre che conformi alla Costituzione italiana.
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