Latino e Greco fanno bene alla salute mentale

di Giuseppe MONTESANO
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 1 Febbraio 2017, 16:14
Una cosa è certa: il latino non fa male alla salute. Non fa male alla salute fisica, aggredita da pomodori e mucche mutanti come dall’obesità da patatina coatta davanti allo schermo digitale, e non fa male alla salute mentale, aggredita da parole inquinate e da linguaggi impoveriti. E quindi, seguendo il ciclo delle stagioni, il latino come sempre torna nell’esame di Stato: fresco e pimpante più che mai.
Stanchi sono piuttosto i nemici del latino, che al contrario della perifrastica invecchiano e fanno le rughe: forse perché prendono tante vitamine ma non il ricostituente cerebrale del latino? Fatevi dosi di latino, ragazzi e adulti, non di patatine e di olgettine! E voi, cosiddetti studiosi che il latino lo avete studiato e che con il latino avete fatto carriera ma ora dite che il latino è il nemico dell’umanità, be’, cari vecchioni illusi di essere all’avanguardia, a voi sussurriamo: rendetevi conto che il latino e il greco e il liceo classico non fanno affatto male alla modernità, come voi presumete. Sarebbe inutile tornare ancora sul lascito lessicale che dalle cosiddette lingue morte è arrivato fin dentro la scienza più avanzata, un lascito che non è solo fatto di parole ma di visioni del mondo: dall’Atomo al Teorema non c’è uno solo dei concetti chiave della Scienza che non sia collegato alle cosiddette lingue morte.
Sì, il Latino e il Greco fanno bene alla salute mentale, e soprattutto ora, in questo preciso momento della Storia che non sarà un momento. Perché in realtà la questione del Latino non è solo la questione degli studi «classici», ma coinvolge tutto il nostro atteggiamento nei confronti del passato. Attualmente come mondo globalizzato siamo nei guai, ma non sappiamo come uscirne: bloccati tra tifosi pazzi favorevoli al mondo globale e tifosi pazzi sfavorevoli al mondo globale. È un blocco che somiglia a un crampo mentale, e nasce dall’incapacità di pensare alla realtà come a un sistema in cui tutto è collegato a tutto, una realtà che somiglia più a una di quelle lunghe e interconnesse proposizioni latine che a un algoritmo. Ci manca la capacità di leggere i segnali della realtà, come non sappiamo leggere le frasi scritte: una cosa che si impara molto attraverso le strutture di lingue complesse come il latino. Ma soprattutto non siamo più in grado di fare come hanno fatto in tutti i rinascimenti della Storia: trasportare dal passato ciò che serve per il presente e per il futuro. Forse non sappiamo più che la Scienza è nata proprio nel momento in cui rinasceva la capacità di capire il latino e il greco, nel Rinascimento? Lo sappiamo, ma crediamo che tutto ciò sia passato e quindi morto e da sotterrare. Ma da sotterrare è semmai la presunzione di chi, arrivato ultimo sulle spalle di un lavoro di civiltà millenario, fantastica di essere il vertice della creazione.
Quelli che condannano il latino e il passato come vecchio e inadatto alla modernità sono parvenu, arricchiti che campano del lavoro di secoli ma che credono di aver fatto loro il mondo: e che il mondo come è ora sia l’unico possibile, anzi, l’unico mai esistito. Errore elementare di logica, e si sa che il latino è una lingua logica almeno quanto sono logici i Principia Mathematica di Withehead e Russell, che guarda un po’ erano matematici inglesi del Novecento ma mettevano un titolo latino alla loro opera più importante. Il mondo ha una sintassi complessa, e senza aver bazzicato con le sintassi di tizi come Tacito o Sallustio o Orazio difficilmente si saprà leggerlo: e leggere male il mondo genera orrori.
Il mondo non è un assoluto presente come sembra voler far credere la religione economico-mediatica attuale, ma ha anche i tempi passati e futuri, e i congiuntivi e i condizionali. Se politici ed «esperti» asserviti al solo tempo del presente assoluto leggessero il mondo anche con il passato e il futuro, e soprattutto con i verbi e i tempi della possibilità, saprebbero interpretare il mondo reale: ma come possono farlo ignorando le grammatiche complesse? Nessuno inventa nulla, smettiamola con l’idea stantia dell’originalità assoluta, tutti sviluppano ciò che è già esistito: siamo sempre continuatori, e gli inventori trovano, non creano. Vecchio non è il latino, vecchia è la presunzione. Non siamo all’altezza della contemporaneità quando sputiamo sul passato, siamo contemporanei quando elaboriamo il passato come nel Rinascimento o nell’Illuminismo. È faticoso rielaborare il passato, leggere il mondo presente attentamente, pensare un futuro sensato? No. Quello che bisogna fare per essere all’altezza di una contemporaneità a misura d’uomo non è né faticoso né non faticoso: è necessario. Necesse est, direbbero gli antenati. E per noi è necessario ricominciare a pensare. Da dove? Da dove possiamo. Caso mai anche ripartendo da Rosa Rosae.
© RIPRODUZIONE RISERVATA