La famiglia non si crea soltanto per far figli

di Stefano Cristante
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Sabato 6 Febbraio 2016, 17:33
Stepchild in inglese vuole dire “figliastro”. Quindi stepchild adoption vuole dire “adozione del figliastro” in un’accezione generale (figliastri di entrambi i generi, perché volendo abbiamo a disposizione anche stepson - figliastro maschio - e stepdaugther, figliastra). A me sembra che l’espressione inglese sia una specie di inutile ostacolo linguistico, e che la discussione sia agevolata parlando la nostra lingua. Dunque: perché l’adozione del figlio acquisito sembra scatenare le più roventi discussioni in questi giorni?

Da diversi anni (1983) è possibile che il coniuge (sia maschio che femmina) adotti il figlio minorenne del proprio nuovo partner (idem) all’interno delle cosiddette famiglie ricostituite. Il provvedimento d’adozione serve, sostanzialmente, a tutelare il minore e i suoi diritti. Le polemiche oggi divampano perché nel ddl Cirinnà in discussione alla Camera l’adozione del figlio del nuovo partner sarebbe possibile anche all’interno delle unioni civili tra gay. Quindi il punto vero è sempre lo stesso: la differenza tra eterosessuali e omosessuali, cioè tra presunti normali e presunti diversi. La famiglia è il cuore bollente di questa rappresentazione, perché è considerata centrale in tutte le culture conosciute.

La cultura religiosa cattolica ritiene ad esempio che sia una famiglia ad accogliere il redentore dell’umanità. La grotta di Betlemme rappresenta l’idea di famiglia che si continua a celebrare ogni Natale. Padre-madre-figlio, anche se il figlio giunge da una gravidanza diversa da tutte le altre. Testimonianze di precisi orientamenti sessuali e comportamentali traboccano nel Vecchio Testamento: nelle antiche scritture troviamo episodi dove le scelte omosessuali sono condannate (Sodoma) ed episodi dove si afferma un’idea di famiglia patriarcale diversa dalla famiglia contemporanea (le innumerevoli consorti di re Salomone).<HS>

Su quest’ultimo aspetto la concezione della Chiesa è cambiata: l’unica famiglia considerata tale è quella monogamica. Anche sulla responsabilità e sull’uguaglianza dei genitori mi pare che la posizione sia cambiata: il ruolo della donna non è più assoggettato a quello dell’uomo, anche se minoranze oltranziste continuano a invocare una condizione femminile ancillare e sacrificale. Resta la questione delle “nuove famiglie”, quelle costituite da partner dello stesso genere. Pregiudizi antichi duri a morire si scontrano oggi con la realtà delle pratiche sociali. Chi pensa all’omosessualità come a una malattia è sempre più minoranza tra i cittadini, e la scienza ha abbandonato quest’ipotesi tra nella discarica delle sciocchezze.<HS>

L’eterosessualità è l’orientamento sessuale più diffuso, ma non è l’unico. Persone omosessuali che vogliano creare una famiglia sono la logica conseguenza di una constatazione ormai lapalissiana: ci si può voler bene tra persone dello stesso genere. Gli orientamenti sessuali maggioritari (etero) o minoritari (omo) sono entrambi possibili come condizione essenziale dell’umanità. Non ce n’è uno giusto e uno sbagliato: sono entrambi umani. Ma, si dice con insistenza, persone dello stesso sesso non possono generare tra di loro. Ciò è naturalmente vero, ma questa constatazione porta molti omofobi a trarne la conclusione che questa sia la prova definitiva dell’innaturalità della relazione omosessuale, e – ulteriore conseguenza – della sua inferiorità strategica. Questo è esattamente il punto su cui la chiarezza laica può venire in aiuto delle scelte pubbliche.<HS>

La famiglia non si crea al solo scopo di fare dei figli. In generale, si crea una famiglie per stare insieme alla persona a cui si vuole bene. Da questo punto di vista, il pensiero di chi vuole impedire le unioni civili tra partner dello stesso sesso è reazionaria e retrograda, nonché fondata su false premesse scientifiche ed ideologiche. Quanto poi a una delle conseguenze possibili della famiglia, cioè mettere al mondo dei figli, bisogna ricordare che una stessa istituzione sociale (la famiglia) non può essere discriminata per via dell’orientamento sessuale e affettivo dei suoi componenti. Se una coppia di partner gay può costituire legittimamente una famiglia attraverso un’unione “civile”, allora l’adozione del figlio del proprio partner è la prima misura per consentire un’uguaglianza di fatto tra nuove famiglie e famiglie tradizionali.<HS>

Perciò è buffo veder scendere in tecnicalità normative rappresentanti politici e religiosi, come se l’adozione del figlio acquisito fosse questione tecnica e procedurale. È invece questione di valori: una volta che si accetta l’idea che un’istituzione antica come la famiglia possa aprirsi ad orientamenti affettivi precedentemente demonizzati ne discende, inevitabilmente, l’abbattimento di un violento e antico pregiudizio omofobo e comincia un percorso verso la piena uguaglianza. Nel frattempo, come sottolineano le scienze sociali, nella società i ruoli maschili e femminili stanno cambiando insieme alle identità individuali e collettive: anche gli stereotipi sull’omosessualità maschile come “effeminatezza” e sull’omosessualità femminile come “mascolinità” stanno cadendo. Difficile pensare che le figure genitoriali debbano continuare a riaffermare all’infinito una polarità comportamentale del tutto maschile o del tutto femminile: i valori e gli atteggiamenti cambiano dentro la mente delle persone, dunque nei genitori.

E così, fortunatamente, l’autorità familiare non è incarnata unicamente dal padre, né la cura e l’affettività sono esclusivo patrimonio femminile. Sono idee che alcune generazioni fanno più fatica ad accettare, forse perché educate nel rispetto di una tradizione maschilista e autoritaria. Ma già i loro nipoti – gli attuali adolescenti – vivono una realtà meno opprimente e sono mentalmente più liberi. Quella che per molti nonni era una malattia per i nipoti è una scelta naturale. Si chiama mutamento culturale di una società: quando la penetrazione del cambiamento è a uno stadio avanzato le cose effettivamente cambiano. Anche l’istituzione del divorzio doveva far precipitare le famiglie italiane nella barbarie. E invece sono passati 42 anni.<HS>
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